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Trash
Anno: 2014
Regista: Stephen Daldry;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Brasile; UK;
Data inserimento nel database: 08-01-2015


“Mai fidarsi di un poliziotto.” È un peccato. Il regista Stephen Daldry, del mitico Bill Elliot, da prova di scontentezza, prevedibilità e di noia in Trash. Il peccato sta nel aver mortificato il soggetto, nell’averlo voluto piacione a tutti i costi. Perciò il film è un susseguirsi di ovvietà tipo “piove governo ladro”, dove i poliziotti sono tutti cattivoni mentre i residenti delle favela sono degli angioletti, vittime della crudeltà della politica … quale pensiero originale! Trash parla di tre ragazzini abitanti di una favela costruita ai margini di una discarica. La gente lavora setacciando l’enorme massa di rifiuti. Raphael trova un portafoglio, lo nasconde e lo porta a casa. All’interno ci sono delle banconote ma soprattutto c’è una lettera. Il portafoglio apparteneva a José Angelo, uomo di fiducia del malvagio sindaco della città, il quale vive nella bella villa mentre gli altri sono nella sporcizia. José Angelo gli ruba tanti soldi e il registro dei contributi in nero ricevuti per la campagna elettorale. Il sindaco cattivone dà l’ordine alla corrotta polizia di ritrovare il portafoglio. E qui inizia tutta una corsa sui tetti della città, nei terrazzi, nei balconi, sulle strade. Il parkour vince alla grande, è il protagonista della storia. Il film sta tutto negli spericolati salti dei giovincelli. Il resto è torturato e infine ucciso dal troppo filosofeggiare; ingarbugliandosi fino all’inverosimile nel finale con l’apparizione della figlia simil fantasma. La scena del cimitero è indefinibile. Il montaggio alternato fra la scena attuale e quella della vita di José è continuo e senza respiro. È talmente pesante che sembra di vederlo in apnea. Come spettatore necessito respirare. Anche il selfie video è opprimente e incomprensibile. Però i tre ragazzi sono simpatici, perché forse gestirli è più nelle corde dell’autore. Specialmente Gabriel, l’emarginato dagli emarginati. Vive nella fogna più profonda con i ratti. Gabriel ha un carattere deciso, volitivo, capace di gesti emotivi. Ruba e fa l’elemosina. Se il sindaco e il poliziotto sono degli scontati e banali cattivi, gli altri personaggi sono addirittura ridicoli e assurdi. Il prete è inutile, la volontaria sta bene fra i rifiuti. Entrambi sono sovrabbondanti nel loro malriuscito cinismo: “Non sprecare la vita per battaglie che ti amareggeranno.”