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Jackie Brown Anno: 1997 Regista: Quentin Tarantino; Autore Recensione: Adriano Boano Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 01-04-1998
Jackie Brown
Jackie Brown
Operazione filologicamente perfetta: a partire dalla musica afro
tipicamente anni '70. Essa ci accompagna con quel ritmo soul,
piacevole ricettacolo di reminiscenze che il black power aveva
condizionato elettrizzando le sonorità, qui rese più
soft (quasi che il tempo passato stemperi anche le impuntature
delle esistenze balorde) fin dalla prima sequenza, nell'aeroporto,
quando Jackie è ripresa a mezzo busto di profilo con un
carrello che la inquadra senza mai cambiare il taglio, lasciandoci
scoprire il tempo trascorso attraverso la sua matura rotondità
o studiando l'espressione vissuta, per coprire lo spazio che ci
divide da riprese in tutto simili effettuate venticinque anni
fa. E che non si tratti di un caso si nota nei dettagli, come
la risposta di Jackie al citofono seguita dalla macchina da presa
con un'evoluzione fulminea allo scop di seguirla nella sua flessione
verso il basso, lei e i suoi capelli, di cui si indovina ancora
il ricordo di quando erano afro. Questa sollecitazione di memoria
è sintomo eloquente dell'atteggiamento di Tarantino: una
sorta di compendio di blaxploitation, con i suoi vezzi,
i vestiti, la musica, i colori, i ritmi, i luoghi, i tagli delle
inquadrature (le riprese dall'alto sugli shopping center o le
silhouette stagliate al buio nei frangenti di maggior tensione
tra deuteragonisti), a cui si aggiunge la patina di nostalgia
rivisitata non con il ripiegamento su se stessi da parte dei personaggi,
ma piuttosto sviluppando nuove possibilità di reinventare
la vita a quarantaquattro anni. Certo senza abbandonare la passione
per il vinile o la citazione retorica di un luogo tipico di quegli
anni: la vertigine della ripresa circolare per comunicare spaesamento
sgomento e insicurezza.
La firma poteva far pensare ad una rielaborazione aggiornata dello
stile cinematografico, contaminazioni da altri generi, intrusioni
di commenti registici; niente di tutto questo, Tarantino stupisce
perché immagina invece un aggiornamento di quei personaggi:
è come se saltasse i venticinque anni trascorsi e cercasse
di riempire quel vuoto, mettendo in scena l'evoluzione probabile
di quei personaggi, ma raccontati con i canoni che sovrintendevano
la produzione filmica dei film afroamericani di allora. I cinquantenni
raccontati con il loro linguaggio di quando erano giovani. Il
risultato è a tratti accattivante, spesso straniante, a
volte freddo. Ecco la bravura di Tarantino: riuscire a tenerci
in dubbio se questa sensazione di distacco sia voluta o se sia
indotta inevitabilmente dal fatto che ogni inquadratura è
calibrata per rievocare la maniera '70s: le cosce di Bridget Fonda
in primo piano a ritagliare una nuova forma di schermo costringendo
i due balordi trafficanti di armi a discutere incorniciati da
quelle gambe accavallate nel classico modo sexy di quel decennio
("Vuoi scopare ?" e la didascalia sardonica "tre
minuti dopo...", rimane la tristezza di chi è quasi
fuori, perché non più giovane), Ordell e De Niro
si presentano così come uno squarcio attraverso il quale
vediamo un mondo sepolto con la fine dei film di Van Peebles e
dei suoi compagni, ma anche con l'esaurimento di quelli di Russ
Meyer, con le eroine emancipate in ogni senso e che traevano linfa
anche dalle lotte di Angela Davis, qui evocate negli spot delle
ragazze (tra cui Demi Moore) che illustrano le doti delle armi.
Poco convincenti risultano i mostri sacri: De Niro e Keaton, probabilmente
meglio adatti a ruoli cameo nei film di Tarantino. Invece funzionano
benissimo le situazioni perché riprese in quel modo: un
classico l'inquadratura dall'interno del bagagliaio; lo sguardo
dell'avvocato, che condividiamo nel momento magico in cui la vede
per la prima volta; lo stipite a cui Pam si appoggia ad ascoltare
la musica dopo il carcere in piano americano, persa dietro allo
stesso ricordo inseguito per tutto il film ("Paura di invecchiare ?");
il momento in cui Ordell capisce chi lo ha fregato sul furgone
e la sua consapevolezza rimarcata dall'avvicinamento della mdp
a stringere sempre di più il primo piano, che è
già dettaglio.
Interessante che contemporaneamente Boogie Nights e Jackie Brown
vadano a saccheggiare l'immaginario di trent'anni fa e riescano
ad evocarlo così bene: che ci siano comunanze tra le due
epoche ?
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