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Um filme falado - Un film parlato
Anno: 2003
Regista: Manoel De Oliveira;
Autore Recensione: Andrea Caramanna-
Provenienza: Portogallo;
Data inserimento nel database: 03-09-2003


Um filme falado
Visto a Venezia 2003
Visto a Venezia 2003

Um filme falado
Regia: Manoel de Oliveira
Soggetto e sceneggiatura: Manoel de Oliveira
Fotografia: Emmanuel Machuel
Scenografia: Zé Branco
Montaggio: Valérie Loiseleux
Suono: Philippe Morel
Costumi: Isabel Branco
Interpreti: Leonor Silveira, John Malkovich, Catherine Deneuve, Stefania Sandrelli, Irene Papas, Filipa de Almeida, Luis Miguel Cintra
Produttore: Paulo Branco
Coproduzione: Madragoa Filmes, Gemini Films, Mikado Film, France 2 Cinéma
Anno di produzione: 2003
Durata: 96’
Formato: 35 mm (1:1.66), colore
Sonoro Dolby Digital
Versione originale portoghese/francese/italiano
Concorso

Il viaggio per Manoel De Oliveira è tanto una scoperta di luoghi, leggende, storie, quanto una riscoperta, un ritorno a casa. Una donna che parte insieme alla figlia per ricongiungersi al marito. Una famiglia "nuova"che si riunisce attorno a un tavolo per parlare, il passaggio penetrante attraverso i segni della Storia e degli eventi presenti e passati che disegneranno il futuro. Quindi, da una parte, il tempo di un'attesa che comprende la riflessione acuta del passato, dall'altra la percezione sempre più perturbante di un ordine immobile delle cose (tutte le civiltà nascono e muoiono). Il principio e la fine sono scritti nella loro ineluttabilità. I segni delle civiltà appaiono come il tentativo inutile di rallentare la fine. In modo beffardo quei segni, i teatri, i templi, le statue sopravvivono alle storie. Anzi ci dicono chiaramente che la loro presenza è solo fantasmatica. Sono il segno terrificante di tutto quello che non c'è più. Non a caso nelle guide (come quella di Pompei) che ricostruiscono gli edifici, nella simulazione che li riporta al loro antico splendore, sentiamo il senso della rovina, oppure dell'improvvisa disgrazia, la calamità naturale, che indica la fine di un tempo che sembrava infinito, come le mummificazioni egiziane volevano fare con l'organismo avverso la putrefazione della carne.
Le civiltà mediterranee sono fieramente al centro del film nella loro più che estrema caducità. Le lingue entrano in gioco come prova dei capricci di un Caso insondabile. La lingua greca che ha fondato tutte le altre lingue ed è stata riferimento e culla di tutte le altre civiltà mediterranee è scomparsa, si parla oggi solo in Grecia. Lo sguardo di De Oliveira percorre a ritroso l'"epopea" delle civiltà e non casualmente da occidente ad oriente, per incontrare infine il senso schietto della contemporaneità. Quando al tavolo del capitano si siedono tre donne colte, capaci di comprendere almeno tre lingue diverse, la dimensione multiculturale e poliglotta va dritta contro l'ottusità di tutte le unioni: Stati Uniti, Unione Europea ecc. De Oliveira in modo beffardo conduce lo sguardo lungo una consapevolezza sempre più matura del Tempo e dello Spazio. Lo spazio dove "riposano" inerti i monumenti, il Tempo della Storia (orale) che costruisce miti e leggende. Il senso schietto del film parlato è dunque la necessità di una moltiplicazione delle parole. Il pericolo, dall'altra parte, della perdita di immaginari risiede in un impoverimento delle parole. Um filme faldo è una tesi sulla inscindibilità di pensiero parola ed immagini. Sono elementi che devono funzionare in simbiosi in un processo di scambio continuo. Solo così è possibile il processo creativo del sogno, ma anche della speranza di una civiltà illuminata che non segua il fascino oscuro delle semplificazioni/omologazioni. La comunicazione tra lingue è possibile solo attraverso l'incontro sincretico di culture diverse. L'integralismo invece serpeggia di fronte alle "parole ed utopie", è pronto ad esplodere terrificando i sogni di felicità.