Eyes wide shut. Stanley Kubrick. 1999. GB-U.S.A.
Attori: Tom
Cruise, Nicole Kidman, Sydney Pollack, Marie Richardson, Rade Serbedzija, Todd
Field, Vanessa Shaw
Durata: 159’
New York, festività natalizie.
Alice, ex gallerista, e William, medico, sono una felice coppia alto borghese
che vive a Manhattan con la piccola figlia di sette anni. Di ritorno da una
festa, durante la quale entrambi hanno danzato e parlato con ospiti attraenti e
sconosciuti, i due coniugi si confrontano sulla gelosia ed il rapporto di
coppia nel matrimonio. Alice confessa a suo marito di aver desiderato essere
posseduta da un ammiraglio conosciuto tempo addietro e la notizia sconvolge le
certezze di William. La sera seguente il medico è chiamato a constatare la
morte di un amico di famiglia e scopre che la figlia di questo è innamorata
perdutamente di lui. Di ritorno a casa, il medico s’imbatte prima in una mezza
avventura con una prostituta e poi finisce in un locale dove suona un suo ex
collega ai tempi dell’università. Qui il pianista lo mette al corrente di una
festa più che particolare nella quale tutti i partecipanti sono mascherati e
dove per accedere è necessaria una parola d’ordine. William, incuriosito,
decide di parteciparvi non ostante gli avvertimenti dell’amico. Affitta un
pastrano nero con cappuccio, una maschera ed uno smoking da un negozio
specializzato in costumi (e nel quale non manca l’incontro con la giovane
figlia del proprietario che si concede ad una coppia di asiatici) e riesce ad
intrufolarsi nella festa. Qui scopre un mondo massonico fatto di maschere e
bellissimi corpi femminili che dopo un rituale dal sapore satanico si concedono
ai piaceri della carne. Scoperta la sua presenza, una delle donne che
partecipava alla festa si concede in cambio di lui alle decisioni
dell’assemblea massonica. La mattina dopo William cerca di rintracciare l’amico
pianista ma senza esito perché quello è stato allontanato immediatamente dopo
la festa. Sfogliando un quotidiano poi scopre anche della morte di una giovane
miss per overdose e dopo aver controllato il cadavere all’obitorio riconosce il
lei la donna che si era concessa in cambio. Fa ritorno dunque alla villa dove
aveva partecipato la notte prima e qui un anziano ometto gli consegna un
secondo avvertimento (il primo gli era stato detto direttamente durante la
festa) per evitare che continui ad indagare. Tocca al suo amico, colui che
aveva organizzato la grande festa dove William aveva riconosciuto il suo amico
pianista, raccontargli al verità, perché anche lui era presente quella sera
quando William era stato scoperto. Di ritorno a casa, il dottore troverà sua
moglie a letto con, al fianco di lei, la maschera che aveva indossato. È
l’occasione per raccontare l’odissea alla moglie. Dopo i reciproci resoconti,
il loro matrimonio non sarà più lo stesso.
Ultima pellicola per Stanley
Kubrick, ancora una volta ispirata ad un testo letterario, Doppio sogno
(Traumnovelle) di Arthur Schnitzler, adattato in collaborazione con
Frederic Raphael alla moderna città di N.Y., dopo una gestazione quasi
trentennale. Uscito postumo, Eyes wide shut è sicuramente un lavoro
incompleto, nella fase di montaggio principalmente, ma anche nella
realizzazione stessa (in ben due scene interne è chiaramente visibile sul corpo
di Tom Cruise un riflesso bianco della m.d.p.). Forse uno dei film più
femminili del regista britannico (il primo fotogramma, inserito nei titoli di
testa, è per il corpo della Kindman, il corpo che lo sguardo cinematografico
osserva e che Bill, il marito, non guarda) che si affida a macchine da presa in
spalla per la maggior parte delle riprese e che non rinuncia a carrelli
circolari (perfetti) per realizzare le scene della festa massonica. Fedele alla
costruzione simmetrica delle sue trame, Kubrick questa volta introduce il tema
del doppio come elemento costante della narrazione, cercando spesso di ricavare
opposizioni ed ambiguità, soprattutto relative all’oggetto del guardare: quasi
tutti gli incontri sono doppi (avvengono cioè due volte), è la coppia la
protagonista vera della pellicola, l’uso degli specchi nel quale si riflettono
all’inizio del film i coniugi Harford... Questa parallela asimmetria, si
rispecchia soprattutto nei due personaggi, completamente cieco e stordito lo
sguardo di Bill, concreto e disilluso quello di sua moglie. Al tema principale
dell’ambiguità matrimoniale (dovere o piacere a confronto nelle contraddizioni
della morale) di origine freudiana, Kubrick affianca un discorso politico di
pesante critica alla società: è, infatti, un film che comunque trasuda
denaro nella sua impietosa descrizione dei rapporti di classe, di censo, di
potere, soprattutto sui poveri e sulle donne e sui loro corpi (il Morandini
2003). Efficace la recitazione degli attori (al tempo delle riprese ancora
marito e moglie): Kindman forse un po’ sopra le righe e Cruise fortunatamente
inespressivo, legato alla sua tessera di medico che egli mostra per farsi
riconoscere nell’ambiguo girone nel quale è disceso, egli somiglia al sogno,
di cui ha tutte le caratteristiche (Massimo Maisetti – Il sorriso di Dioniso).
Il titolo fa riferimento ad un’immagine freudiana che permette di vedere meglio
mantenendo gli occhi ben chiusi. I quadri nell'appartamento degli Harford
sono dipinti da Cristiane Kubrick moglie del regista e dalla figlia Katarina
Hobbs. Leon Vitali, assistente di Kubrick, è l’officiante con la cappa rossa
(il Mereghetti – Dizionario dei film 2000). La New York in cui gli attori
si muovono è naturalmente stata ricostruita negli studi a Pinewood, in Gran
Bretagna. Domanda la Kindman al marito nel finale “Sai qual è la cosa che
dobbiamo fare il prima possibile? Scopare!” forse come ultima separazione
tra l’atto pratico ed il prodotto della mente, e comunque l’ultima provocazione
laica di un maestro del cinema. La città di New York fu ricostruita interamente
negli studios di Londra.
Bucci Mario
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