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Werkmeister harmóniŕk - Le armonie di Werkmeister
Anno: 2000
Regista: Béla Tarr;
Autore Recensione: Andrea Caramanna-
Provenienza: Ungheria;
Data inserimento nel database: 13-06-2001


Wermeister harmóniŕk - Le armonie di Werkmeister

Werkmeister harmóniŕk - Le armonie di Werkmeister

Regia: Béla Tarr
Sceneggiatura: Lászlo Krasznahaoekai, Béla Tarr dal romanzo La melanconia di Werkmeister di Lászlo Krasznahaoekai
Musica: Mihály Vig
Suono: György Kovásc
Fotografia: Gábor Medvigy, Jörg Widmer, Patrick de Ranter, Rob Tregenza, Emil Novak, Erwin Lanzensberger, Miklos Gurbán
Effetti speciali: Zoltan Pataki
Interpreti: Lars Rudolph (Janos Valuska), Peter Fitz (Signor Eszter), Hanna Schygulla (Signora Eszter), Janos Derzsi, Dioko Rossich, Tamŕs Wichmann, Ferenc Kŕllai
Produzione: Miklos Szita per Goëss Film Airtime International Media (Budapest), Von Vietinghoff Produktion (Berlin), 13 Production (Marseille)
b/n, 35mm, 145'
visto al festival Il vento del cinema – Lipari, 29 maggio 3 giugno 2001

Le armonie di Werkmeister sono il tentativo di adottare il punto di riferimento autoritario, in cui la bellezza estetica corrisponda ad un canone matematico di perfezione dei suoni. Le immagini di Béla Tarr sono impregnate dei suoni e della musica che accompagna il movimento ballerino dei personaggi nelle estreme durate, indicanti una successione numerica, che fanno rapprendere un vago senso ed una espressione piů decifrabile. Come se l'occhio tentasse, con questa sua paziente lentezza, contando, registrando una successione, di fermare, tenere le coordinate di uno spazio tempo. E allo stesso modo di Satantango il cinema di Bela Tarr, come quello di Sharunas Bartas, si avvicina gradualmente ai corpi, verso una frontiera, limen, attraverso i paesaggi del volto e dei luoghi, in forme figurative di ascendenza pittorica, con il risultato che i gesti cinematografici sublimano in sentimenti fortissimi ed ardenti. Ancora di piů Tarr riesce a descrivere il paesaggio umano storico universale, eppure relativo soltanto ad un cittadina, un piccolo paese ungherese.
Il film inizia con la girandola festante in un bar, con i suoi fedeli frequentatori, ubriachi felici e canterini. Spostano i tavoli ed organizzano lo spazio della messa in scena di esseri umani che si abbracciano e girano e girano al ritmo delle musiche tradizionali. Il protagonista Janos č la figura del puro che diventa testimonianza stupita del corso degli eventi. Ed in questo senso il suo percorso sarŕ la dolorosa scoperta ed esperienza della radice del male nell'uomo, o meglio di quell'insanabile frattura, che divide gli esseri, li separa per renderli diffidenti e paurosi. Si dice che "essi pensano perché hanno paura". Il pensiero degli abitanti č messo in moto non da una paura reale, l'arrivo di alcuni, apparentemente misteriosi, saltimbanchi che mostrano la prodigiosa meraviglia, una gigantesca balena, ma da un'angoscia ancestrale che si perpetua e si manifesta sempre contro qualcuno. Vale a dire si innesca quel processo che va dalla paura alla reazione aggressiva, intrisa di impulsi irrazionali, che si trasformano in azione turpe e violenta: l'eliminazione del nemico, laddove dovrebbe essere curata la percezione piů o meno distorta, del nemico. Qui sta proprio il cuore del tormento che cresce, sviluppato in una serie di immagini che avvicinano a questa ambigua percezione. L'arrivo spaventoso del camion sembra filmato al rallentatore, di notte, in una luce con ombre terrificanti, tipicamente espressioniste. Tarr accusa il sordido insensibile atteggiamento delle "classi borghesi", quei "ricchi" responsabili delle disgrazie di un paese, e sono ancora piů meschini perché mascherano i loro misfatti spacciandoli per opere di bene. Naturalmente si tocca il fondo della tragedia e dell'abbrutimento. Č registrata la modificazione repentina di un medesimo spazio che infine ci appare percorso da altre figure, le forze dell'esercito ed una atmosfera di controllo militare allargato, che erige le limitazioni del campo con il filo spinato ed insegue e cattura il protagonista con l'elicottero; mentre permane la traccia del passato appena recente: il manifesto che annunciava l'arrivo dello spettacolo dell'impressionante cetaceo. E la devastazione terminale nell'ospedale, col sangue degli innocenti, č insopportabile a guardarsi. Perfino ci si chiede se esista un ultimo grado della crudele insensatezza, e quando alcuni facinorosi spostano la tenda in una stanza davvero si trovano di fronte all'immagine limite della loro azione, un vecchietto nudo, pelle ed ossa, in piedi, instabile, dentro una vasca da bagno; lě arretrano, riprendono immediatamente coscienza e si (ri)svegliano dalla oscena cecitŕ dell'annichilimento.