Aurora
– Un canto di due esseri umani. Friedrich Wilhelm Murnau. 1927. USA.
Attori: George
O'Brien, Janet Gaynor, Margaret Livingston, Bodil Rosing, J. Farrell MacDonald
Durata: 110’ min.
Titolo originale: Sunrise – A song of two humans
Estate. Tempo di vacanze.
Una donna di città seduce un uomo di campagna, sposato e con un figlio. A causa
di questa relazione egli trascura la famiglia e la fattoria, spesso raggiunta
dalle richieste degli usurai. L’amante, una notte, lo convince ad uccidere la
moglie simulando un incidente con la barca nel lago e gli propone di vendere la
fattoria e trasferirsi con lei in città. La mattina dopo, l’uomo porta la
moglie a fare un giro in barca e quando sta per ucciderla viene colto dal
rimorso e torna a riva. La moglie scappa, impaurita, salendo su un tram che la
porta in città. Il marito la rincorre e cerca più volte a rassicurarla ed a
mostrarsi gentile. La moglie accetta di fidarsi ed i due vanno in una chiesa
dove si sta celebrando un matrimonio. L’uomo rimane colpito dalle parole della
funzione e scoppia in lacrime domandandole perdono. La moglie lo perdona
definitivamente. Decidono allora di trascorrere una felice giornata in città e
vanno dal barbiere, dove l’uomo minaccia un pretendente della moglie, da un
fotografo, dove si fanno ritrarre mente si baciano, ed al luna park, dove
giocano, ballano, brindano. A fine serata, con la luna piena, tornano nella
loro casa di campagna con la braca ma una tormenta li sorprende rovesciandola.
L’uomo a fatica raggiunge la riva ma della moglie non v’è traccia. Corre in
paese e con l’aiuto di altri contadini cercano per tutto il lago. La donna di
città, svegliata dal trambusto, è convinta che lui abbia agito come gli aveva
chiesto e quando ritorna a casa senza notizie di sua moglie, gli va incontro
convinta d’essere prossima alla partenza per la città. L’uomo invece, in preda
dalla rabbia, prova a strangolarla ma le grida della domestica lo fermano:
hanno ritrovato sua moglie, ancora viva. All’alba, la donna di città fa ritorno
nel suo ambiente mentre marito e moglie si baciano.
Trasferitosi in America, il
tedesco Murnau, rappresentante atipico dell’espressionismo da esterno, realizza
a cinque anni di distanza dal suo primo capolavoro, Nosferatu il vampiro
(1922), un’altra pietra miliare del cinema muto, la prima della sua esperienza
oltre oceano. Strutturato sul tema della coppia e della differenza tra il
modello rurale e quello cittadino (quest’ultimo rappresentato dal caotico luna
park), Murnau mostra una capacità linguistica cinematografica assolutamente
coinvolgente: sa montare e seminare tensione in un crescendo emotivo che dal
terrore di un omicidio possibile (tragedia) raggiunge l’ilare leggerezza di una
coppia innamorata (commedia) per chiudere con un finale che ancora richiama alla
tragedia, dall’esito positivo però. Piani sequenza (tutto il primo incontro tra
l’uomo e l’amante), carrelli (il suggestivo ingresso nel luna park), zoom,
dissolvenze, sovrimpressioni (stupefacente e suggestiva quella dell’abbraccio
dell’amante, abbraccio immaginato da lui), flashfoward (l’idea dell’omicidio
della moglie) e flashback (il racconto dell’uomo che ritrova il corpo di lei
ancora vivo), montaggio (tutta la parte del matrimonio nel quale lui
s’identifica), Aurora contiene la maggior parte dei principali
dispositivi linguistici, comprese alcune trovate (inquadratura sull’ottica al
contrario della macchina fotografica, p.p.p. del maialino che beve il vino) ma
anche una grande prova d’impegno e partecipazione da parte degli attori, capaci
di passare dalla tragedia al comico (tutta la scena della statua che cade e che
loro immaginano di aver rotto fa parte del repertorio delle gags). Per
Murnau, che in questa pellicola non rinuncia ad osare con il corpo femminile
(siamo in America ed egli scopre spalle, e mette le gambe in mostra) la vita
è quasi sempre la stessa, un po’ amara e un po’ dolce… che si costruisce
sull’ambiguo rapporto dell’estate (il tradimento) la mezza estate (il ballo
prima del ritorno a casa) e l’aurora dopo la tempesta (il bacio che risalda la
coppia oltre la tragedia). Aurora, ispirato al racconto Die Reise
nach Tilsit di Hermann Sudermann e sceneggiato da Carl Mayer, è una storia
naturalistica che contrappone l’autenticità dei sentimenti (campagna) al
peccato di questi (città) e che riconcilia la coppia nella visione frivola e
leggera proprio della città (il luna park), origine della tragedia, da dove
cioè proviene l’amante adescatrice. Il film, in origine muto, fu presto
musicato (composizioni di Hugo Riesenfel) con sistema di sincronizzazione
Movietone. Aurora, nonostante l’inaspettato insuccesso, ottenne
ugualmente due Oscar alla prima edizione della manifestazione: per la miglior
attrice protagonista a Janet Gaynor (nei panni della moglie) e per la
fotografia di Karl Strauss e Robert Rocher che svilupparono profondità di campo
notevoli per l’epoca. L’edizione italiana ha la voce di Luigi Diberti nella
lettura delle didascalie scritte da Katherine Hilliker e H.H. Caldwell (quelle
che parlano di affogare la moglie, annegano anche nella scrittura!).
Considerato, non a torto, uno dei momenti più alti del cinema
post-espressionista di Murnau, Aurora oltre a rappresentare un perfetto
incontro di modelli, tedesco letterario decadente e americano produttivo
comico, rimane un’opera fondamentale per gli sviluppi del cinema
dell’emigrazione e del cinema americano più in generale (Leonardo Quaresima
su Cinema di tutto il mondo a cura di Alfonso Canziani). Ne è stato
fatto un remake, Verso l’amore (1939) di Veit Harlan.
Bucci Mario
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