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Fascist Legacy
Anno: 1989
Regista: Ken Kirby;
Autore Recensione: Adriano
Provenienza: GB;
Data inserimento nel database: 26-01-2002


Fascist legacy - Ken Kirby

Fascist Legacy

di Ken Kirby

GB, 1989, durata 100'

23 gennaio 2002, una serata di memoria nazionale al cinema Massimo, Torino – Italia.

Quella Italia dove si rinfocolano le certezze di ragazzotti infarciti di "sentito dire" fascistoide, che diventa verità sancita nelle inchieste televisive; quella stessa tv di una nazione che, sollecitata alla memoria, provocatoriamente la demanda alla figura di Perlasca, ovvero rilancia il fasullo messaggio che, blandendo in un cortocircuito perverso e disinformante quella vulgata fascista, persiste a voler rappresentare gli italiani come "brava gente", al punto che un aderente al fascismo aiutava gli ebrei, cancellando le migliaia che invece li hanno perseguitati, denunciati, vilipesi, uccisi e torturati. Tacendo di quei 1283 criminali di guerra italiani mai processati perché coperti per opportunismo dagli alleati, che si fidavano del loro anticomunismo. L’operazione candeggiante le coscienze potrebbe trovare legittimazione, se fosse almeno bilanciata dalla trasmissione anche di Fascist Legacy, documentario che invece è censurato dalla Rai che lo ha acquistato per eliminarlo e che si poteva vedere al Massimo in quella serata del 23 affiancato da Omar Moukthar, l’unico kolossal hollywoodiano mai visto in Italia, nonostante la presenza di attori del calibro di Anthony Quinn, Oliver Reed, Rod Steiger che ventidue anni fa animarono, romanzandole, le vicende del leader della resistenza al colonialismo brutale, assassino come qualunque colonialismo, delle forze di occupazione italiane, documentandole con effetti purtroppo bozzettistici, che assumono contorni spiacevoli, perché mettono in burla quello che invece è stato la culla e l’esperimento per la diffusione di tutti i regimi autoritari successivi, come ha lucidamente ricordato Brunello Mantelli, storiografo che ha inanellato serie di documenti e dati per suffragare la sua lettura dell’orrore coloniale che non concede attenuanti. Ma comunque rimane un tassello per incidere sull’immaginario collettivo, un mezzo per arrivare alle coscienze più labili, come i ragazzotti di Nettuno intervistati da Santoro, e impedire in eterno che si dicano panzane come "il regime di Mussolini è un modello che ci sta bbbene". Una scelta coraggiosa, ma anche significativa: la memoria non può riguardare soltanto la Shoa, ma tutti i catastrofici olocausti e soprattutto quelli nostri, sempre negati, nascosti, ridicolizzati, da cui ci siamo autoassolti senza tentare nemmeno di affrontare la "colpa" come in Germania.

Antidoto più efficace dell’agiografia di Mustapha Akkad per teste pensanti è il documentario di Ken Kirby sui soprusi, i massacri e le torture perpetrate dalle truppe di occupazione italiane dovunque: sul tricolore adottato come siparietto sventolante andavano accumulandosi le istantanee dei criminali, quel tricolore tornato al centro della roboante retorica nazionalista ciampiana si riempiva di generali rimasti ai loro posti dopo il 25 aprile, estremo esempio di sgranamento di coscienza collettivo a partire dalla testa: se Graziani non era punibile e Badoglio addirittura fu onorato fino alla morte, anche tutti gli altri assassini rimanevano impuniti; un solo colpevole – sicuramente con gravissime responsabilità – appeso a testa in giù. Un atteggiamento di comodo frantumato dall’apertura degli archivi, un caso di serendipity: Palombo, storico anglosassone, scoprì per caso dei faldoni riservati conservati al Foreign Office e la storia del film trae nuova linfa da quel percorso, che avrebbe dovuto portare a una Norimberga italiana. Invece: nulla.

