8
½. Federico Fellini. 1963. ITALIA-FRANCIA.
Attori: Marcello Mastroianni,
Anouk Aimée, Sandra Milo, Claudia Cardinale, Rossella Falk, Barbara Steele,
Guido Alberti, Mario Pisu, Caterina Boratto, Annibale Ninchi, Edra Gale,
Giuditta Rissone, Polidor
Durata: 138’
L’incubo di morire nella propria
automobile parcheggiata nel ventre di un traghetto, volare librandosi fino alle
nuvole, ed essere tirato giù. Roma. Guido Anselmi è un regista in cura in una
stazione marittima frequentata da rappresentanti della chiesa, psichiatri ed
alcuni suoi amici. Ha rimandato di quindici giorni i lavori del suo film. La
prima a raggiungerlo è la procace Carla, la sua amante, che egli sistema in un
albergo diverso da quello suo e della troupe. Fanno l’amore nella stanza di lei
e Guido sogna di incontrare al cimitero il padre e la madre, deceduti entrambi
da tempo. Torna sul set ed affronta comparse, tecnici, attori senza parte,
tutti con i soliti problemi legati alla lavorazione della sua pellicola. A sera
deve rispondere anche ad alcuni critici, fino a che non arrivano Fred e Maya,
due saltimbanchi che leggono il pensiero. Quando ci provano con lui, Maya
scrive sulla lavagna una frase senza senso: asa nisi masa. È il pretesto
per ricordare la sua infanzia circondata d’affetti femminili in una realtà
riminese povera e contadina. Si sente con sua moglie Luisa e le domanda di
raggiungerlo a Roma. Prima di ritirarsi nella sua camera passa nella stanza
dove dormono i tecnici ed affronta le aspirazioni e le domande di due giovani fanciulle,
ma anche la disperazione del suo anziano collaboratore. La notte Carla lo
chiama perché con la febbre alta e lui si reca nel suo albergo. La mattina dopo
discute con un monsignore sul rapporto tra cinema e Chiesa. È il pretesto per
ricordare di quando fanciullo fu messo in castigo ed umiliato nella vergogna
per essere stato beccato da alcuni preti in compagnia della grassa prostituta
Saraghina (Edra Gale). Guido fa una sauna assieme a tutti i suoi colleghi e
viene chiamato da sua Eminenza al quale confessa di non essere felice. Intanto
arriva a Roma Luisa con alcune amiche e tutti vanno a vedere il set che Guido
si è fatto costruire: un’enorme rampa di lancio per un missile spaziale. Luisa
si sente smarrita, lontana dal marito, e non comprende che motivo ci sia nel
voler ricominciare. Litigano prima di andare a letto. A colazione c’è Carla da
sola ad un tavolino, e Luisa sa che è l’amante di suo marito. Guido sogna la
propria casa piena di tutte le donne che nella sua carriera sono state al suo
fianco, prostituite, moglie, soubrette, amanti, attrici. Queste provano a
ribellarsi alla mancanza d’affetto, ma è la moglie a tranquillizzarle, a
mostrarsi comprensiva con Guido, comprendendo il suo ruolo di moglie
all’interno del rapporto. Assistono ai provini fatti per il ruolo di Olimpia,
il produttore ha fretta perché venga scelta la protagonista, e Luisa se ne va
dalla sala perché offesa dal fatto che Guido sia sincero nei film e non nella
vita privata. Arriva a Roma anche l’attrice Claudia che lui conduce in un
vecchio casolare dove le fa immaginare il suo ruolo, ma che in realtà non c’è.
Guido le confessa che vorrebbe mollare il film ma sopraggiungono tutti quelli
della troupe, compreso il produttore che gli dice di aver organizzato per il
giorno dopo, sul set della rampa di lancio, un grande cocktail party con
conferenza stampa. La mattina Guido è sommerso dalla confusione e senza
riuscire a rispondere ad alcuna domanda, finisce sotto il tavolo dove si spara
un colpo alla testa. Tutti sono in abito bianco, padre e madre compresi, e
finalmente Guido capisce cosa vuol dire amare quelle persone, accettandole.
Rivede lui da piccolo che in quella folla insegue un gruppo di clowns, e Fred
mette in scena un grande sipario che aprendosi fa scendere come delle star
tutti coloro che hanno partecipato alla sua vita.
