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Biuti quin Olivia
Anno: 2002
Regista: Federica Martino;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 25-02-2002


Biuti quin Olivia. Martino Federica. 2002. Italia.

La storia è quella di un insieme di rifiuti, umani e disumani, tra i quali e con i quali la protagonista Olivia vive un’esistenza ridotta. Nell’immagine della borgata anniottanta romana del Quadrato, una madre che subisce la vita, un padre zoppo e violento e Olivia, una ragazza con evidenti problemi di scelte, compongono questo difficile nucleo famigliare. È la storia di una realtà diversa, che forse cambia quando Olivia è assegnata per l’ennesima volta ad una nuova scuola ed è avvicinata da una sua compagna di classe, la cui più alta ambizione è quella di trovare una reginetta per il suo concorso di Beauty Queen Olivia (il riferimento è all’attrice Olivia Newton Jones di Grease). Respinta in famiglia, sballottata tra diversi assistenti sociali e centri d’accoglienza, la vita di questa giovane sans domicilie fixe ritrova un obiettivo nella sua fuga alla ricerca del vero padre, un vecchio uomo che vive vicino ad un fiume.

Federica Martino è la figlia di quel Martino Sergio del cinema italiano che ha consegnato alla storia della televisione un treno di film trash pruriginosi, ed era quasi scontato che con il suo primo lungometraggio prendesse subito distanza dal padre (i titoli d’apertura e le prime inquadrature su Olivia sono tutti dettagli d’immondizia e abbandono, forse la giusta metafora per rompere con la tradizione famigliare). La storia, nemmeno troppo originale, è farcita da visioni e deformazioni, dell’immagine e del pensiero dei protagonisti, in così tanta eccedenza da stancare quasi subito. Lento tutto il primo tempo, non supportato da un buon montaggio, sembra di assistere ad una fiction cinematografica, il che va a scapito di un argomento così delicato e difficile come quello del degrado umano. Bravi i due attori che interpretano i genitori di Olivia (Gino Santercole su tutti) nel rendere immediato il lato grottesco dei loro personaggi. Bella l’attrice principale, Carolina Felline (anche per lei l’esordio come protagonista) con più esperienza potrebbe proporsi come volto nuovo del nostro cinema. L’impressione generale è che molte scelte della regista diano però il senso di fuoriposto. La scelta di alternare ogni tanto con il bianco e nero, la digitale, o ritoccare le fotografie come se si trattasse del volto di una donna dal trucco pesante, rende alla fine poco credibile una portata che a pranzo s’inserirebbe tra il primo ed il secondo.

P.S.: quando Olivia e l’assistente sociale s’incontrano nella mensa del centro d’accoglienza, c’è una comparsa che da dietro guarda a più riprese verso l’obiettivo della cinepresa…. questi sono errori della comparsa, dell’operatore, del montatore e della regista….