Casablanca.
Michael Curtiz. 1942.
U.S.A.
Attori: Humphrey Bogart, Ingrid
Bergman, Paul Henreid, Claude Rains, Peter Lorre, Conrad Veidt, Sydney
Greenstreet, Marcel Dalio, S.Z. Sakall
Durata: 102’
Dicembre 1941. Casablanca.
Marocco. Il nazismo imperversa in tutta Europa e chi vuole fuggire per gli Stati
Uniti deve passare per questa città, da dove può imbarcarsi per Lisbona e
prendere un volo per l’America. Coloro che non hanno il visto per la capitale
portoghese, aspettano, aspettano, aspettano… Nel deserto vengono trovati
morti due tedeschi ai quali sono stati sottratti visti per lasciare il paese.
Il contrabbandiere Ugarte, prima di essere arrestato, riesce ad affidare i
documenti all’americano Rick Blaine, proprietario di un night club, che li
nasconde nel pianoforte. Il maggiore nazista Strasser informa Rick, con l’aiuto
del capo della polizia francese Renault, della presenza a Casablanca di Victor
Laszlo, cospiratore contro il 3° Reich, e della volontà da parte del suo
governo di arrestarlo. Proprio quella sera si presenta nel locale Laszlo,
accompagnato da Ilsa, una donna che riconosce subito il pianista Sam, ed al
quale chiede di suonare una canzone in particolare. Sentendo la musica nel suo
locale, Rick riconosce la donna e a notte fonda, con una bottiglia di wisky,
ricorda come si erano conosciuti e di quando si erano frequentati a Parigi
prima che lui fuggisse, ritrovandosi però da solo in fuga perché lei non si era
presentata all’appuntamento alla stazione. Quella stessa notte Ilsa torna nel
locale per affrontare il passato con Rick, ma lui l’allontana ancora offeso per
quell’abbandono. La mattina dopo la coppia Laszlo si presenta, come
domandatogli, al commissariato di polizia dove il maggiore Strasser gli chiede di fare i nomi degli altri cospiratori
in cambio della possibilità di espatrio. L’uomo si rifiuta e i due militari lo
obbligano allora a fermarsi a tempo indeterminato a Casablanca. Lo stesso
giorno Rick si presenta al locale Il pappagallo blu, dove i due coniugi sono
andati a cercare i visti falsi per espatriare. Qui Rick chiarisce ogni cosa con
Ilsa che lo informa che anche a Parigi lei era sposata a Laszlo ma che
credendolo morto aveva cercato di rifarsi una vita con lui, e che lo aveva
abbandonato solo dopo aver appreso che suo marito era ancora vivo. Il
proprietario del Pappagallo blu intanto, informa Victor che colui che potrebbe
avere i visti di Ugarte è proprio Rick. A sera la coppia si ripresenta nel
locale di Rick e Victor prova inutilmente a convincere Rick a dargli quei
documenti. Per uno scontro sugli inni nazionali, il maggiore Strasser fa
chiudere il locale. A notte, mentre Victor incontra un gruppo di rivoluzionari,
Ilsa torna da Rick per convincerlo a dargli quei visti, minacciandolo anche con
una pistola, ma lo convince solo promettendogli che lei rimarrà a Casablanca se
darà i visti a Victor. A causa di una retata Laszlo si rifugia proprio da Rick,
accompagnato da Carl, il capo cameriere del locale. La polizia irrompe nel
locale e arresta Victor, mentre Ilsa è fatta allontanare in anticipo. La
mattina dopo Rick si presenta al comando di polizia con una proposta: far
arrestare Laszlo con fragranza di reato, passandogli i visti alla presenza di
Renault, ma con in cambio la possibilità concessa a lui e ad Ilsa di lasciare
Casablanca. A sera però, l’incontro si trasforma in una trappola per Renault
che riesce solo a fare una telefonata a Strasser prima di accompagnare i tre
all’aeroporto sotto minaccia di una pistola. Qui firma i due permessi per la
coppia Laszlo e mentre questi stanno per partire arriva il maggiore. Per
fermarlo Rick è costretto a sparargli. L’aereo di Victor e Ilsa può partire e
il comandante Renault decide di coprire il gesto di Rick, mostrando la volontà
di rompere i suoi legami con la
Repubblica di Vichy.
