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U-Turn - Inversione di marcia
Anno: 1997
Regista: Oliver Stone;
Autore Recensione: l.a.
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 18-03-1998


Tit. or.: U-TURN.Regia: Oliver Stone. Dalromanzo: Stray Dogs di John Ridley.Sceneggiatura: John Ridley (e Oliver Stone, non accreditato).Fotografia: Robert Richardson. Musica: EnnioMorricone. Cast: Sean Penn (BobbyCooper), Jennifer Lopez(Grace McKenna), Nick Nolte (JakeMcKenna), Powers Boothe(Sheriff Potter), Claire Danes (Jenny), JoaquinPhoenix (Toby N.Tucker), Billy Bob Thornton(Darrell), Jon Voight (BlindMan). Produzione: Clyde IsHungry Films / Illusion Entertainment Group / Phoenix Pictures. Usa,1997. Dur.: 2h e 5'.Un uomo in fuga dai creditori, la strada peril confine, un intoppo al motore, la sosta forzata, una cittadinaimmersa nel deserto, una dark lady sensuale e pericolosa, unmarito-non-solo-marito che medita l'uxoricidio, un magma diintrighi-passioni-segreti-e-bugie che cova e ribolle in attesa dieruttare attraverso una crepa della tranquillità e dellarispettabilità di una provincia spazzata via, il passato chespinge per invadere il presente, l'ineluttabilità di undestino beffardo e sadico, il gioco della coincidenza spinto ailimiti estremi come concatenazione di nodi di una rete digiochi-doppigiochi-capovolgimenti di sorte ecc. ecc. ecc.: OliverStone si getta nel bazar dei topoi del noir e della black comedysenza riuscire a sortire effetti interessanti, tanto meno originali,né in una direzione né nell'altra. Stando alle paroledel regista, l'obiettivo era quello di dare corpo ad uno«spaghetti noir»: ecco che, nelle intenzioni, il lavoro diStone (anche di riscrittura della sceneggiatura: un vizio, o unapresunzione, cui il regista non rinuncia) è teso ad accentuarei tratti western della materia trattata e dello spazio dell'azione, ea distillare dal presente gocce di passato dense di rimosso erimorso... Ma è un trattamento di restyling che non presentacaratteri di novità rispetto ad esempio al lavoro condotto suNatural Born Killers (Assassininati, 1994) dallo stesso Stone:«wilderness» annidata nella contemporaneità (neglispazi e nei personaggi), riportata in superficie e esposta in bellavista - spogliata quindi inefficace; contrapposizioni didascalichetra cultura e natura; contaminazioni magiche (shamani, allucinazioni,spiriti...) e simbolismi (l'ennesimo scorpione, per citarne uno)insopportabilmente pesanti nella loro scontatezza; paesaggio(spettrale) come specchio dell'anima (delle ombre) - entrambirigorosamente aridi, torridi, desertici, spazzati da un ventoinfuocato ed impietoso; personaggi ridotti a puro istinto,compiaciuti nel loro abbrutimento, che giocano con gli stereotipitanto da rimanere incastrati in un fastidioso macchiettismo... Ancorain questa prospettiva, viene reclutato, come compositore dellemusiche originali, Ennio Morricone... E i risultati sortiti daquest'ultimo sono forse paradigmatici dell'intera operazione:Morricone che cita se stesso - citando, al secondo grado,altri film (gli spaghetti western,appunto) - e sforna delle musiche non belle né autoironiche masemplicemente già-sentite e nettamente inferiori ai modelli(senza contare che ormai da tempo Morricone gioca a fare il verso ase stesso: quindi, anche sotto questo punto prospettico, nessunaintuizione, niente di nuovo); riciclaggio e non rielaborazione,né mero mestiere; le musiche poi vengono sovrapposte adimmagini alle quali non solo non si attagliano, ma dalle qualidivergono nettamente, senza neppure stridere - indipendenti le unedalle altre...: i meccanismi adottati per il lavoro sulle musiche eper quello sulle immagini non possono essere più distanti; nelprimo caso Morricone riedita ciò per cui è diventatofamoso senza riuscire a trovare una vena, nel secondo Stone impone il"suo" stile frammentato, esploso, pseudo-avanguardista (anche questomutuato dall'approdo Assassininati), ad una materia che nonpotrebbe essere più distante da quei moduli, nel suppostotentativo di svecchiarla sventrandola, di virarla in negativo, dimandarla in cortocircuito... Da una parte il minimo impegno dienergia e ricerca; dall'altra quantomeno un'intuizione (per quantodeleteria): su entrambi i versanti una eccessiva dose di presunzionee maniera. In altre parole: una sceneggiatura irrisolta tra noir eblack-comedy (non angosciante, non divertente), senza spunti, senzatrovate, senza mordente, senza la minima parvenza dioriginalità, senza "movimento" che non sia il piùprevedibile zigzagare tra situazioni e personaggi ormai "classici";una ricerca formale trasposta di peso da tutt'altra operazione,decontestualizzata, che applicata al vuoto spinto della sceneggiaturaperde qualsivoglia ragione di essere, risultando semplicemente unasovrascrittura e non una traduzione delle parole in immagini; unamusica che non è né evocativa, nédrammatizzante, per il semplice fatto di non c'entrarci nulla(relativamente a genere, atmosfere, materia trattata...); a questo sipossono sommare le pessime interpretazioni delle star che compongonoun cast che sembrava garantire l'esatto opposto (mentre non resta cheuna galleria di siparietti sotto-tono fastidiosi nella lorovacuità): tutto è come scollegato (altro checortocircuito); ogni elemento è sovrapposto agli altri e nonamalgamato; forse non è neppure appropriato parlare diesercizio di stile - piuttosto di esercizi di (brutto) stile (dellosceneggiatore, del regista, del musicista). Un patchwork senzarigore, coerenza, progettualità: accumulo e stratificazionecontrabbandati come post-modern. Divertissement diStone? Certamente non del pubblico.