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ALL OR NOTHING
Anno: 2002
Regista: Mike Leigh;
Autore Recensione: Andrea Caramanna-
Provenienza: Regno Unito;
Data inserimento nel database: 17-07-2002


ALL OR NOTHING

All or nothing
Regia: Mike Leigh
Soggetto: Mike Leigh
Fotografia: Dick Pope
Montaggio: Lesley Walker
Musiche: Andrew Dickson
Scenografia: Tom Read
Costumi: Jacqueline Durran
Interpreti: Timothy Spall (Phil), Lesley Manville (Penny), Alison Garland (Rachel), James Corden (Rory), Ruth Sheen (Maureen), Marion Bailey (Carol), Paul Jesson, Sam Kelly, Kathryn Hunter Cécile, Helen Coker, Sally Hawkins
Produzione: Simon Channing-Williams, Pierre Edelman, Alain Sarde
Origine: Regno Unito – Francia, 2002, 128’, v.o. inglese, 35 mm
visto al Taormina FilmFest 2002

Qual è il cuore di questa commedia? L'incontro o meglio lo scontro all'interno del nucleo familiare, quando padre madre, figlio e figlia siedono distrattamente intorno allo stesso tavolo per pranzare, e qui ciascuno guarda in cagnesco l'altro, esprime sentimenti di indifferenza o diffidenza, al punto che un minimo inizio di conversazione fa scoppiare un putiferio di parolacce, di "fuck" che accompagnano tutte le parole e le frasi. Ma che vita è questa? Miserabile e crudele, ma così autentica nel dolore che comunica, forse al di là di una attendibile condizione sociale dei protagonisti. I personaggi di Leigh sembrano dipendere psicologicamente dal lavoro che fanno, dal livello di dignità che il lavoro comporta, però c'è anche una indicazione forte: la sostanziale precarietà economica, perché se anche tutti lavorano in questa famiglia ad eccezione del figlio, un obeso che pensa solo ad occupare il divano per guardare la televisione, una spesa straordinaria può pregiudicare il bilancio generale. Cosicché il padre va a chiedere degli spiccioli alla figlia e alla moglie dopo il gesto incauto di aver fatto il pieno di benzina alla automobile. Il sentimento di precarietà, di inferiorità rispetto al mondo è un sentimento prevalente, una soggezione faticosa, un peso che tutti sopportano con un silenzio attonito. Leigh mette in scena ancora uno psicodramma di attori sottolineando forse un po' troppo le espressioni e le caratteristiche facciali dei suoi interpreti, tanto che il finale ottimista ci presenta dei volti rifatti: lindi e luminosi, un effetto che comunica certamente una mutazione, una fiducia nel futuro tutta nuova, dopo il superamento di una grande prova della vita, l'infarto del figlio.


Conferenza stampa con Mike Leigh

Pensa che un romanzo sia un buon supporto come base per lavorare con gli attori?
Mike Leigh: No, non mi interessa lavorare con romanzi, il mio punto di partenza è sempre il contesto, naturalmente anch'io leggo molti romanzi ma non è qualcosa che mi tocca in particolare...

Lei rappresenta la solitudine degli abitanti dei sobborghi
Mike Leigh: I miei film non sono strettamente un ritratto della società inglese, ma un ritratto universale dei sentimenti umani, il film dice in fondo che siamo tutti soli.

Come ci spiega la condizione economica di povertà della famiglia rappresentata?
Mike Leigh: Non sono sull'orlo della miseria, il fatto è che il marito mette in questione anche la propria dignità. La storia riguarda non solo le condizioni economiche della Gran Bretagna, ma di tutto il mondo.

La relazione tra il suo lavoro teatrale e il suo lavoro cinematografico

Mike Leigh: Il mio primo amore è sempre stato il cinema, da quando volevo girare un film al funerale di mio nonno. Ho avuto un'educazione da attore, ho imparato a sviluppare le storie come in teatro, un procedimento molto meno costoso rispetto al cinema. Il mio lavoro cinematografico successivo negli anni settanta si è proprio basato sulle prove teatrali, allo stesso tempo posso dire che i mie lavori teatrali sono derivati dal cinema. Amo tutto ciò che riguarda il cinema, trovo invece il teatro isolato e molto claustrofobico, anche per questo da dieci anni non faccio più teatro.

Il suo rapporto anche umano con l'attore Timothy Spall.
Mike Leigh: Timothy è un grandissimo attore perché combina l'ironia della vita con una grande versatilità, è una star nel vero senso della parola, ma non ha pretese, è anche una persona che ha sofferto di una malattia molto seria e si è trovato in punto di morte, un'esperienza che gli ha dato moltissimo per il lavoro di attore, ha vissuto nel sud di Londra in appartamenti del tutto normali, condividiamo una grande passione per il lavoro di Dickens.

Con Career girls (Ragazze) era tornato a una dimensione più intimista
Mike Leigh: Mi piace cambiare la prospettiva pur occupandomi degli stessi temi che riguardano l'intimo dell'animo umano.

A quale film nuovo sta lavorando?
Mike Leigh: Non posso parlare del prossimo progetto, perché sono superstizioso, porta sfortuna...