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Big Fish Anno: 1997 Regista: Stefan Schwartz; Autore Recensione: Giampiero Frasca Provenienza: UK; Data inserimento nel database: 25-08-1998
L’arte di arrangiarsi in terra d’Albione
Big Fish
(Sweeping Fish)
regia:
Stefan Schwartz
sceneggiatura:
Stefan Schwartz, Richard Holmes
cast:
Dan Futterman, Stuard Townsend, Kate Beckinsale
durata:
1h e 40'
Gran Bretagna, 1997
Robin Hood degli anni Novanta,
tra giochi e sogni
L'arte di arrangiarsi in terra d'Albione.
Dylan e Jez sono due orfani. Si sono conosciuti cinque anni prima:
un flashback in color seppia ce li mostra durante il loro primo
incontro, mentre cercano di frodare un estemporaneo datore di
lavoro lanciando palline da tennis ricoperte di vernice contro
un enorme serbatoio da cui avrebbero dovuto cancellare le macchie
di ruggine. Truffa e gioco. Tutta la loro vita ruota attorno a
questi due poli. I due s'intendono ma sono diversissimi: uno è
dislessico ma ha una parlantina da principe del foro, l'altro
è un genio delle invenzioni anche se ha la faccia da scemo.
Nessuno dei due riesce a lavorare, ma non importa perché
l'unione fa la forza (e riesce ad accendere anche un neon a distanza).
Meglio se l'unione comprende anche una bella ragazza, la quale
all'inizio funge da inconsapevole segretaria di una truffa computeristica,
mentre poi arriva ad essere un vero e proprio deus ex machina,
togliendo svariate volte le castagne dal fuoco ai due, a volte
azzardati, sodali. Si reputano i "Robin Hood degli anni Novanta",
rubano ai ricchi per dare agli orfani, soltanto che gli orfani
sono loro ed hanno tutte le intenzioni di finanziarsi quella casa
monumentale che agognano sin dall'infanzia (mostrata in un altro
flashback che funge da prologo alla pellicola, dove, sempre con
colori virati, sono raffigurati, in due differenti situazioni,
Jez e Dylan che fanno di tutto per costruire le premesse del loro
obiettivo). E così, truffando divertendosi, i due piazzano
computer senza tastiera che rispondono alla voce dell'utente,
installano pannelli isolanti fantasma ad una intera strada di
villette a schiera inventandosi ordinazioni mai avvenute, brevettano
millantando lampade che paiono accendersi dal nulla, vincono gare
ippiche truccando il peso del fantino. E per una buona parte del
film riescono a divertire anche il pubblico con le loro trovate
sempre un po' naïf ed avventurose, poi il gioco si fa scoperto
e la tranquilla commediola inglese diverte un po' meno, i passaggi
narrativi si fanno sempre meno chiari (o comunque richiedono inferenze
notevoli da parte dello spettatore, cosa non sempre possibile
e consigliabile nei territori della commedia leggera), il finale
pare un po' affrettato (ed affettato). Un film che vive dei volti
e delle parole dei suoi personaggi, dei loro sogni ed aspirazioni,
dei loro desideri inappagati e delle loro incredibili sfortune:
se si limitasse ai semplici rapporti tra le figure che abitano
l'intreccio, la valutazione sarebbe positiva; purtroppo la sceneggiatura
scritta dallo stesso regista Stefan Schwartz e da Richard Holmes
è farraginosa in molti punti, cosi che, quando al termine
del film la coppia di truffatori riesce a vedere coronato il suo
sogno di avere una casa (ed una famiglia, per contiguità),
i più sollevati sono gli spettatori.
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