Il
lungo addio. Robert
Altman. 1973. USA.
Attori: Elliott Gould, Nina Van
Pallandt, Sterling Hayden, Mark Rydell, Henry Gibson, Jim Bouton, David Arkin
Durata: 112’
Titolo
originale: The
long goodbye
Il solitario detective privato
Philip Marlowe al rientro a casa, nel cuore della notte, ritrova Terry Lennox,
un amico di vecchia data che gli domanda di essere accompagnato all’aeroporto
dove lo attende un volo per Tijuana. La mattina dopo piombano nel suo
appartamento due poliziotti a fargli domande e Marlowe, dopo essersi rifiutato
di rispondere, è condotto alla centrale di polizia. Qui lo mettono al corrente
che Lennox è ricercato per l’omicidio della moglie. Marlowe, che continua a non
voler collaborare, è rilasciato dopo tre giorni quando la polizia apprende che
Lennox, in Messico, si è tolto la vita lasciando una confessione circa
l’omicidio della moglie. Marlowe non è convinto, e nel frattempo accetta un
caso propostogli dalla signora Wade. Questa, moglie di un ricco scrittore
alcolizzato, lo assume per trovare suo marito scomparso da cinque giorni.
Marlowe lo rintraccia nella clinica privata del dottor Veringer e riesce a
riportarlo a casa dalla moglie. Quella notte stessa, un boss della malavita,
assieme ai suoi scagnozzi, va a far visita al detective privato per domandargli
che fine hanno fatto 350.000$ che Lennox gli doveva e che, secondo lui, Marlowe
sa dove si trovano. Dopo essere stato da questi minacciato, Marlowe li insegue
e nota che Martin Augustine, il boss, va a far visita anche a casa dei Wade. La
mattina dopo Marlowe prima passa a casa dei Wade per sincerarsi delle
condizioni dello scrittore, e poi, di ritorno a casa, trova nella casetta della
posta un biglietto da 5000$ che Lennox gli ha inviato dal Messico prima di
morire. La mattina dopo Marlowe ritorna nella casa dei Wade dove si sta tenendo
un party sulla piaggia. Arriva alla festa anche il dottor Veringer il quale
scatena una scenata con lo scrittore per la parcella non saldata durante i
giorni trascorsi nella sua clinica. Sconvolto, l’uomo continua a bere e poco
dopo, quando ormai è calato il buio, Marlowe e la moglie lo vedono lanciarsi
fra le onde del mare. Lo scrittore si è suicidato. In presenza della polizia
Marlowe riesce a far confessare la signora Wade che forse è stato proprio suo
marito ad uccidere la moglie di Lennox. Torna così, il giorno dopo, a far
visita ad Augustine ma questo ancora crede che il detective sia implicato con
la sparizione dei suoi soldi, fino a che ad un certo punto i suoi uomini non lo
mettono al corrente di aver ricevuto una valigia con il denaro che era sparito.
Lasciato libero, Marlowe in strada riconosce la signora Wade e tentando di
inseguirla è investito da un’automobile e finisce per tre giorni in ospedale.
Ancora meno convinto di quanto sia accaduto, ritorna in Messico per la seconda
volta, a Tijuana, ed utilizzando il biglietto da 5000$ di Lennox, corrompe un
funzionario dal quale riesce a sapere che proprio egli aveva aiutato il signor
Lennox ad inscenare la propria morte. Trovato l’amico, beatamente felice in una
villa di Tijuana, lo accusa di aver ucciso la moglie per prenderne l’eredità e
di essere d’accordo con la signora Wade. Marlowe lo uccide ed allontanandosi
dalla villa nota una jeep arrivare, sulla quale si trova proprio la moglie
dello scrittore suicida.
