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Il lungo addio - The long goodbye
Anno: 1973
Regista: Robert Altman;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 02-12-2003


La grande guerra

Il lungo addio. Robert Altman. 1973. USA.

Attori: Elliott Gould, Nina Van Pallandt, Sterling Hayden, Mark Rydell, Henry Gibson, Jim Bouton, David Arkin

Durata: 112’

Titolo originale: The long goodbye

 

 

Il solitario detective privato Philip Marlowe al rientro a casa, nel cuore della notte, ritrova Terry Lennox, un amico di vecchia data che gli domanda di essere accompagnato all’aeroporto dove lo attende un volo per Tijuana. La mattina dopo piombano nel suo appartamento due poliziotti a fargli domande e Marlowe, dopo essersi rifiutato di rispondere, è condotto alla centrale di polizia. Qui lo mettono al corrente che Lennox è ricercato per l’omicidio della moglie. Marlowe, che continua a non voler collaborare, è rilasciato dopo tre giorni quando la polizia apprende che Lennox, in Messico, si è tolto la vita lasciando una confessione circa l’omicidio della moglie. Marlowe non è convinto, e nel frattempo accetta un caso propostogli dalla signora Wade. Questa, moglie di un ricco scrittore alcolizzato, lo assume per trovare suo marito scomparso da cinque giorni. Marlowe lo rintraccia nella clinica privata del dottor Veringer e riesce a riportarlo a casa dalla moglie. Quella notte stessa, un boss della malavita, assieme ai suoi scagnozzi, va a far visita al detective privato per domandargli che fine hanno fatto 350.000$ che Lennox gli doveva e che, secondo lui, Marlowe sa dove si trovano. Dopo essere stato da questi minacciato, Marlowe li insegue e nota che Martin Augustine, il boss, va a far visita anche a casa dei Wade. La mattina dopo Marlowe prima passa a casa dei Wade per sincerarsi delle condizioni dello scrittore, e poi, di ritorno a casa, trova nella casetta della posta un biglietto da 5000$ che Lennox gli ha inviato dal Messico prima di morire. La mattina dopo Marlowe ritorna nella casa dei Wade dove si sta tenendo un party sulla piaggia. Arriva alla festa anche il dottor Veringer il quale scatena una scenata con lo scrittore per la parcella non saldata durante i giorni trascorsi nella sua clinica. Sconvolto, l’uomo continua a bere e poco dopo, quando ormai è calato il buio, Marlowe e la moglie lo vedono lanciarsi fra le onde del mare. Lo scrittore si è suicidato. In presenza della polizia Marlowe riesce a far confessare la signora Wade che forse è stato proprio suo marito ad uccidere la moglie di Lennox. Torna così, il giorno dopo, a far visita ad Augustine ma questo ancora crede che il detective sia implicato con la sparizione dei suoi soldi, fino a che ad un certo punto i suoi uomini non lo mettono al corrente di aver ricevuto una valigia con il denaro che era sparito. Lasciato libero, Marlowe in strada riconosce la signora Wade e tentando di inseguirla è investito da un’automobile e finisce per tre giorni in ospedale. Ancora meno convinto di quanto sia accaduto, ritorna in Messico per la seconda volta, a Tijuana, ed utilizzando il biglietto da 5000$ di Lennox, corrompe un funzionario dal quale riesce a sapere che proprio egli aveva aiutato il signor Lennox ad inscenare la propria morte. Trovato l’amico, beatamente felice in una villa di Tijuana, lo accusa di aver ucciso la moglie per prenderne l’eredità e di essere d’accordo con la signora Wade. Marlowe lo uccide ed allontanandosi dalla villa nota una jeep arrivare, sulla quale si trova proprio la moglie dello scrittore suicida.

