NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


Sweet Sixteen
Anno: 2002
Regista: Ken Loach;
Autore Recensione: paola tarino
Provenienza: GB;
Data inserimento nel database: 26-02-2003


Sweet Sixteen

SWEET SIXTEEN

La locandina del film

Ma quale dolce compleanno?

Regia: Ken Loach - Sceneggiatura: Paul Laverty - Attori: Martin Compston - William Ruane - 
Ann Marie Fulton

- Usa/Gran Bretagna, 2002

Se piovevano pietre sulla generazione dei padri, destinati a fare i conti con la precarietà, la flessibilità e la disoccupazione, derivate da scelte economiche neo-liberiste post-thatcheriane, botte e percosse flagellano le schiene dei figli, a cui non viene concessa alcuna possibilità di riscatto o di liberazione dal microcosmo, in cui Ken Loach da sempre imprigiona i suoi personaggi, vittime condannate a restare ai margini di una società, che da tempo ha azzerato la solidarietà e la ricerca condivisa di un ideale per il quale valga la pena lottare.
Un film duro Sweet Sixteen, a dispetto del titolo che allude a una dolcezza di un sedicesimo compleanno, trascorso in realtà a fare i conti con una tragedia personale, adolescenziale e familiare, a cui fa da contraltare una fuga solitaria lungo una spiaggia desolata e inospitale ("La mia batteria è esaurita" dirà al cellulare alla sorella che gli sta ricordando che è un vero peccato che il suo compleanno debba finire così!).

La visita alla madre Michelle in carcere

Il ragazzino ha appena accoltellato il compagno della madre, uno spacciatore di droga, che si è fatto beffe del suo disperato tentativo di offrire alla genitrice, appena uscita dal carcere, un'esistenza normale, da consumarsi all'interno di un appartamento ottenuto grazie al denaro guadagnato tramite traffici illegali, un circolo vizioso che nasconde dietro l'apparenza di giovani pony-express, che consegnano pizze a domicilio insieme alle dosi di eroina, il desiderio di aver diritto a una vita accettabile, laddove non esiste più la famiglia, ormai disgregata o mai realizzata, e neppure la scuola rappresenta un modello a cui far riferimento.
I giovani della low class di Loach, quelli che abitano il sobborgo Greenock di Glasgow, non frequentano la scuola, vendono sigarette di contrabbando dall'età di sette anni e i loro padri, rimasti senza lavoro dopo la chiusura dei cantieri navali, sono costretti a sbarcare il lunario, scegliendo di ingrossare le fila degli spacciatori o dei morti per overdose. 

Liam e la sorella Chantal

Liam, il quindicenne che ha trascorso l'infanzia in un orfanotrofio assieme alla sorella Chantal (che qui recita la parte della ragazza madre, impegnata da un lato a crescere il figlioletto, lavorando in un call center, e dall'altro a far da paradigma del reale e da angelo custode al fratello, medicando le ferite che si procura durante le risse),  non ha mai avuto il privilegio di potersi rapportare ad un modello, pertanto gli risulta facile aderire a quello superficiale, di impronta piccolo borghese, che identifica nella carriera e nel possesso di beni materiali l'unica possibilità per emergere e per affrancarsi da un destino di emarginazione.
L'acquisto di una casa, da regalare alla madre appena uscita dalla detenzione, incarna il suo bisogno di costituire un focolare domestico mai avuto, un luogo caldo e tranquillo per ricominciare a vivere; al contempo la sua scelta di assecondare lo sfruttamento illecito di altri da sé per arricchirsi finisce con il ribaltare l'accezione socialista del lavoro, inteso come realizzazione di sé attraverso un servizio fornito alla comunità. Liam sperimenta la miseria nella fatica di "campare", evidenziata dal fatto che applica ad un mestiere riprovevole, lo spaccio di droga, gli stessi meccanismi e le stesse espressioni che etichettano un "lavoro vero". Forse la lezione del regista consiste nel farci capire che questa è la reale natura di qualsiasi tipo di lavoro, mai nobilitante.
L'amarezza del film consiste proprio nel descrivere una condizione lavorativa che, pur allontanandosi dal rispetto per se stessi, riconosce ed esalta la retorica della fatica per stimolare la volontà di far carriera di questo ragazzino, che ha come traguardi quegli stessi che popolano la fantasia di un lavoratore normale, il quale desidera una casa, una macchina, una televisione e al contempo la serenità familiare. "Più ne vendiamo [di eroina], più guadagniamo!" dirà ad un certo punto Liam all'amico Flipper a indicare la sua assenza di scrupoli a fronte di un profitto perseguito ciecamente. Non a caso il giovane inventa l'escamotage del motorino, camuffato da pony-express, per spacciare la droga, dimostrando astuzia e spirito d'iniziativa in perfetto stile imprenditoriale, messe al soldo del guadagno che potrà ricavare dalla vendita delle dosi.

