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THE RECKONING
Anno: 2002
Regista: Paul McGuigan;
Autore Recensione: Andrea Caramanna-
Provenienza: Regno Unito;
Data inserimento nel database: 13-07-2002


THE RECKONING
The Reckoning
Regia: Paul McGuigan
Soggetto: Dal romanzo di Barry Unsworth
Sceneggiatura: Mark Mills
Fotografia: Peter Sova
Montaggio: Andrew Hulmer
Musiche: Mark Mancina
Scenografia: Julian Ashby, Jordi Yria Roca
Costumi: Yvonne Blake
Interpreti: Paul Bettany (Nicholas), Willem Dafoe (Martin), Simon McBurney (Stephen), Gina McKee (Sarah), Brian Cox (Tobias), Tom Hardy (Straw), Stuart Wells (Springer), Matthew MacFadyen (King's Justice), Luke de Woolfson (Daniel), Mark Benton (Sheriff), Tom Georgeson (Jack Flint), Hamish McColl (Innkeeper), Ewen Bremner (Simon Damiam), Teresa Berganza (Thomas Wells' mother), Rafa Izuzkiza (Thomas Wells' father), José Luis Martínez Gutiérrez (Man at play)
Produzione: Caroline Wood
Origine: Regno Unito, 2002, 107’, v.o. inglese, 35 mm
visto al Taormina BNL FilmFest 2002

Come film politico in costume ambientato nel Medioevo, in una Inghilterra dominata dal potere dei duchi, McGuigan descrive uno dei tanti modi di rivolta, quello della parola e della messa in scena. Il teatro dei saltimbanchi è in crisi perché con i soggetti "sacri" come la caduta di Adamo ed Eva che è un testo biblico si rinnova o si perpetua attraverso la rappresentazione la paura dell’uomo di fronte al peccato e più che altro le sue conseguenze in terra di fronte alla severità della Chiesa legata strettamente al Potere. È un Medioevo in cui i soprusi dei forti nei confronti dei deboli si fondano innanzitutto sul ricatto dei signori, qui il signore di Guisa può ottenere facilmente il silenzio dagli abitanti della piccola cittadina assicurando loro il minimo sostentamento, che è moltissimo per chi rischia di morire di fame. In questa atmosfera cupa non esiste alcuna elaborazione dialettica della verità, così i teatranti, mettendo in scena un fatto luttuoso avvenuto nel paese (e segnando così il passaggio dal teatro antico a quello moderno almeno come temi), procedono per tentativi, tentano strenuamente di stimolare ciascun abitante perché la parola della rivelazione (laica) acquisti una forza nuova proprio perché elaborata e detta da tutti. Gli attori così a poco a poco diventano gli intermediari della parola, non sono direttamente i ribelli, ma quelli in grado di costruire un testo popolare della rivolta contro il principe. I protagonisti della Storia insomma hanno sempre bisogno di trovare parole che descrivano definitivamente gli eventi dando loro una concreta spiegazione. Di fronte a questa penetrante reazione il principe di Guisa (Vincent Cassel) è costretto a svelare infine il suo vero volto di tiranno che ha fatto dell’abuso il suo diletto. L’impunibilità dovuta al silenzio adesso appare ancora più terrificante perché apprendiamo che tutti gli abitanti sapevano, ma accettavano per paura delle conseguenze sulle loro vite. The reckoning non va certo di là dalla efficace descrizione per immagini. Le caratteristiche visionarie di McGuigan, apprezzate sebbene a tratti nei suoi film precedenti come Gangster N. 1 e The acid house, sembrano paralizzate dalla necessità filologica di ricostruzione storica su cui pesano fin troppo la compostezza degli interpreti, la cui austerità non approda mai ad un’autentica dimensione epica dei fatti.

