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L'avvocato del diavolo - The devil's advocate Anno: 1997 Regista: Taylor Hackford; Autore Recensione: Andrea Caramanna Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 19-01-1998
Se accettiamo la tesi di
Hackford e cioè che il mondo è diviso tra Bene
e Male e che questa contrapposizione, questa lotta tra due
forze decida il destino dell'uomo, allora è probabile
che "L'avvocato del diavolo" possa esser gradito.
D'altra parte siamo fin troppo abituati nella nostra vita
quotidiana a scontrarci con oggetti e persone ambivalenti.
L'ambiguità, l'incertezza sono i tratti più
evidenti del mondo contemporaneo. Retro-cedere a dottrine
vecchie di millenni, a coreografie dantesche può
essere confortante se questo serve a rassicurarci
sull'inesplicabilità del mondo.
A parte questa premessa il film di Hackford vince sul
piano spettacolare, sulla elegante commistione di generi,
dal legal-thriller al fantasy-horror; sul ritmo, merito
della serrata sceneggiatura di Jonathan Lemkin e Tony
Gilroy, adattata dal romanzo di Andrew Neiderman; e
naturalmente sulla sapiente prestazione dei protagonisti:
primi fra tutti Al Pacino di cui non avevamo dubbi e Keanu
Reeves che guadagna punti su punti ad ogni sua apparizione
sullo schermo.
Fin dall'inizio Hackford gioca sulle espressioni degli
attori ed è efficace la prima disputa in tribunale
dove il molestatore di minorenni offre un'inquietante
smorfia mentre si tocca eccitato durante la deposizione
della piccola teste.
Il design del film, ad opera di Bruno Rubeo, è uno
dei più raffinati e affascinanti mai visti. Basti
ricordare la spettacolare sequenza sulla vetta del
grattacielo: le superfici d'acqua percorrono la sua cima per
raggiungere i bordi dove sprofondano nell'abisso, mentre i
due protagonisti si muovono quasi in bilico su alcune
passerelle vicini allo strapiombo suggerendo una formidabile
tensione. Tensione che si accumula con le orrende visioni di
Mary Ann, la cui malattia mentale coincide con la
capacità di vedere il diavolo ovunque si annidi. Il
maligno si insidia nella vita del giovane avvocato Kevin
Lomax e della moglie Mary Ann (Charlize Theron) e il maligno
regala lusso e denari. La sensualità dei corpi
è legata alle pratiche sessuali meno appropriate come
l'incesto e l'omosessualità, e sono questi gli spunti
vincenti del film, spunti incorrectness e lussuria
assolutamente seducenti. L'attrazione infernale è
fatta soprattutto di piacevoli tentazioni: oltre allo sfarzo
degli interni - vedi la casa di Belzebù-Milton -, il
lusso sfrenato degli abiti. Ma le vie dell'inferno sono
lastricate anche di magia nera, di corruzione, della
giurisprudenza dei grandi studi di avvocati. È da
lì che Milton controlla tutto e tutti; è da
lì che provengono i mali del mondo e il ventesimo
secolo, come ci spiega lo stesso Milton, è il trionfo
di Belzebù, mentre la Grande Mela Manhattan, la nuova
Sodoma e Gomorra, a sentire le profezie bibbiofile
della madre di Lomax, è diventata la succursale
dell'inferno.
Come si diceva, per quanto banale sia la tesi ed
altrettanto banale la sua trasposizione cinematografica,
Hackford è riuscito a confezionare un'opera che
trasuda inquietudine, che ha dei tratti disturbanti,
soprattutto quando la riflessione si sofferma sull'uomo. Un
uomo sempre più ossessionato dai sensi di colpa per
la sua vanità e ossessionato dall'inevitabile pena da
scontare che si traduce in ansie millenariste, irrazionali
paure da apocalisse dietro l'angolo.
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