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Blood and wine
Anno: 1996
Regista: Bob Rafelson;
Autore Recensione: l.a.
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 06-03-1998


Blood and Wine, di Bob Rafelson. Sceneggiatura, N. Villiers, A. Cross, L. Baris. Con J. Nicholson, M. Caine, S. Dorff, J. Lopez, J. Davis. Usa, 1996. Dur.: 1h e 44'.

Sesta collaborazione tra Jack Nicholson e Bob Rafelson; ritorno al noir di quest'ultimo dopo "Il Postino Suona Sempre Due Volte" e "La Vedova Nera". Alex Gates (Nicholson) è un viscido venditore di vini pregiati, costantemente squattrinato a dispetto delle apparenze che ne suggerirebbero una posizione piuttosto agiata. Della situazione economica è perfettamente a conoscenza la sua compagna Suzanne (Judy Davis); ma non è solo questo il problema che mina il loro rapporto: Alex ed il figlio di lei Jason (Stephen Dorff) si detestano cordialmente; ma soprattutto, Alex conduce una vita indipendente, fatta di improvvisi viaggi, di appuntamenti di lavoro notturni... in sostanza, è palese che abbia delle tresche - e d'altra parte non ne fa mistero. L'attuale fiamma di Alex è una baby-sitter cubana (Jennifer Lopez) che lavora in una lussuosissima villa... nella villa c'è una cassaforte... nella cassaforte c'è una collana preziosissima... e la collana è nella testa di Alex. Organizzare il colpo è facile, metterlo a segno un gioco da ragazzi; Alex si mette in società con il professionista dello scasso Victor (Michael Caine). Ma l'ennesima lite famigliare Alex-Suzanne-Jason porta i gioielli nelle mani di questi ultimi due; e madre e figlio si trovano ad essere inseguiti dalla coppia di ladri. Crime-story classica, con tanto di valigia dal prezioso contenuto che per coincidenza passa nelle mani sbagliate. Escalation di violenza per accecamento da miraggio di facile guadagno. Intreccio fatto di doppi-giochi e tradimenti. Uxoricidio più o meno accidentale. Gioco delle passioni e degli istinti più bassi, in cui bellezza e sensualità risultano armi micidiali che sciolgono anche i cuori più duri. La giovane femme-fatale che in virtù dell'età e delle proprie grazie muove come un burattino il looser di mezza età, illudendolo e sfruttandolo senza scrupoli al fine di riscattarsi dalla miseria. Il professionista giunto al capolinea per una grave malattia che, tragicamente, gioca l'ultima carta, e le ultime energie, pur di garantirsi una morte lontana dagli ospedali. Pennellate di esotismo varie, dalla passione di Jason per il mare, alla metaforica caccia allo squalo, dalla bellezza sudamericana della Lopez, ai balli latini in cui questa si scatena, dall'ambientazione nell'afosa ed umida Florida, alle cristalline acque del Sud... Infine: l'immancabile cappa di ineluttabilità che grava come un macigno sui destini dei personaggi, ed una chiusa in cui tutti risultano sconfitti nel loro abbrutimento. Elementi classici del genere con cui Rafelson aveva già dimostrato di avere dimestichezza e che gli avevano permesso di realizzare due delle sue opere più riuscite; tuttavia qualcosa in "Blood and Wine" non quadra pienamente. Rafelson tenta di ridurre al minimo l'enfasi, di distaccarsi dalla materia, di raffreddarla, al fine di renderla più tagliente scarnificandola (ma non si può parlare di un vero e proprio taglio realistico, date alcune cadute nel romantico cartolinesco). Sul versante del ritmo narrativo, il regista impone un freno: rallenta l'azione per evidenziarne la natura tragica; le esplosioni di violenza scattano così come molle, improvvisamente, palesando la propria essenza gratuita, rivelando il tasso di brutalità dei personaggi. Purtroppo la combinazione delle due opzioni (scarnificazione e rallentamento) sortisce effetti di appiattimento generale: non ci sono emozioni, se non quelle dei personaggi; il fatto che gli elementi della sceneggiatura siano dei topoi del genere conferisce stanchezza al tutto, e provoca a tratti noia, se non addirittura fastidio. Rafelson dà corpo ad un lavoro che pare irrisolto, e confonde il gelido con l'asettico. In conseguenza, le eccellenti performances di Nicholson e Caine paradossalmente si perdono nello spazio che gli viene concesso, rasentando la maniera ed il gigionismo.