Conferenza stampa con l’attore Willem Dafoe e la produttrice Caroline Wood

Ha interpretato dei ruoli di cattivi, ma anche ruoli controversi, come li ha scelti?
Willem Dafoe: Quando mi intervistano mi dicono, ah ma lei ha fatto dei cattivi, comunque credo che siano persone che abbiano delle esperienze molto interessanti da comunicare, aspetti della vita non abituali, e credo che in questo consiste il lavoro di attore, avere cioè la possibilità di esprimersi in modi nuovi. Per un uomo moderno quali sono le difficoltà di interpretare un film in costume?
Willem Dafoe: Non so, un uomo moderno si dimentica di essere moderno perché un po' ci si sbarazza del mondo contemporaneo immergendosi in una atmosfera completamente diversa e pensando solo al lavoro. Come ha lavorato la produzione?
Caroline Wood: Ho lavorato cinque anni per la realizzazione del film, Hermes è il fondo che ci ha sostenuto negli Stati Uniti, il film è stato venduto in tutto il mondo, è costato tra dodici e tredici milioni di dollari. Come considera la parte dei teatranti nel film lei che si occupa tanto di teatro?
Willem Dafoe: Sì credo che ci sia una relazione, credo che attraverso il teatro si possano suggerire alla gente aspetti nuovi. A volte è bello usare le storie come una maschera per narrare quello che succede intimamente alla persone. Ci sono ruoli che danno qualcosa agli attori il personaggio di Goblin, cosa le ha dato? Se lei dovesse scegliere un solo film tra quelli interpretati quale sceglierebbe?
Willem Dafoe: Non lo farei, mi rifiuto di identificarmi con un solo film. Riguardo a Goblin mi ha dato e mi ha tolto qualcosa. Ci ha colpito la scena in cui pratica lo yoga, lo fa abitualmente?
Willem Dafoe: Sì, per me è una pratica spirituale, lo faccio molto e si collega perfettamente al mio lavoro di attore, per me comunque è una cosa molto privata, non volevo però nel film che sembrasse yoga ma solo un movimento di stretching che gli attori fanno per prepararsi allo spettacolo.

Da teatrante lei pensa che lo spettacolo deve sempre continuare?
Willem Dafoe: Certo, penso che in fondo sia così, è una nozione molto romantica.

Come mai è salito in gradinata insieme al pubblico per vedere il film?
Willem Dafoe: Entrambi i motivi, stare con il pubblico e anche vedere il film dall'alto con quello sfondo bellissimo del paese e del mare.

Cosa ne pensa degli altri suoi colleghi che si dedicano più al cinema che al teatro magari facendo dei flop, o al contrario a Madonna che accetta di lavorare a teatro con la paga sindacale?
Willem Dafoe: Non voglio dire cosa devono fare i miei colleghi, per Madonna credo che lei lo faccia per cercare assolutamente qualcosa che la interessi. Il mio amore per il teatro è legato molto alla compagnia di teatro con cui lavoro.

Cosa si porterebbe dietro del Medioevo e cosa conosceva del Medioevo prima di interpretare il film?
Willem Dafoe: Non credo che fosse un'epoca molto felice, ho dovuto studiare.

Nel romanzo è trattato con più attenzione il passaggio dalla sacra rappresentazione
Caroline Wood: Era centrale nel libro e quindi abbiamo cercato di esprimerlo anche nel film.

Fa più il teatro classico o quello contemporaneo?
Willem Dafoe: La nostra compagnia è gestita in senso classico, e facciamo prevalentemente testi classici rielaborati secondo luna dimensione moderna.

Cosa ci dice del film con Robert Rodriguez?
Il film di Rodriguez si chiama "Once upon a time in Mexico", è girato in digitale, l'altro progetto è il film di Paul Schrader "Autofocus".

Perché la prendono sempre a fare il cattivo?
Willem Dafoe: Quando si comincia sono più frequenti le caratterizzazioni, poi è stato fatto un collegamento con tutte le parti di cattivo che ho interpretato, io ho cercato di oppormi a questo cliché, credo che siano visibili poi non esclusivamente come cattivi ma come personaggi con una grande complessità di carattere.

Se facesse il regista quale tipo di storie sceglierebbe?
Willem Dafoe: Non mi piacerebbe avere responsabilità tipo quelle del regista, la recitazione ha la possibilità di perdersi in quel che fa, il regista deve essere sempre molto concentrato e consapevole su quello che sta facendo, odio poi il lavoro di organizzazione che il regista deve affrontare.