Eppure sarebbe stato sufficiente seguire il capitolo "A promise fulfilled" in cui si mostrano documenti secretati e pubblici, testimonianze e interviste che riportano lo scambio epistolare tra Mussolini che invita a usare mezzi pesanti per fiaccare la resistenza degli etiopi e Badoglio che replica zelante che hanno già usato l’iprite (proprio quel gas negato da Montanelli fino alla tomba), eppure non basta: viene rimosso e Graziani che o sostituisce inventa il bombardamento aereo su popolazioni inermi in anticipo su Guernica, ma quello che il documentario riesce a comunicare è il disprezzo per "quelle" popolazioni, utilizzando sempre documenti che ripercorrono la concezione razzista del mondo, quell’atteggiamento che pervadeva e continua a serpeggiare nella cultura italiana fondato su antropologi che dividevano per razza, sesso e religione l’umanità. Quelle convinzioni consentono di legittimare (e filmare) la strage di 300 etiopi invitati all’insediamento del proconsole Graziani, mendicanti e autorità fatti bersaglio di mitragliate in rappresaglia per l’attentato che ferì il macellaio, rappresentato con efficacia da Oliver Reed nell’altro film sulla trasferta libica di questo sadico che in etiopia si lasciò dietro una scia di sangue: 200 000 vittime, con foto che raffigurano i suoi miliziani in camicia nera (quelli a cui sindaci e ministri e costruttori alla Ciarrapico tributano omaggi nei cimiteri) che sorreggono i trofei: le teste del nemico a cui il fascismo portò la civiltà.

Anche l’italianizzazione della Jugoslavia comportò massacri del tutto simili a quelli per cui si sta processando Milosevic. Una donna racconta come portarono via il marito, altri sopravissuti indicano i luoghi delle fosse comuni dove sparì l’intero villaggio dai 16 ai 60 anni, altri raccontano di decimazioni e rappresaglie che coinvolgevano anche donne e bambini, 150 000 deportati in 200 lager allestiti prima di quelli nazisti in barba alla convinzione universale che i fascisti non erano assimilabili alle belve naziste o il falso storico sull’inesistenza di campi simili a Dachau in territori italiano (Mantelli nella presentazione ha elencato Cairo Montenotte, Roseto degli Abruzzi, Bar nella Slovenia occupata: gli ospiti di queste strutture sparirono lì o deportati poi ad Auschwitz), la barbarie resa possibile da concezioni di superiorità razziale identica a quella che informa di sé le sacche di ignoranza della provincia italiana del nuovo millennio. Il documentario non dimentica Ante Pavelic per quella che fu la sua formazione in Italia e l’appoggio della Chiesa (certo non venuto meno ora con il papa polacco che ha canonizzato il vescovo ustascia), merito del lavoro di Kirby è la stringatezza, la circostanziazione dei dati, l’uso di immagini d’archivio poco conosciute che tarpano qualunque rimostranza revisionista: le fucilazioni a cui fa seguito il colpo di grazia sembrano la versione più crudele e meno spettacolare dell’assalto western di Gastone Moschin e del suo manipolo di camice nere in Omar Mukhtar.

2. "A Pledge Betrayed" è il titolo del secondo capitolo del film, che puntualizza le connivenze e le coperture straniere di cui hanno goduto i criminali italiani che hanno operato per tutti i 24 anni del regime fascista. Salvare Badoglio ha il significato di salvaguardare tutti, scegliendo di temporeggiare, procrastinare, rinviare, aspettare prescrizioni (nonostante la decorrenza non valga per i crimini contro l’umanità) virtuali assegnate dal passare del tempo e dalla reticenza. Tutti assolti, tranne uno: l’unico generale non fascista che non si macchiò di crimini, fu quello condannato a morte da una corte inglese. E anche di questo dà conto il documentario, che dunque non può essere citato di sciovinismo britannico antiitaliano.
Ci è sembrato opportuno dilungarci sui contenuti, perché occultati, ma anche la fattura meriterebbe una disamina: sia per i brevi intensi momenti di commento che non sottrae mai spazio ai documenti, utile per riassumere i dati più significativi che scorrono su animazioni efficaci, sia soprattutto per il lavoro di collazione e montaggio dei molti materiali d’archivio mescolati alle interviste odierne che si sommano come nella bella dissolvenza che fa apparire la foto della fossa comune sovrapposta al sito come si presenta ora. E allora come rimproverare alla donna a cui abbiamo distrutto la vita 70 anni fa il suo composto astio contro gli italiani "gente razzista"?