Liam e Flipper

Il film registra anche il suo graduale passaggio dal rifiuto di fare il lacchè dei padroni (come gli farà notare Flipper che resterà coerente, ma solo perché tagliato fuori dal giro) alla sua perfetta integrazione nell'ingranaggio dello sfruttamento dei più deboli (allora potrà solo ridere alle battute del capo come un qualsiasi servo), per procurare merce che consentirà ad altri di stordirsi e di mettere fine a un'esistenza misera e senza alternative alla deriva.
Loach schiaccia pesantemente il personaggio al suo destino fatale, irrevocabile e senza appello e lo fa ricorrendo soprattutto agli stratagemmi del mestiere: l'uso del teleobiettivo riesce spesso a inglobare - quasi per caso - nell'inquadratura un dettaglio, apparentemente naturale, che finisce invece per assumere la cifra di particolare metaforico; viene ad esempio ripresa più volte una ciminiera, simbolo di un passato industriale, a ricordare come il lavoro, presente come memoria, abbia assunto connotati diversi, degradandosi nello smarrimento di valori sociali forti, quelli che erano capaci di cementare una comunità. Questa mancanza viene connotata dal regista come una vera perversione, in particolare quando Liam diventa addirittura disposto a sacrificare l'amico o a ucciderlo lui stesso, come richiesto, ricalcando una situazione che avevamo già visto nel film precedente (The Navigators), quando Mick è pronto a lasciar morire un compagno, pur di non abbandonare il precario lavoro interinale, conquistato con una sofferenza pari a quella che il ragazzo stavolta sperimenta fisicamente negli scontri con i pusher rivali.
Il cinema inglese di questi ultimi anni ci ha abituato ad assistere al degrado della classe operaia (risultato della politica perseguita dalla Thatcher), costretta a spogliarsi dei propri abiti su un palcoscenico in Full Monty o a vivere la disoccupazione con l'amarezza che deriva dal fatto di non poter più contare su un lavoro garantito (i film precedenti di Ken Loach): in questo caso non c'è neanche più una classe operaia e anche le sue peculiarità di riferimento sono state smarrite. Non esiste più alcun scrupolo, solidarietà, dignità, solo il profitto. Il fatto che sia un giovane a recitare questa parte è ancora più triste, come l'annotare che non potranno vedere se stessi sullo schermo i ragazzi di Glasgow e anche gli altri, perché la censura ne ha vietato la visione ai minori di 18 anni per via del linguaggio scurrile e soprattutto a causa di un insulto graffitato su un muro. Tutto questo è vergognoso.

In giro per Glasgow

Man mano prosegue nel suo corpus, Loach finisce con lo storicizzare la disoccupazione del lumpenproletariat, documentandola in tutti i suoi stadi: tre generazioni di senza lavoro. Il nonno è ridotto a fare il corriere della droga, nascondendo le dosi di cocaina nel canile, il compagno della madre è uno spacciatore, il padre di Flipper è morto per overdose, la madre è finita in carcere per traffico di stupefacenti, il figlio si dà al commercio organizzato, pulito nelle vene, ma solo per sfruttare meglio i suoi pari tossicodipendenti. Un vero inferno, senza via d'uscita.
Il regista non salva il ragazzo, ma nemmeno lo condanna: preferisce seguirne i percorsi erratici, per quanto sia fatale per Liam seguire il suo destino, a cui viene dato uno spessore emotivo, derivato dal fatto di essere comunque giovane, non innocente, ma realmente bisognoso di trovare punti di riferimento stabili nella propria esistenza.
La presenza di un coltello, come in Gangs of New York di Scorsese, sarà determinante: compare la prima volta quando glielo offre l'amico, ma Liam lo rifiuta, cerca di usarlo durante una prova, ma viene fermato, ritorna in scena quando Flipper si ferisce da solo, ma sarà impugnato solo per accoltellare l'amico della madre. Era inevitabile, l'arma doveva essere utilizzata e l'epilogo finisce con il diventare davvero fatale.
L'ultima opera del regista inglese assume così la valenza di un romanzo di formazione, che indaga il progressivo accentuarsi del disagio giovanile senza cedere alla retorica, né a false commozioni: cinema aderente al realtà, senza essere neorealista e nemmeno dogmatico. Non ci sono stavolta lezioni da imparare, l'autoreferenzialità del microcosmo filmato ha il sopravvento sul messaggio da cogliere e interiorizzare.

 

Se nella interpretazione fornita da Cacciari dell'Angelus Novus di Benjamin, l'unica possibilità di successo dell'afflato rivoluzionario insito nell'Angelo è iscrivere la propria rivoluzione all'interno della tradizione per ottenere il riscatto di tutti gli sfruttati di tutti i tempi - e dunque l'affrancamento si dà solo quando è espressione e fatto in nome di tutti -, allora Liam non può che fallire la propria ricerca di liberazione, perché compiuta solo per se stesso e su presupposti estranei alla propria tradizione in quanto rielaborata sul modello borghese (sul cui parallelo Loach insiste molto attraverso battute che usano gli stereotipi del carrierismo e del liberismo), a lui precluso per appartenenza, alieno e inadatto alla sua figura: una proiezione - falsa, derivante da un suo puro desiderio, che ai suoi occhi si compie, ma è frutto solo di una frustrazione infantile, dall'abbandono da lui scontato rifiutandone l'accettazione - di un mondo estraneo che lo destina al fallimento.