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New Rose Hotel
Anno: 1998
Regista: Abel Ferrara;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 09-09-1998


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New Rose Hotel
di Abel Ferrara
Con Asia Argento, Christopher Walken, Willem Dafoe

Visto 
a Venezia 98Abel Ferrara si cimenta con le visioni futuristiche di William Gibson, autore cyber-punk noto soprattutto per il romanzo "Neuromante". Nel futuro non lontanissimo di "New Rose Hotel" le multinazionali speculano su esperimenti genetici di dubbia etica e investono i loro capitali su validi scienziati senza grandi scrupoli. Scienziati che valgono tanto oro quanto pesano, tanto che due uomini, Fox (Christopher Walken) e "X" (Willem Dafoe) decidono di rapire uno dei più importanti, il giapponese Hiroshi. A tale scopo assoldano una ragazzina, Sandi (Asia Argento) che ha il compito di sedurlo e di fargli mollare famiglia e lavoro per seguirla. Ma molte cose in questo piano cominciano a non funzionare sin dall'inizio, quando uno dei due uomini, "X", incaricato di istruire la ragazza si innamora di lei in modo ossessivo e morboso. E Sandi, confermando una tendenza che sembra che si stia affermando sempre di più in certo cinema statunitense, si rivela presto molto meno sprovveduta ed ingenua di quanto sembri.

Il racconto di Gibson, breve, costruito per lo più in forma di monologo (è "X" che racconta in prima persona quello che accade, o meglio o quello che crede stia accadendo) non era certo facile da tradurre sullo schermo, e purtroppo a mio modo di vedere Ferrara non riesce nell'impresa: la storia si sfilaccia dopo appena mezz'ora dall'inizio, e la sensazione è che il regista, non sapendo più cosa raccontare né come raccontarlo, ci ripeta le stesse cose più e più volte. Le atmosfere dolenti, la fotografia splendida e suggestiva e l'indubbia bravura dei personaggi maschili (anche se Walken è ben lontano dal ritratto maledetto ritagliatogli in "The Addiction") non bastano ad elevare una pellicola appena un gradino sopra alla mediocrità. Sarà che forse da Abel Ferrara mi aspettavo qualcosa di più, o forse è proprio lui che ci ha abituato a ben di meglio. Peccato.