Tratto dall’omonimo romanzo del
grande scrittore noir Raymond Chandler, pubblicato nel 1954, Robert Altman
cerca di trarne una rivisitazione che sebbene lasci per strada diversi
meccanismi della trama originale, affronta comunque senza riserve i tratti
fondamentali di quel lato decadente della società americana alla quale il
regista è sempre stato affezionato (scrittori alcolizzati, tradimenti, suicidi
inscenati, collusioni tra malavita e vita alto borghese). Sceneggiato da Leigh
Brackett, che aveva già collaborato a Il grande sonno (1946) di Howard
Hawks, il film perde almeno un paio di elementi importanti del testo: un dato
che manca è quello che Lennox era un uomo che Marlowe incontrava al bar, un
amico di bevute ed al quale mostrava una fedeltà innaturale, riconoscendo il
senso dell’amicizia come qualcosa che è dettata dall’istinto. Soprattutto il
finale, infine, è quello che più di tutti risente la differenza con il testo,
perché Marlowe non uccide Lennox ma anzi si fa un’ultima bevuta in sua
compagnia, facendogli capire comunque di non aver apprezzato il gesto
dell’uomo, mentre nella pellicola decide di ucciderlo (anche il suicidio dello
scrittore è differente e molto più complesso nel testo che nella pellicola).
Rispettata invece è la sagoma del detective, in questa ottava rappresentazione
del personaggio di Chandler sul grande schermo, un uomo con la battuta pronta,
sbruffone e sornione, uno che incassa e sa come farlo, ma che sa anche arrivare
alla conclusione di un caso. Perfetto quindi il lavoro di E. Gould, sicuramente
diverso da Cary Grant, uomo al quale Chandler pensava quando scriveva il suo
Marlowe (il Morandini 2003 – Dizionario dei film). Sempre con una sigaretta
stretta fra le labbra, il personaggio di Marlowe è anche un omaggio
crepuscolare al cinema classico americano, rappresentato dalla figura del
custode che imita gli attori che hanno fatto la storia del cinema
hollywoodiano. Crepuscolare, il Marlowe di Altman è un uomo al quale tutto cade
addosso e che però riesce, nel finale, ad emergere ed alzare la testa. Più
grottesco di quanto appare nelle pagine di Chandler, il registro di Altman
rimane comunque sotto controllo anche nelle scene più assurde, come quella in
cui il boss si spoglia per mettere a nudo la sua verità, o nelle sfuriate dello
scrittore, particolarmente somigliante ad un Hemingway con qualcosa di
mefistofelico. Il modo di girare di Altman è assolutamente perfetto, la m.d.p.
non è mai ferma, avvolge ed accarezza ogni volto, dialogo, paesaggio,
supportato dall’ottimo montaggio di Lou Lombardo e dalla fotografia di Vilmos
Zsigmond (panavision e technicolor). Stupenda, a proposito del lavoro del
fotografo, l’inquadratura della coppia Wade che litiga dietro i vetri della
casa, e l’immagine di Marlowe sulla spiaggia che si riflette sui loro corpi.
Colonna sonora a tema, quasi fuori stagione viste le ambientazioni più moderne
scelte per rappresentare la storia, composta da John Williams e fra le quali
scelte c’è anche la canzone The long goodbye di J. T. Williams e J.
Mercer. Camei per Arnold Schwarzenegger, con tanto di baffi siciliani, nei
panni di uno degli uomini di Augustine, e per David Carradine, in carcere. “Penso
che Marlowe sia morto … Penso che sia un addio a quel genere, un genere che
credo non possa più essere accettabile. C’è inoltre tutta una serie di lunghi
addii personali: al fare un film a Hollywood e su Hollywood e su quel tipo di
film. Dubito che farò ancora qualcosa del genere” dice lo stesso regista circa
la pellicola (Dizionario del cinema americano – Di Giammatteo). Dice Lennox
nel finale “Il solito Marlowe, non imparerai mai, perdi sempre…” “Sì, ma non
questa volta” gli tiene testa il detective, sparandogli in petto. Il
perfetto canto del cigno del rappresentante di un genere che cede il passo.
Bucci Mario
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