Melodramma politico dalle tinte
noir, leggenda del cinema hollywoodiano classico, e non solo, il film
realizzato dal regista ungherese (il cui vero nome era Mihàly Kertész) è il
migliore della sua lunga filmografia, iniziata in patria e conclusa appunto in
America. Un rappresentante della repubblica di Vichy, un maggiore nazista, un
americano che non ha più interesse nelle sorti della guerra, ed una coppia di
cospiratori incrociano il loro destino in una città di frontiera, la Casablanca dei traffici
e della legalità superficiale (il capo della polizia corrotto), il non luogo
delle coscienze politiche dove si riflette sulla sorte del mondo, sul destino
degli uomini, sulla fedeltà ai regimi ma soprattutto sulla fedeltà alla
libertà. Se da un lato infatti esiste una storia d’amore che non si conclude
(quella tra Rick e Ilsa) dall’altro lato c’è una vittoria della responsabilità
individuale di fronte al destino del mondo, una rinuncia alla soddisfazione
delle piccole necessità affettive (Rick che non si è mai più ripreso da
quell’abbandono alla stazione di Parigi) di fronte al più grande impegno di
salvare la vita (e l’amore) di due cospiratori del Terzo Reich. Il melodramma
diventa allora solo una traccia, uno strumento narrativo per parlare invece di
qualcosa di più grande degli esseri umani: il loro destino. Uscito infatti
nelle sale nel 1942, nel pieno dunque del secondo conflitto mondiale, Casablanca è un film sulla frontiera,
una sorta di western privo di indiani, dove il nemico è l’autorità non riconosciuta
(i tedeschi comandano sul suolo francese) e la frontiera ancora una volta
metafora di un passaggio, di un attraversamento sia storico che individuale, un
percorso sul quale appunto si incrociano destini più grandi di quelli dei
protagonisti (dei paesi che ognuno rappresenta). Ad un certo punto Rick si
domanda cosa stiano facendo nel suo paese nello stesso momento, rispondendosi
da solo che probabilmente a quell’ora stanno tutti dormendo: è un gesto di denuncia
fatto da parte del regista sulla posizione degli States di fronte al disastro
nazi-fascista, ma anche un gesto di denuncia lucido verso chi questa ascesa
l’ha anche appoggiata (il commissario Renualt dice “Io mi faccio i fatti miei”). A distanza di anni, sebbene si tratti
di argomenti datati, il film conserva il suo fascino integralmente poiché
appunto il melodramma sul quale è scritto non regge confronti per corposità mentre
torna oggi, a distanza appunto di tanti anni, ancora in voga il discorso sulla
tratta dei profughi, la speculazione sul passaggio delle frontiere (dopo la
caduta del muro di Berlino uno degli argomenti più diffusi nel cinema quanto
nei seminari e nei confronti sul destino politico del cittadino). Humphrey Bogart, sigarette ed alcool,
entra nella storia del cinema grazie ad una delle sue più riuscite
interpretazioni, quella appunto di Rick Blaine, e soprattutto grazie al
sacrificio finale (la rinuncia alla sua donna e l’omicidio del maggiore
Strasser) rimanendo legato soprattutto a quest’ultima sequenza, quella
dell’aeroporto dove, avvolto nel suo impermeabile, affronta la nebbia
(l’oscurità della frontiera, del destino e del futuro) e affronta la storia. A
proposito del protagonista, il ruolo sarebbe dovuto andare a Ronald Reagan, poi
futuro presidente degli States [i]. Niente
è veramente sprecato in questo racconto, sorretto anche dagli occhi spesso
languidi di una triste e confusa Ilsa (Ingrid Bergman) capace di minacciare con
una pistola, ma in grado di convincere solo con le proprie lacrime (le lacrime
di Rick invece erano gocce di pioggia su un biglietto d’addio alla stazione di
Parigi). Il direttore della fotografia fu Arthur Edeson che, come nel
precedente Il mistero del falco
(1941) di John Huston, contribuì ad influenzare il cinema americano degli Anni
Quaranta con la tecnica (vicina a quella dell’espressionismo tedesco) del low key lighting, dell’illuminazione dal basso. Il film, in realtà ispirato
alla piece teatrale Everybody come to
Rick’s scritta da Murray Burnett e Joan Allison (che però non fu mai
portata in scena), ottenne tre premi Oscar: miglior film, miglior regia e
miglior sceneggiatura. In Italia uscì solo nel 1945 e fu tagliato il
personaggio del capitano fascista Tonelli e cambiati alcuni dialoghi [ii]. Sebbene
gli venga riconosciuta una considerevole posizione di prestigio nel panorama
cinematografico mondiale, la maggior parte della critica riconosce solo un’alchimia
che ha portato fortuna ad un film altrimenti piatto nella definizione dei
personaggi e soprattutto carico di topos cinematografici ai limiti del mieloso:
è infatti la commistione perfetta tra il romanticismo del regista e la
concretezza politica della sceneggiatura, tra l’interpretazione di Bogart e
quella di Bergman, circondati da una selva di ottimi caratteristi, a rendere
questo film “europeo” uno dei preferiti dal pubblico americano. Come spesso è
accaduto ad altri classici del cinema (come per esempio Metropolis (1927) di Fritz Lang) anche di questo film ne è stata
messa in circolazione una versione colorizzata. In un certo senso, l’amore tra
Rick e Ilsa a Parigi, anticipa quello tra Paul e Jeanne (Marlon Brando e Maria Schneider) in Ultimo tango a Parigi
(1972) di Bernardo Bertolucci, dove appunto una coppia si ama senza conoscersi,
rinunciando dunque al proprio passato in favore di una libertà affettiva e
sentimentale che mancava ad entrambi. Memorabile il pezzo musicale eseguito da
Doodley Wilson (che interpreta il pianista Sam) As time goes by, così
come l’intera colonna sonora (costruita sullo stesso tema). Woody Allen ne ha
rifatto una specie di parodia con Suonala ancora Sam (1972), ma in
realtà questo film è citato e copiato da un migliaio di pellicole successive.
Bucci Mario
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