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Raja
Anno: 2003
Regista: Jacques Doillon;
Autore Recensione: Andrea Caramanna-
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 30-08-2003


Raja
Visto a Venezia 2003
Visto a Venezia 2003

Raja
Regia: Jacques Doillon
Sceneggiatura: Hélène Louvart
Montaggio: Gladys Joujou
Suono: Brigitte Taillandier, Florent Lavallée
Musica: Philippe Sarde
Costumi: Emma Bellocq
Interpreti: Pascal Greggory, Najat Bessalem
Produttore: Margaret Menegoz
Coproduttori: Souâd Lamriki, Bénédicte Bellocq
Produzione: Les Films du Losange
Coproduzione: Agora Films
Distribuzione internazionale: Les Films du Losange
Origine: Francia, Marocco, 2003, 35 mm
Sezione: Concorso

L'incontro, lo scontro, frontali, brutali tra uomo e donna di razze diverse, di condizioni economiche diverse. Più crudamente: l'incontro tra colonizzatore e colonizzato. L'uomo padrone, la donna serva. Nella cultura araba, come in quella occidentale, francese. L'uomo ha il potere, la donna è sottomessa, partecipa agli eventi attraverso forme particolari della parola e delle azioni. Intorno al padrone della residenza ci sono due serve anziane, apparentemente molto vicine. A questo livello comprendiamo quanto la seduzione, la bellezza femminili possano essere uno strumento ulteriore per ottenere agevolazioni e servizi perfino dal padrone. Ma in quale modo? Quale pensiero organizza la relazione pericolosa? Come ne L'assedio di Bernardo Bertolucci il modo di combinare le visioni intorno al rapporto appare subito malsano, malato, da incomprensioni, scompensi, perversioni, giochi puerili, stizze, angosce, ossessioni, brame improvvise. Raja è un cinema scompensato, fratturato nel discorso. Poco credibile (gestibile) come immaginario. Restano tutti i turbamenti per i desideri delle vite in gioco. Raja è autentico deja vu come racconto, felicemente insubordinato nel suo abbandono alla deriva delle particolari condizioni di sopravvivenza. Quando alcuni dialoghi penetranti ci trascinano verso la necessità impellente, da una parte, di prostituirsi, scivoliamo direttamente nella visione pura/dolorosa di corpi che s'agitano per la felicità di un futuro possibile. Mentre il punto di vista di Fréderic è molto più sporco: avido di sé quanto di amore. Il desiderio di una storia candida non riuscirebbe a cancellare il senso di torbido della casa, dei segni del suo potere continuo sulla servitù, sul territorio della elegante, borghese, dimora. Un potere sussurrato, solo apparentemente gentile e solidale (verso gli altri). Una brama pronta a ghermir(e)si. Pronta a scattare e sgretolare la costruzione delicata, difficoltosa di una relazione autentica di parità. Questa sfida è spesso buffa, ridicola, tanto che molte sequenze girano a vuote su rituali, strumenti, azioni servili al putrido impulso del possesso e a tutte le regole "civili" per regolamentarlo.