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Kinshasa Kids
Anno: 2012
Regista: Marc-Henri Wajnberg;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Belgio;
Data inserimento nel database: 20-09-2012


“Sparisci, fai schifo!” La Repubblica Democratica del Congo nel 2011 aveva un reddito pro capite di USD 210, fra i più bassi del mondo. Ex colonia belga, il suo territorio è ricco d’importanti materie prima. Il paese fu uno dei più martoriati dell’Africa. Dittature, corruzione e tante guerre, di cui una fra Uganda e Ruanda combattuta nel territorio del Congo. Kinshasa è la capitale, con circa otto milioni di abitati è una delle principali metropoli del pianeta. Sovrappopolazione e miseria finiscono per intrecciarsi drammaticamente nelle strade della capitale. Le vittime predestinate della povertà e della superstizione sono i bambini: “I bambini stregoni sono la causa dei mali di Kinshasa.” Le miserabili strade sono infestate da migliaia di Shégué, i ragazzi di strada, cacciati da casa con la scusa di essere degli stregoni. Con un esorcismo di gruppo inizia il toccante film Kinshasa Kids di Marc-Henri Wajnberg. Mescolando animismo e cristianesimo, un sacerdote pratica un violento e sanguinario rito nei confronti di tanti giovanissimi. È una catena di montaggio spaventosa. Per evitare tanta barbarie, molti giovani preferiscono abbandonare la famiglia per fuggire e rifugiarsi nelle vie di Kinshasa. Qui si formano delle bande, dei gruppi di ragazzini, i quali tentano di sopravvivere e di proteggersi a vicenda. Con un linguaggio forzato, fra documentario e recitazione,ci sono raccontate le avventure di alcuni Shégué nella loro quotidiana sfida nelle catapecchie della capitale. I ragazzini litigano per il territorio, rubano, ingannano, ma durante la notte affettuosamente si abbracciano, per dormire all’aperto in mezzo a cumuli di sporcizia. Oppure si vestono e scimmiottano Michael Jackson nel tentativo di sognare, comunque, una vita migliore. Nonostante tutto, e nonostante la povertà diffusa, trovano sempre qualcosa da mangiare, eseguendo dei lavoretti o arrangiandosi. Il tono è a volte documentaristico. L’intervista a una madre, la quale si rivolge direttamente alla camera. Oppure il fermo della troupe da parte della polizia, non avevanoadeguati permessi. Il regista predilige il campo totale, perché può presentarel’intero mercato per rivelare la confusione e l’indigenza. Continuando in campo totale, si riporta lo stesso misero ambiente durante e dopo unatempesta di pioggia e vento. Le strade si trasformano in una palude, con tanta distruzione. Eppure non ci sono piagnistei, lagna o lamenti. La popolazione ha un proprio orgoglio, una propria volontà di vivere e di combattere, anche di fronte l’impossibile. Come la terribile corruzione, prevalentemente della polizia. Gli agenti taccheggiano, rubano e sono complici di ladri; un ragazzino alla domanda cosa vuole fare da grande, risponde con infantile verità:“Io voglio fare il poliziotto, così potrò rubare in pace.” In realtà una speranza nel film esiste. Il tono realistico fa apprezzare la pellicola, perché l’autore ci aggiunge una bella dose d’ironia, per controbilanciare. Nell’ufficio di polizia, mentre un agente chiede denaro per concedere un’autorizzazione, in bella mostra c’è la foto del presidente del Congo con sotto la scritta: TOLERANCE ZERO, creandonell’assurdo contrasto una bella dose di umorismo. Oppure, sempre i poliziotti bloccano una macchina. Vogliono multare il conducente perché ha gomme consumate, mentre nella stessa strada, nello stesso momento, sotto i loro occhi avviene di tutto. Aggiungerei un personaggio simpatico, un vecchio handicappato. Lui producein proprio, con dubbie sostanze, una specie di pomata ‘’viagra’’. Bisogna spalmarla sul pene per ottenere un’erezione potente. Con la sua carrozzina vende grosse quantità, ma poiché a dispetto della povertà, tutti hanno bisogno di afrodisiaci, finirà per essere saccheggiato. Oppure quando, come un miraggio, il poliziotto dirige il traffico ballando una strana danza. Però l’autore conferma: c’è una salvezza. I bambini lo sanno e hanno un’idea. La loro redenzione è la musica. In un finale travolgente, i ragazzini decidono di suonare, cantare e ballare. Organizzano un concerto, vogliono lavorare come artisti. Il ritmo è forsennato, la musica trascinante, sono tutti sul tetto di una casa ad ascoltare e ballareinsieme. Nonostante gli stenti, la miseria e un’aspettativa di campare fino a 51 anni, quei giovani conoscono il valore della vita, devono provarci, devono tentare. Eccoli suonare come forsennati, mentre il bambino vestito da Michael Jackson realizza il suo sogno ballando per tutti in controluce. La musica è liberazione. (Fonte Dipartimento dello Stato degli Stati Uniti www.state.gov per i dati sul reddito pro capite e l’aspettativa di vita)