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Hollywood brucia - An Alan Smithee Film: Burn Hollywood Burn Anno: 1997 Regista: Arthur Hiller; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 24-08-1998
Untitled Document
An Alan Smithee Film: Burn Hollywood Burn
di Arthur Hiller
Ad Hollywood, quando un regista per svariate ragioni non vuole apporre
la sua firma ad un film generalmente usa lo pseudonimo di Alan Smithee.
Ma che cosa può fare se il suo vero nome è davvero Alan Smithee?
E' la storia dell'ingenuo regista chiamato sul set del film "Trio",
probabile sfonda botteghino della stagione, che vede come protagonisti Silvester
Stallone, Woopy Goldberg e Jackie Chan (qui nell'insolito ruolo di loro
stessi). Come molti registi ad Hollywood, la sua parola conta poco o nulla,
del suo montaggio nel master finale non rimane traccia, non può neanche
disconoscere il film facendolo uscire con la firma di Alan Smithee perché
si chiama davvero Alan Smithee. Cosa fare? Il nostro Alan sembra non trovare
idea migliore che scappare con il master per bruciarlo lasciando così
la produzione con un palmo di naso.
"Hollywood brucia" è una commedia al vetriolo che mette
alla berlina la Hollywood del "dietro le quinte", la Hollywood
dei produttori e dello star system, la Hollywood come industria. Dalla prima
all'ultima inquadratura è una raffica di battute e citazioni, di
riferimenti più o meno velati a questo o a quell'attore, a questo
o a quel regista, che spesso intingono nel sarcasmo e nella cattiveria più
sfrenati ma che altrettanto spesso colgono nel segno.
Tra le tante, ne riporto un paio che ho trovato particolarmente esilaranti:
"Tom, hai mica visto che fine ha fatto Tom?" "Boh, sara'
tornato da Kubrick"
"Il segreto di un buon thriller e la logica, dice Brian De Palma. E
se lo dice lui deve proprio essere vero. Avete presente 'Mission: impossible'?"
Con questo film si è chiuso lo scorso Festival di Taormina: conclusione
curiosa e adatta allo stesso tempo, per un festival che è sì
stato inaugurato con il film più pagato della scorsa stagione (e
della storia del cinema), il "Titanic" di James Cameron, ma che
per tutto il periodo non ha fatto altro che rivendicare la sua estraneità
alla logica della "fabbrica delle stelle". Festival anticonformista,
ingiustamente snobbato dai mezzi di comunicazione di massa troppo concentrati,
come ogni anno, a prepararsi per puntare i riflettori sul lido di Venezia,
poliedrico e amorfo come da sempre è il suo (sembra per l'ultimo
anno) direttore. E, nel calare il sipario, "Hollywood brucia"
non rinuncia all'ultima bordata verso il pubblico, proseguendo per un buon
quarto d'ora dopo i titoli di coda, sbeffeggiando chi si alza subito dalla
poltrona. Come era successo in "Wild things", altro film presente
a questo festival, facendoci così recedere dall'idea che possa essersi
trattato di un semplice caso. Peccato che non abbia avuto la possibilità
di vederlo nel teatro greco, questo film. E peccato che davvero pochi riusciranno
a vederlo: a Bologna lo han già smontato dopo soli tre giorni di
programmazione, e temo che nelle altre città italiane la situazione
non sia poi diversa. Sembra un'altra beffa da Alan Smithee e invece è
la solita implacabile logica del botteghino.
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