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The Rainmaker - L'uomo della pioggia
Anno: 1997
Regista: Francis Ford Coppola;
Autore Recensione: Giampiero Frasca
Provenienza: USA; USA;
Data inserimento nel database: 11-02-1998


The Rainmaker - L'uomo della pioggia (John Grisham's The Rainmaker). Regia: Francis (Ford) Coppola. Dal romanzo di John Grisham. Adattamento: Michael Herr. Sceneggiatura: Francis Coppola. Fotografia: John Toll. Musica: Elmer Bernstein. Montaggio: Barry Malkin. Cast: Matt Damon (Rudy Baylor), Claire Danes (Kelly Riker), Jon Voight (Leo F. Drummond), Mary Kay Place (Dot Black), Mickey Rourke (Bruiser Stone), Danny DeVito (Deck Shiffler), Dean Stockwell (Judge Harvey Hale), Teresa Wright (Miss Birdie), Virginia Madsen (Jackie Lemancyzk), Andrew Shue (Cliff Riker), Red West (Buddy Black), Johnny Whitworth (Donny Ray Black), Wayne Emmons (Prince Thomas), Adrian Roberts (Butch), Roy Scheider (Wilfred Keeley), Randy Travis (Billy Porter), Michael Girardin (Everett Lufkin), Randall King (Jack Underhall), Justin Ashforth (F. Franklin Donaldson), Michael Keys Hall (B. Bobby Shaw), Danny Glover (Judge Tyrone Kipler). Produzione: Constellation Films/Douglas/Reuther Productions/American Zoetrope. Usa, 1997. Dur.: 2h e 15'.

Coppola lascia da parte per un attimo i suoi vigneti pregiati e torna dietro la macchina da presa per narrare un ennesimo dramma giudiziario tratto da un romanzo di John Grisham. Dopo il deludente Jack (solo relativamente all'arte coppoliana), Coppola costruisce un intrigante racconto che esula un po' dal cliché del court-movie per il fatto che il centro emotivamente inteso della vicenda non è il tribunale con le sue arringhe piangenti (vedi JFK) o con gli interrogatori inchiodanti, ma il microcosmo dei rapporti interpersonali tra un giovane avvocato appena laureatosi (anche ne Il socio di Pollack, altro romanzo di Grisham, l'avvocato era un brillante neolaureato) e le persone che si trova a dover difendere dalle angherie di una grande (e corrotta, immancabilmente) compagnia di assicurazioni che non ha voluto saperne di pagare il suo debito verso un malato terminale che aveva assoluto bisogno di un intervento chirurgico. Rudy Baylor (Matt Damon, nuovo re Mida hollywoodiano, tra poco sugli schermi nel nuovo film di Van Sant Good Will Hunting, di cui è anche autore della sceneggiatura), il giovane avvocato, non ha ancora tutto il pelo sullo stomaco che ha il legale della compagnia di assicurazioni (interpretato da Jon Voight), non conosce addirittura alcune procedure processuali di base, ma ha al suo fianco il tondeggiante e grossolano Deck Shifflet (un grandioso Danny De Vito), che non ha la qualifica ma possiede una grande esperienza ed una scafatezza che non guarda in faccia a nessuno (stupenda, a questo proposito, la piccola scena in cui porge un suo biglietto da visita ad un ragazzino di colore con il braccio ingessato, promettendo alla madre: <<Mi telefoni, ci faremo dare tanti soldi...>>). Rudy Baylor proprio non ce la fa ad essere cinico e distaccato dalle vicende ingiuste che gli ruotano intorno: memore dei maltrattamenti subiti dalla madre per mano del marito, prende a cuore anche la vicenda di Kelly, una giovane donna ripetutamente pestata dal compagno, si innamora della ragazza fino al punto di ucciderne per legittima difesa il marito in uno dei suoi incontrollabili accesi d'ira. Kelly si autoaccusa dell'omicidio e a Rudy non rimane che difendere la ragazza. Gratis, naturalmente. Il giovane avvocato, così diverso dai suoi colleghi (addirittura diabolici secondo Taylor Hackford ne L'avvocato del diavolo) e così fuori dai canoni per poterlo esplicitamente e ripetutamente riconoscere durante lo svolgimento della pellicola, lega a sé, in un rapporto di amicizia e solidarietà, il giovane vittima della frode da parte della compagnia di assicurazioni, lo va a visitare anche quando non è rigidamente richiesto dal suo lavoro, lo porta in giro per lunghe passeggiate, costruisce un solido dialogo. Questi momenti acquistano la posizione di fulcro del racconto, al punto che quando verrà il momento dell'arringa finale di Rudy Baylor, prima del pronunciamento della giuria, egli lascerà all'evidenza di un filmato, in cui lo stesso ragazzo, ormai tristemente defunto, spiega la sua vicenda e le colpe della compagnia, il compito di rendere palpabile il dramma di un'intera famiglia, per una dialettica tra esterno (il mondo e le sue tristi realtà) ed interno (l'indifferenza dell'universo legale verso le profonde motivazioni ed il chiudersi in una dimensione cinica ed indifferente) che gli avvocati non sempre (quasi mai) comprendono. Ma chi si aspetta l'ennesimo lieto fine viene deluso: il giudizio della giuria è sì positivo per la famiglia del ragazzo, così gravemente danneggiata, ma il salato rimborso previsto non verrà mai corrisposto. Perché alla fine, inevitabilmente, gli interessi dei grandi colossi prevalgono sempre.