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Venti sigarette
Anno: 2010
Regista: Aureliano Amadei;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 06-09-2010


“Sei cambiato, in te non mi riconosco più”. Un pacchetto di sigarette è il tempo necessario ad Aureliano Amadei a rimanere vittima nell’attentato di Nassirya, in cui morirono tanti soldati italiani. Questo lo cambierà per sempre. Il suo breve viaggio è una tragica strada per una crescita umana. Il suo è un film futurista. “Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.” (Manifesto del futurismo, Filippo Tommaso Marinetti) Aureliano è un ragazzo immaturo, incerto, confuso. Un bamboccione di 28 anni, vive con la madre, ha una ragazza in Brasile: classico di uno allergico alle responsabilità. Ha un’amica, innamorata di lui, con cui gli interessa solo andare a letto, ma di cui non sa nulla, insensibile ai suoi sentimenti. Gli altri non gli interessano, è solo un egoista. E’ un precario professionista: Vuole fare l’attore, ma di cercarsi un lavoro non ci pensa neppure. Ha delle idee politiche per pigrizia e perché è un conservatore. Non gli interessa la politica, è un menefreghista. Sta aiutando a preparando una marcia contro la guerra in Iraq e non ci pensa neppure un momento a partire insieme ai soldati italiani. Ha degli amici del suo stesso valore: cioè nulla. Infatti, appena in Iraq conosce dei ragazzi maturi, responsabili ed in meno di un giorno li sente come amici; per sicurezza e perché dopo tanta mediocrità si trova con persone umane, con qualità e difetti, ma equilibrate. Accetta il viaggio in Iraq in modo infantile, senza pensarci, senza comprendere i rischi e valutarlo. Non gli interessa nulla. Questo è Aureliano prima di partire. Questo ci racconto con ironia ed intelligenza. Come può crescere, diventare maturo, diventare uomo? Il film c’è lo dice senza pietà: con la guerra. Dopo l’attentato, dopo aver visto la morte Aureliano cambia, e nessuno vicino a lui lo riconosce. Il suo è un miracolo, gli altri intorno a lui muoiono e lui sopravvive. Il suo amico gli urla la frase iniziale non ha avuto ancora modo di crescere. Potrà farlo senza bisogno di una guerra? Amadei ci dice proprio di no, è impossibile. Come potrebbe essere in grado di crescere in questo contesto sociale e culturale? Solo la distruzione totale potrà farlo. Solo la guerra. “Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.” (ibidem) Il film è bello, salvo del qualunquismo nella parte finale. Forse c’è anche troppo autoreferenzialità, però in un film del genere è anche necessario. Il linguaggio del film è dicotomico. Prima parte ironica e sarcastica. Scene allegre e veloci con un dialogo stringente. Nel momento dell’attentato tutto cambia. Questa frattura serve proprio al personaggio per cambiare e al film di far accrescere il dolore. La rottura è totale. Da una battuta su un film della Fenech: La soldatessa al servizio militare tutto si spezza.. L’immagine si rovescia, la camera arranca per terra, mangia la polvere. L’urlo è inumano. Vediamo solo sassi e una mano insanguinata. La trasformazione sta avvenendo, noi non possiamo vederla, altrimenti potremmo non capire. Vediamo solo la fine. Un Aureliano diverso, rinnovato. L’amico non lo riconosce più in lui, ma tutti gli spettatori si.