Il
fiore del male. Claude Chabrol. 2003. FRANCIA.
Attori: Benoit Magimel,
Nathalie Baye, Suzanne Flon
Durata: 104’
Titolo originale: Le
fluer du mal
Di ritorno da un viaggio fatto
negli Stati uniti, Françoise si ricongiunge con tutta la famiglia. Dopo tre
anni passati lontano da casa, finalmente rivede Michèlle, giovane parente della
quale è sempre stato innamorato. I loro genitori sono sposati, in seconde
nozze: Anne, la madre di lei, è candidata per le elezioni comunali di Bordeaux
e rischia di essere eletta alla carica di sindaco; Gerard, padre di lui, è
invece un medico con il vizio di tutti i viveur. Elemento di continuità tra le
due famiglie è l’anziana zia Line, il cui passato (lei aveva ucciso il padre
collaborazionista) è riesumato da un’avversa campagna delatoria nei confronti
di tutta la famiglia Charpin-Vasseur, con l’obiettivo di stroncare l’elezione
di Anne. I sospetti ricadono su Gerard, contrario alla carriera politica della
moglie. Sarà proprio questo invece, ad essere ucciso dopo che avrà provato a
sedurre la giovane Michelle.
Elegante, quieto, politico e
freddo. Il nuovo lavoro del regista francese è lento come il tempo che non
trascorre mai. Ancora una volta, una famiglia borghese è il miglior pretesto
per raccontare della Francia (una famiglia a circuito chiuso), senza
dimenticare l’esperienza collaborazionista, ma impastandola nel moderno gioco
della politica (la necessità di calcare la mano è aumentata dopo gli
avvenimenti elettorali che hanno portato l’estrema destra di Le Pen al ballottaggio
con il centro destra di Chirac). Uno splendido e lentissimo carrello
c’introduce sulla scena del delitto, senza che questo possa avere a che fare
con la trama (almeno in maniera diretta). È un gioco quello di Chabrol, che con
il cadavere in apertura scherza con lo spettatore creando suspence dove nessuno
immaginerebbe che possa nascere. La morte farà ritorno verso la fine, quasi
improvvisa, anche se ne è detto per oltre metà dell’intero film. Esteticamente
bello, rivela uno spessore notevole (i giovani con l’anziana zia, a braccetto,
metafora di tre generazioni unite, l’assenza del tempo) ed un impegno che solo
poche volte Chabrol ha abbandonato o ridimensionato. Molto brave Suzanne Flon e
Nathalie Baye ad entrare in perfetta sintonia con uno dei più hitchcockiani tra
i prodotti francesi degli ultimi anni. Ancora una volta, Chabrol non si
allontana dal passato, ma lo fa rivivere attraverso il suo punto più forte, la
costanza del tempo. In realtà però, purtroppo, pur apprezzando il lavoro del
maestro della Nouvelle Vauge, ho dovuto lottare contro il sonno perché l’ho
visto all’ultimo spettacolo in un cinema scomodo.
Bucci Mario
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