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Denti
Anno: 2000
Regista: Gabriele Salvatores;
Autore Recensione: Guido Di Lorenzo
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 12-09-2000


Denti

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Denti


Regia: Gabriele Salvatores
Sceneggiatura: Gabriele Salvatores, dal romanzo omonimo di Domenico Starnone
Fotografia: Italo Petriccione
Scenografia: Rita Rabassini
Montaggio: Massimo Fiocchi
Musica: Federico De Robertis, Teho Teardo, Eraldo Bernocchi
Costumi: Patrizia Chericoni, Florence Emir

Interpreti: Sergio Rubini, Anouk Grinberg, Tom Novembre, Anita Caprioli, Fabrizio Bentivoglio, Paolo Villaggio, Claudio Amendola, Barbara Cupisti.

Produttore e Distributore: Cecchi Gori Group

Italia,
2000


Visto a Venezia 2000


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"Il nostro corpo è abitato. Quello che proviamo nella vita non si deposita nel cervello ma nei nostri organi. Tra i denti, nelle ossa, sotto la pelle". Nei recessi più nascosti della nostra esistenza si celano mostruose ossessioni e grandi speranze con le quali occorre convivere, secondo Salvatores, salvaguardando una propria coerenza.

Antonio ha patito, sin da bambino, per i suoi incisivi troppo pronunciati, cercando persino di romperli contro una pietra durante una gita.
Diventato grande, Antonio ha lasciato la moglie e i figli per Mara, ma è geloso di Micco, un dentista che la corteggia ("quanti segreti ci nascondono le persone con cui passiamo la vita?").
La donna durante una lite gli scaglia addosso una tazza rompendogli i due denti ("É questo continuo bisogno di essere amati, che ci fa diventare fragili e violenti"). Il problema degli incisivi, ora, si è ingigantito, tanto che non può più pronunciare correttamente le parole. E che può fare un insegnante di filosofia coi denti rotti, se "il suo mestiere è parlare"?

Con diffidenza, convinto da Mara, inizia il suo calvario proprio da quel Micco che lo rende geloso. E poi passa da un dentista all’altro, tra diagnosi, panoramiche dentarie, strumenti di tortura e antidolorifici, per curarsi e per farsi estirpare e sostituire gli oggetti del suo tormento.
Ma intanto scopre che nelle sue gengive c’è qualcosa di strano. Impreviste e impensate sensibilità, aiutate dalle medicine che prende e che forse alterano la sua psiche, lo conducono tra passato e presente, ossessioni e realtà.
Ad Antonio riaffiorano i ricordi dell’infanzia. Quello del padre, geloso della madre Denise come lui di Mara, liti furiose, stoviglie rotte, forse l’origine di quel tormento che gli corrode lo spirito e il fisico. Quello dello zio Nino che cura la sua educazione sentimentale insegnandogli la sensualità del tango e col quale passa in rivista la maniacale collezione di peli pubici femminili delle sue amanti, classificati e catalogati per nome in bustine di plastica trasparente. E quello irrisolto della madre morta quando aveva soltanto 13 anni.

Il dolore si fa più intenso. Antonio passa da un dentista all’altro, uno più degradato e degradante dell’altro, scendendo in un girone infernale al fondo del quale c’è un fallito, che più che un dottore è ormai un macellaio, il fantozziano Paolo Villaggio, per mano del quale perderà brutalmente i due denti.
Ma sarà proprio il dentista rivale in amore, quel Micco-Tom Novembre, che, sfidato da Antonio, durante una festa, ad un duello fisico-verbale, scoprirà nelle sue gengive una nuova coppia di denti che attendevano di crescere e di portarlo così ad una nuova vita.
Dovrà ancora subire la rottura con Mara per completare la sua trasformazione: "Il primo abbandono è quando nasci, l’ultimo quando muori. È questo che dobbiamo imparare".

La sua nuova condizione fa sì che il fantasma materno, che lo ha seguito sinora, trovi finalmente pace tra i marmi di una tomba, affidato alla pace di una definitiva sepoltura ( "La morte non è difficile, è solo lenta").
Precipitandoci in grand guignol dentistici, tra filosofie d’amore, d’abbandono ed effetti speciali, Salvatores ci regala una storia memorabile in cui ritrovare almeno un po’ della nostra infelicità e dei nostri sogni, mentre solidarizziamo con Rubini, ormai pluridonatore d’organi per Salvatores (oltre ai denti vanno ricordati gli occhi in Nirvana), vittima della "malmagia" e divorato dalla gelosia, povero e fallito in competizione con un ricco brillante. A Venezia meritava di più.

(Cinecircolo L'incontro di Collegno)