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The addiction Anno: 1994 Regista: Abel Ferrara; Autore Recensione: l.a. Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 22-02-1998
The Addiction, di Abel Ferrara. Sceneggiatura, Nicolas St.
John. Con Lili Taylor, Christopher Walken, Annabella Sciorra, Edie
Falco, Paul Calderon, Fredro Starr. Usa, 1994.
"The Addiction" è una sorta di manifesto del cinema del duo
Ferrara-St.John (regista e sceneggiatore): un cinema di confine,
sempre più distante dai generi, sempre maggiormente proiettato
verso una complessa dimensione cerebrale nei cui labirinti esiste
soltanto la guida incerta di un personaggio principale disperato e
spaesato. Come "The Funeral" (Fratelli) probabilmente ha deluso i
puristi del gangster-movie (perché eccessivamente spogliato,
essenzializzato, ridotto al suo nucleo tragico); così "The
Addiction" difficilmente soddisferà gli amanti dell'horror. La
vicenda della studentessa di filosofia Lili Taylor che, morsa dalla
vampira Annabella Sciorra, si trasforma a sua volta in una creatura
della notte, solo relativamente è riconducibile al filone
orrorifico: di quest'ultimo non resta che un pallido riflesso a
livello iconografico e formale (espliciti i riferimenti a Murnau e
Dreyer nelle sofisticate architetture visive, nel ricercato gioco di
luci ed ombre di sapore espressionista, nell'elegante e pieno
sfruttamento delle potenzialità del bianco-nero). Ferrara e
St.John rileggono la figura del vampiro in chiave metaforica per
affrontare il problema della dipendenza dalla droga... Ma questo
è solo un primo livello: la metafora risulta presto sporca,
inquinata, in quanto svelata; al piano simbolico se ne affianca un
secondo, esplicitamente legato alla narrazione, che ne scopre le
valenze ed i significati: la vampira inizia a dipendere sia dal
sangue che dagli stupefacenti, e la metafora sembra perdere di
efficacia e di senso. Non si tratta tuttavia di una ingenuità
degli autori, o di un errore per eccesso di furore
didascalico-edificante; al contrario, mostrando il meccanismo (in un
certo senso, scardinandolo) riescono a liberarsene, permettendo al
discorso di ampliarsi... Ferrara & St.John partono da un problema
specifico, una determinata manifestazione del Male e dei suoi
meccanismi, per poi tentare, induttivamente, di rintracciarne
ingranaggi e sistemi più ampi seguendo il percorso del
personaggio protagonista. Percorso che, come nelle opere precedenti,
costituisce una sorta di via crucis autolesionistica: una estrema
ricerca di una qualsivoglia forma di redenzione, che implica
l'innalzamento del tasso di abbrutimento attraverso la
sperimentazione del male in ogni forma, nella speranza di un
martirio. Ecco ritornare le tematiche che esplicitamente saranno il
nucleo del successivo "The Funeral", ma che circolano più o
meno sotterraneamente in tutto il cinema del regista: il peccato come
colpa e soprattutto condanna, impurità che resta in circolo,
impossibile a riassorbirsi; l'apparente inaccettabilità del
concetto di libero arbitrio, e la conseguente affermazione del
determinismo; la dipendenza come elemento costitutivo della natura
dell'organismo, la debolezza come propensione al male... "La Storia
non esiste. Tutto ciò che siamo è eternamente con Noi.
La domanda che dobbiamo porci, quindi, è: Che Cosa
Potrà Salvarci dalla Nostra Folle Propensione a Propagare il
Male in Cerchi Sempre Più Ampi?" Sfruttando appieno lo status
di laureanda in filosofia della protagonista, concedendole il massimo
dello spazio possibile grazie alla voce narrante, gli autori
radicalizzano la messa-in-discussione: gli interrogativi si
alimentano di storia, di filosofia, di cultura in blocco... spingendo
verso un cortocircuito totale. Ogni porta che viene aperta rivela la
fatiscenza che vi si nasconde: qui sta il vero orrore, nella mancanza
di argomentazioni contrarie - non resta che la fede, che è
l'antitesi del processo logico... e che risulta il punto di approdo
finale, estremo, della protagonista. Finalmente un esterno luminoso,
dopo un ininterrotto interno-notte; finalmente il silenzio, dopo un
soliloquio disperato.
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