Viaggio allucinato, grottesco,
barocco, profondo, nella crisi d’ispirazione di un regista (Mastroianni alter
ego di Fellini), su una sceneggiatura scritta dal regista romagnolo con la
collaborazione di Ennio Flaiano, Tullo Pinelli e Brunello Rondi. Federico
Fellini, che ci ha abituato ad un cinema sempre biografico, visceralmente
sentito, con questa pellicola parla più che mai di se stesso (ricorrentissimo
infatti è l’uso della soggettiva), lasciandosi attraversare da tutto quello che
la sua vita gli ha mostrato, dall’infanzia al castigo, dagli amori ai
tradimenti, dal lavoro alla passione. 8 ½ non è una pellicola che parla
di cinema, ma è cinema che parla di un regista, della sua figura interna, del
suo rapporto con la critica e la psicanalisi dei messaggi (Arte), con le sue
difficoltà a raccontare storie d’amore (come gli confessano le due ragazze
nella camera degli attrezzisti) poiché non riesce a riconoscere (Memoria) che
tutto ciò che rappresenta è intriso d’amore, per la vita, il cinema, gli amici,
e tutto quello che lo rende triste (Morte). Un film sulla confusione e sul
disordine della vita [1],
un insieme di sogni e metafore che abitano lo stesso spazio fisico (il set) e
corporeo (il regista) che attraverso le proprie paure ed angosce, Fellini
materializza, mostra, subisce, affronta (nuclei ossessivi del suo
autobiografismo [2]). “Che
altro è, un film senza speranza?” domandano a Guido ad inizio pellicola, e
dopo diversi travagli, la speranza è lì, che scende dall’impalcatura necessaria
a sparare un razzo nello spazio, e che mette invece i piedi in terra, i tanti
piedi di tutti i personaggi della sua vita, reale o fantastica (la base di
lancio spaziale). È la felicità che si compie nel dire la verità senza far
soffrire nessuno, e la sua verità è che ama il mondo fantasioso che lo
circonda. È un Fellini superbamente maturo, che si riconcilia con i propri
malumori, con il proprio passato, ma che non smette mai di mettere in scena
storie che raccontano il paese da vicino (“Chi ha detto che si viene al
mondo per essere felici?” dice sua Eminenza, nella visione della Chiesa
cattolica in Italia come solo Fellini riesce a raccontare e mettere in
discussione). Il mondo femminile di Fellini è principalmente un mondo protettivo
e godereccio (tutta la parte in cui sogna l’harem) le cui donne possono essere
descritte in mille maniere diverse, dall’oca giuliva che esprime i suoi
sentimenti con suoni onomatopeici alla prostituta debordante, dalla moglie
borghese e razionale all’attrice confusa e passionale, tutte che sono lì a
tenergli il guanciale, sebbene egli non si sforzi di capirne il motivo. È amor
sacro ed amor profano, senza domande, perché così si mostra e così è la vita,
che spesso scorre sui volti delle persone che non abbiamo saputo amare. Se con La
dolce vita (1959) Fellini aveva raccontato con sguardo partecipante ma
esterno il mondo e la vita del cinema, attraverso gli occhi cioè del paparazzo
Marcello Rubini (Mastroianni), con questa pellicola egli guarda dentro il
cinema (attraverso se stesso, ancora una volta Mastroianni) con assoluto
coinvolgimento emotivo paradossale. 8 ½ è un film che fa seppellire
ciò che di morto ci si porta dentro. Geniale in alcune inquadrature
(irripetibile la gamba in volo, in soggettiva, legata ad una fune tirata a riva
da un uomo), raffinatissimo, ha dipinto sequenze uniche, meno plastiche di
Dreyer e più vicine al cinema del polacco Wajda, ma prima ancora di tutti. La
pellicola si guadagnò l’Oscar per il miglior film straniero e per i costumi di
Pietro Gherardi, ottenne ben sette Nastri d’Argento tra i quali uno anche a
Sandra Milo ed uno alle splendide musiche di Nino Rota, già compositore per
Fellini in altri lavori, ed al meraviglioso bianco e nero di G. Di Venanzo, ed
infine guadagnò anche il Gran Premio al festival di Mosca [3].
Nello stesso anno usciva anche un altro grande kolossal italiano, il Gattopardo
(1963) di Roberto Rossellini, campione d’incassi in Italia assieme alla
pellicola di Fellini. Il personaggio della sorella di Luisa è interpretato
dalla fotografa Elisabetta Catalano [4].
Ha detto il regista King Vidor parlando della propria ossessione per il cinema
riflesso “Ho sempre amato i film di Fellini, e spesso nella sua opera ho
ritrovato i miei stessi interrogativi. In 8 ½ Fellini ha inventato un
personaggio molto simile al mio. Fellini ha scelto la strada dell’analista
cinico, lasciandomi solo con la mia dose di idealismo” [5].
Bucci Mario
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