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Abluka – Frenzy
Anno: 2015
Regista: Emin Alper;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Turchia; Francia; Qatar;
Data inserimento nel database: 23-09-2015


“Questo paese è diventato strano.” Gazi è un quartiere di Istanbul. È centro degli Alevi, una popolazione sciita ma favorevole alla laicità dello stato. In un paese Islamico sunnita non è questione da poco. Questo sobborgo è da anni centro di ribellioni, perfino violente, nei confronti del governo e della polizia. Nel 1995, dopo numerosi scontri con morti, fu proclamato il coprifuoco e sigillata la zona. In agosto di quest’anno ci sono stati altri incidenti, con assalti della polizia e l’uccisione di un agente. Per questi avvenimenti il quartiere di Gazi ha dichiarato l’autogoverno. In un rione di Istanbul è ambientato il film Abluka – Frenzy di Emin Alper. Non c’è nessun riferimento a Gazi. Si tratta di un quartiere inventato, una zona periferica, una baraccopoli, un ghetto, come ne esistono tanti nelle grandi città. Sono luoghi dove l’autorità centrale mostra tutta la sua debolezza e la soluzione ai tanti problemi è isolarli dal resto del mondo, lasciando allo sbaraglio i suoi abitanti. Kadir è prigioniero in un carcere turco da anni. Nella prima scena è svegliato in piena notte da una forte esplosione, un attacco terroristico. Apre la tenda e la luce lo colpisce direttamente all’occhio. È rilasciato prima perché i servizi gli offrono un lavoro di intelligence, un po’ particolare. Deve tornare nel suo quartiere con il lavoro ufficiale di ripulire i cassonetti dell’immondizia. Ma il compito reale è annusare i recipienti gettati nei rifiuti per individuare se alcuni sono stati usati per sostanze chimiche per la costruzione di bombe. Nella stessa zona abita Ahmet, il fratello più giovane. È stato recentemente abbandonato dalla moglie e dai figli, vivendo in uno stato di prostrazione mentale e depressiva. Il suo lavoro è cacciare i tanti cani randagi della zona sparandogli. Dopo la presentazione dei caratteri, l’autore dirige la storia verso diversi filoni fino alla conclusione definitiva. Il quartiere assume connotati di vita propria, bella la scena nella quale tutti i cassonetti bruciano contemporaneamente. I colpi di fucile esplosi da Ahmet ai cani. Ma è il randagio ferito a dargli sollievo alla propria angoscia. Bella la scena in cui gioca con il cane sparandogli con una pistola ad acqua. La schizofrenia di Kadir, il quale vive un’esistenza doppia, quasi malata. Chiara la scena nella quale voluttuosamente si sdraia sul pavimento per ascoltare i vicini durante un coito. È inquadrato dall’alto come se fosse solo e staccato da tutti. Poi ci sono tanti altri sotto temi, non meno importanti, perché contribuiscono a delineare la densa atmosfera noir. Il terrorismo, con il quale a Istanbul è necessario coabitare. La relazione fra i due fratelli, complicata e alienante. Le bugie dei politici sul modo di catturare i cani erranti. Ma soprattutto la paura con cui ognuno di noi deve convivere. La paura è la forza centrifuga scatenante della mente umana. L’ansia, l’inquietudine, distruggono lo scibile umano, gesti normali sono indecifrabili, e il terrore si scatena anche di fronte una sagoma. Emin Alper è capace. In maniera intensa crea un thriller politico umano, sfogando la sua attitudine di tenere i ruoli sociali e personali distinti e particolari. Sono soprattutto le scene notturne le più intense. Il quartiere sembra una città abbandonata; nell’oscurità, nella foschia, giranno delle ombre, dei personaggi appena intravisti. Può essere chiunque, anche un fratello scomparso anni prima. Non c’è fiducia nel quartiere perciò le persone spariscono senza saperne nulla, perfino i cani si dissolvono senza una ragione. Camminare nelle strade è una trepidazione: è Kadir a seguire un’ombra o è l’ombra a seguire Kadir. Il regista usa un registro diverso. Unisce sogno e realtà per espandere la paura, per confondere la nostra visione, per comunicarci che i due mondi sono contingenti e forse unici. Poiché la verità può essere dissimile dal soggetto, il regista ripete scene già viste in precedenza, da un’altra soggettiva. Il mondo è uno ma la nostra fruizione è schizofrenica. Sarà poi la giustizia del quartiere, luogo vero e certo a riportare tutto nella realtà. Mentre i blindanti della polizia bloccano gli ingressi del sobborgo, i muri delle case tremano impazziti al loro passaggio. www.dinamopress.it/news/istanbul-il-quartiere-gazi-dichiara-lautogoverno