Tratto dall’omonimo romanzo del grande scrittore noir Raymond Chandler, pubblicato nel 1954, Robert Altman cerca di trarne una rivisitazione che sebbene lasci per strada diversi meccanismi della trama originale, affronta comunque senza riserve i tratti fondamentali di quel lato decadente della società americana alla quale il regista è sempre stato affezionato (scrittori alcolizzati, tradimenti, suicidi inscenati, collusioni tra malavita e vita alto borghese). Sceneggiato da Leigh Brackett, che aveva già collaborato a Il grande sonno (1946) di Howard Hawks, il film perde almeno un paio di elementi importanti del testo: un dato che manca è quello che Lennox era un uomo che Marlowe incontrava al bar, un amico di bevute ed al quale mostrava una fedeltà innaturale, riconoscendo il senso dell’amicizia come qualcosa che è dettata dall’istinto. Soprattutto il finale, infine, è quello che più di tutti risente la differenza con il testo, perché Marlowe non uccide Lennox ma anzi si fa un’ultima bevuta in sua compagnia, facendogli capire comunque di non aver apprezzato il gesto dell’uomo, mentre nella pellicola decide di ucciderlo (anche il suicidio dello scrittore è differente e molto più complesso nel testo che nella pellicola). Rispettata invece è la sagoma del detective, in questa ottava rappresentazione del personaggio di Chandler sul grande schermo, un uomo con la battuta pronta, sbruffone e sornione, uno che incassa e sa come farlo, ma che sa anche arrivare alla conclusione di un caso. Perfetto quindi il lavoro di E. Gould, sicuramente diverso da Cary Grant, uomo al quale Chandler pensava quando scriveva il suo Marlowe (il Morandini 2003 – Dizionario dei film). Sempre con una sigaretta stretta fra le labbra, il personaggio di Marlowe è anche un omaggio crepuscolare al cinema classico americano, rappresentato dalla figura del custode che imita gli attori che hanno fatto la storia del cinema hollywoodiano. Crepuscolare, il Marlowe di Altman è un uomo al quale tutto cade addosso e che però riesce, nel finale, ad emergere ed alzare la testa. Più grottesco di quanto appare nelle pagine di Chandler, il registro di Altman rimane comunque sotto controllo anche nelle scene più assurde, come quella in cui il boss si spoglia per mettere a nudo la sua verità, o nelle sfuriate dello scrittore, particolarmente somigliante ad un Hemingway con qualcosa di mefistofelico. Il modo di girare di Altman è assolutamente perfetto, la m.d.p. non è mai ferma, avvolge ed accarezza ogni volto, dialogo, paesaggio, supportato dall’ottimo montaggio di Lou Lombardo e dalla fotografia di Vilmos Zsigmond (panavision e technicolor). Stupenda, a proposito del lavoro del fotografo, l’inquadratura della coppia Wade che litiga dietro i vetri della casa, e l’immagine di Marlowe sulla spiaggia che si riflette sui loro corpi. Colonna sonora a tema, quasi fuori stagione viste le ambientazioni più moderne scelte per rappresentare la storia, composta da John Williams e fra le quali scelte c’è anche la canzone The long goodbye di J. T. Williams e J. Mercer. Camei per Arnold Schwarzenegger, con tanto di baffi siciliani, nei panni di uno degli uomini di Augustine, e per David Carradine, in carcere. “Penso che Marlowe sia morto … Penso che sia un addio a quel genere, un genere che credo non possa più essere accettabile. C’è inoltre tutta una serie di lunghi addii personali: al fare un film a Hollywood e su Hollywood e su quel tipo di film. Dubito che farò ancora qualcosa del genere” dice lo stesso regista circa la pellicola (Dizionario del cinema americano – Di Giammatteo). Dice Lennox nel finale “Il solito Marlowe, non imparerai mai, perdi sempre…” “Sì, ma non questa volta” gli tiene testa il detective, sparandogli in petto. Il perfetto canto del cigno del rappresentante di un genere che cede il passo.

 

 

Bucci Mario

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