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Il Pap'occhio
Anno: 1980
Regista: Renzo Arbore;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 27-09-2005


La grande guerra

Il pap’occhio. Renzo Arbore. 1980. ITALIA.

Attori: Renzo Arbore, Roberto Benigni, Isabella Rossellini, Manfred Freyberger, Mario Marenco, Andy Luotto, Luciano De Crescenzo, Diego Abatantuono, Ruggero Orlando, Martin Scorsese, Mariangela Melato

Durata: 101’

 

 

Il Papa, convinto di voler rimodernare il linguaggio della Chiesa, ma anche vittima delle potenzialità della televisione, contatta Renzo Arbore per fargli dirigere un programma musicale nel nuovo canale televisivo del Vaticano. Arbore accetta, chiamando a sé tutti la sua “sacra famiglia” di collaboratori con i quali invade il palazzo papale. Ostacolato da Roberto Benigni, comunista pentito, riesce ugualmente ad arrivare alla prima del programma Magnum Gaudium che però, non appena finita la sigla, è interrotto da uno squarcio nel muro e da uno nel pavimento che inghiotte tutta la troupe. Dallo squarcio nella parete si affaccia l’occhio di Dio.

Iperbole provocatoria per l’esordio alla regia di Renzo Arbore su una sceneggiatura scritta da Luciano De Crescenzo, e che permette così ad uno dei maggiori innovatori della televisione italiana di passare con tutta la sua banda dell’Altra Domenica anche sul grande schermo. Disordinato, confuso, (s)politicizzao, cantato quanto un musical, il Pap’occhio è un volenteroso omaggio al cinema (due le citazioni sottolineate: Io ti salverò (1945) di Alfred Hitchcock e Prova d’orchestra (1979) di Federico Fellini, ma tante quelle solo mostrate come il cinema di Chaplin cui Benigni si rifà quando è scambiato come Papa davanti alla finestra), un omaggio alla letteratura italiana (Dante), alla cultura dello spettacolo e dell’intrattenimento americana (musical), ma soprattutto una divertente messa in scena delle più celebri tappe della storia di Gesù, dall’ultima cena al tradimento di Giuda per trenta gettoni, dal gallo che canterà (geniale il cantante Gallo!) sino alla presenza di Dio in persona, in questo contesto utilizzato in maniera classica come chiave di svolta della narrazione (Deus ex machina quindi). A metà strada tra due circhi di diversa natura, quello felliniano appunto che spettacolarizza l’istituto ecclesiastico e tutti i suoi partecipanti, e quello del cinema underground alla Warhol e Morrisey, ricordato soprattutto nello stravolgimento metropolitano dei costumi (le sorelle bandiera) ma anche nello stile visivo. È sicuramente una pellicola autocelebrativa (il Papa che domanda “Chi è questo Arbore?”) ed in un certo senso più d’autore di tante altre, nella quale viene fuori la vera natura del regista, capace come istrione di saper gestire diverse personalità e presenze, dosate in buona misura, quasi musicale. È questa, infatti, l’annunziacion più grande del film: il futuro prettamente musicale di Arbore. È l’unico film italiano che ha goduto della partecipazione straordinaria del regista americano, ma d’origini italiane, Martin Scorsese (all’epoca in cui fu girata la pellicola, marito di Isabella Rossellini). Per i temi trattati e per come furono trattati, il film ovviamente fu bloccato in sala dal procuratore generale Bartolomei, e ne fu disposto il sequestro per vilipendio della religione di Stato nel momento del suo maggior successo. Fu ridistribuito solo nel 1998, e dopo che l’attore Roberto Benigni ottenne tre premi Oscar per il film La vita Bella (1997), da lui diretto. Le scene d’interni furono girate nella reggia di Caserta. La fotografia appartiene a Luciano Tovoli, lo stesso direttore di Professione: reporter (1975) di Michelangelo Antonioni e di diversi film di Dario Argento.

 

 

Bucci Mario

[email protected]