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A Vendre
Anno: 1998
Regista: Laetitia Masson;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 12-04-1999


A VENDRE
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À VENDRE


Soggetto e Regia: Lætitia Masson
Fotografia: Antoine Héberle
Montaggio: Aïlo Auguste-Judith
Scenografia: Arnaud de Moleron
Costumi: Elisabeth Mehu, Nathalie Clavier
Musica: Siegfried (I)
Produzione: Cuel Lavalette Productions
Distribuzione: AB Film
Formato: 35 mm.
Provenienza: Francia
Anno: 1998
Durata: 100'
Sergio Castellitto
Sandrine Kiberlain
Chiara Mastroianni
Jean-François Stévenin
Aurore Clément
Mireille Perrier
Roschdy Zem
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Dal 3 agosto al 3 settembre 1997 si dipana la ricostruzione della crescita e perdizione della protagonista a partire dalla Champagne (efficacemente descritta dall'espressione "polli e monumenti alla Prima Guerra Mondiale"), proseguendo a Paris, Grenoble e detour a Marseille, da dove la vicenda aveva preso inizio. Il processo ci è proposto attraverso gli occhi di Luigi, un investigatore che s'attribuisce l'espressione triste e dimessa di Castellitto, spiegandola con la perdita della moglie, ancora amata, che lo ha lasciato forse per ambizione di una vita più appariscente. Questo punto di partenza potrebbe aiutare ad individuare una comunanza di destini tra il private-eye che non si dà pace per l'abbandono e la ragazza dedita invece alle fughe dalle situazioni da lei innescate, impostandole sulla propria vendita in modo da ritagliarsi ancora spazi che le consentono di sfilarsi, sgusciare via all'ultimo momento, lasciando alle spalle soltanto sconcerto. Ma non in Luigi, che ripercorre le tappe, ripetendo gli atteggiamenti della ragazza.

Figura originale è quella impersonata da Sandrine Kiberlain già presente nel precedente lavoro di Lætitia Masson, "En Avoir (ou pas)", che piange in casta nudità, parlando con la gallina, retaggio della sua terra, con la quale vorrebbe aver chiuso tutti i debiti (restituisce tramite vaglia ai genitori i soldi spesi per lei); si lega ad una entreneuse (Chiara Mastroianni, che fa rimpiangere i genitori), la stessa che vediamo all'inizio del film insieme a Castellitto, in realtà illustrando l'epilogo della ricerca. Di questa presenza non se ne sente il bisogno se non per ribadire una volta di più la comunanza dei comportamenti dei due protagonisti (motivo per cui Luigi è in grado di ritrovarla): infatti sia France, sia l'investigatore la pagano soltanto per parlare, sottolineando così che il vero tema del film è il terrore della solitudine, che attanaglia non solo loro, ma coinvolge tutte le persone incrociate dai due a cominciare dal quasi marito, inquadrato in una gelida immagine con la sorella in cucina sovrastati da due spenti ritratti di volti antichi, quasi ascrivibili ad una tradizione con radici in Millet; inani sono gli sforzi di tutti i personaggi di pietire un'attenzione non superficiale dagli altri. Perciò France, che provoca con il suo esplicito vendersi per ottenere quanto ciascuno cerca, risulta la più schietta e palesemente tormentata, come il suo inseguitore.


Il pregio del film si trova nelle interviste ai conoscenti e amanti della ragazza che all'inizio introducono la personalità della ragazza, rendendo tempo gli spazi percorsi dalla ragazza, restituendo lo squallore della provincia, l'incomprensione della famiglia, l'egoismo degli uomini incrociati da France Robert (un nome non casuale) ai quali si vende per rendere più semplice il rapporto. S'inizia dai genitori che non hanno in realtà mai avuto rapporti con la ragazza che li considera morti; è però interessante che la madre indossi una felpa inneggiante agli USA, mentre nel primo di innumerevoli flashback Frances annuncia l'intenzione di oltrepassare l'Atlantico, come vedremo nel lungo epilogo. Interessanti pure le altre persone della Champagne avvicinate: il piglio è quasi da reportage. C'è il guardiano del cimitero monumentale, ripreso dal basso con le croci incombenti; seguito dalla ragazza che continua a scuoiare i polli, inquietante; il seduttore vacuo, a causa del quale France intraprende la sua fuga. Nell'oscillazione tra il metodo dell'evocazione da parte dell'intervistato e venire catapultati in lunghi flashback il primo è più efficace e più comprensibile, ma il secondo offre un godibile e blando spaesamento per quel che riguarda il progresso cronologico del racconto. Tranne forse nel caso del bancario di Roissy: l'episodio più rivelatore del disturbo interpersonale di France. La sua proposta di impostare il rapporto sui 400 Fr. versati non "perché puttana, ma perché credo di amarti. E così so se ne hai davvero voglia" è centrale per spiegare l'atteggiamento di France… e dei suoi partner, inconsapevoli delle tempeste emotive che scatenano nella ricerca della ragazza ("Per quale motivo è finita?" rimane senza risposta. È sufficiente l'apparizione della moglie-capo a spiegare l'opportunismo).

Imbarazzanti invece nel film sono alcune sequenze non sorrette da una sceneggiatura talvolta incapace di corredare attraverso dialoghi significativi le situazioni che vorrebbe narrare; questi momenti dilettantistici riguardano spesso Luigi, quando investono la sua figura separata dal destino della ragazza, come l'avventura abortita con la insoddisfatta signorina in Champagne o nella altrettanto pleonastica sequenza dell'incontro con la moglie: in questo caso probabilmente si vorrebbe accentuare l'apparentamento tra i due protagonisti, ma le battute sono da sceneggiato tv e Castellitto non riesce ad interagire con partner legnosi (ridicolo il nuovo compagno della moglie) e con un ambiente improbabile, neanche affidandosi alle battute ricorrenti ("Sono a dieta" è un refrain incessante, forse per evitare il banale "no, grazie: sono in servizio").

La redenzione si trova al di là dell'Atlantico e fa seguito alla scelta (la prima che fa lo spione) di Luigi di concederle ancora una chance: sei mesi dopo arriva la risposta alla sua attesa. Un'altra coraggiosa posizione, ma troppo poco per riscattare un film rimpinzato di soverchie cadute di tono (i commenti con voce off tipo: "Lei non può tornare indietro, ma non ha potuto partire" sono deprimenti: peccato, perché Castellitto si merita di più) e abborracciato nel finale americano, quando nel proprio ritratto eseguito da una pittrice incontrata per elemosina in un vicolo, France ritrova se stessa, la propria anima emerge dal dipinto (un rigurgito di pena per quella parte di se stessa che vende a chi le cattura l'immagine o le compra il corpo: "Quelli che posano per lei non sa che fine fanno?"), quindi, senza scappare, non la vende più, anzi se la fa restituire per spedirla a Luigi.

Per quel che riguarda le soluzioni risulta banale e già visto, ma appare interessante per il deprimente ritratto della France che se ne ricava.