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Bait 3D – Shark 3D
Anno: 2012
Regista: Kimble Rendall;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Australia;
Data inserimento nel database: 25-09-2012


“Oggi madre natura ci ha visto tutti come peccatori.” Una domanda nasce spontanea alla fine di ogni festival. Qual è stato il film con il maggior numero di applausi ricevuti? Con i grandi maestri presenti non sarà facile la risposta: Malick, Anderson, Bellocchio, Redford, Spike Lee, Kitano. Ma non scherziamo! La proiezione, con una ripetuta serie di acclamazione per lunghi momenti, con ola, con urla di approvazione è stata Bait 3D. Il regista Kimble Rendall alla fine è stato salutato con una standing ovation, e lui ha ringraziato danzando sulla colonna sonora finale. Pensate che scherzi? Ho i testimoni! È la notte fra sabato e domenica – esattamente l’una. Nonostante l’orario e i sei film precedenti visti, Sala Grande è strapiena di centinaia di giovani. I ragazzi manifestano la loro partecipazione salutando con ovazione e consenso tutte le volte che lo squalo azzanna, squartandolo, il cattivo o l’antipatico di turno. I pezzi di carne sanguinolenta – grazie al 3D – ci arrivano in faccia, e fomentano l’entusiasmo del pubblico; smettere di applaudire è impossibile. Inoltre risate e gioia sono sonore quando un povero cagnolino, che si pensava trangugiato dallo squalo, appare navigando su un surf. È divertimento puro. Nel finale un urlo all’unisono scuote sala grande; è pari a quello udito al rigore trasformato da Fabio Grosso a Berlino nella finale del mondiale 2006. Il buono ha imbracciato, sott’acqua, un poderoso fucile e fa saltare le cervella al terribile squalo. Il cinema è divertimento, partecipazione, socializzazione. Per me il film ha una consistenza materiale, fisica, è un luogo preciso. È nella sala cinematografica che si forma la visione di una storia. L’interno del cinema (inteso come entità fisica) crea emozione e costruisce l’eccitazione, il turbamento, la paura, la risata. Mi va bene pure una rumorosa arena estiva all’aperto, è pur sempre una condivisione. Senza sala cinematografica il film perde ogni attrazione, si trasforma da una potente erezione a molliccia consistenza. Tutto, anche Bait 3D, diventa una gioia pubblica. Il film è valorizzato nell’essere insieme in un cinema. Anche l’ironia dell’applauso liberatorio alle tre di notte è un sollievo di libertà. Siamo in Australia. Un terremoto tremendo ha provocato un infernale tsunami. La storia forma due camere chiuse. Un gruppo di ragazzi è bloccato nel garage sotterraneo di un supermercato. Mentre nel piano superiore, un raggruppamento eterogeno di persone, è sbarrato in un reparto. Garage e negozio sono inondati da acqua alta. Le persone si sono salvate salendo sugli scaffali. Poiché la regola del genere è la sfiga ci vede benissimo, con l’acqua sono entrati due famelici squali, i quali nuotano liberamente e affamanti uno nel garage e l’altro nel piano superiore. Il linguaggio è la formazione e la catarsi dei vari personaggi. La dicotomia è la stessa: buoni e cattivi, mentre lo squalo è l’arbitro imparziale durante il suo assedio agli sfortunati consumatori. La struttura è quella della camera chiusa, con lo scontro fra bene e male e la formazione dei vari personaggi, costretti da una forza esterna a raggiungere una altrimenti impossibile riconciliazione. Nulla di nuovo. Tanto splatter, sangue, sbalzi improvvisi, acutizzati dal 3D. C’è anche una buona dose d’ironia. Splendida è l’armatura fabbricata con carelli e cestini della spesa per affrontare lo squalo. Gli applausi al regista, seppure sarcastici, sono tutti meritati. D’altronde è notte fonda.