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The Mask of Zorro
Anno: 1998
Regista: Martin Campbell;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 03-01-1999


The Mask of Zorro
------------ Regia: Martin Campbell
Soggetto: Ted Elliott, Terry Rossio, Randall Jahnson
Sceneggiatura: John Eskow, Ted Elliott, Terry Rossio
Fotografia: Phil Meheux
Montaggio: Thom Noble
Scenografia: Cecilia Montiel
Costumi: Graciela Mazon
Musica: James Horner
Interpreti: Antonio Banderas, Anthony Hopkins, Catherine Zeta-Jones,
Stuart Wilson, Matt Letscher
Produttori: Steven Spielberg, Doug Claybourne, David Foster
Produzione: Amblin
Distribuzione: Columbia Tristar
Formato: 35 mm.
Provenienza: USA
Anno: 1998
Durata: 136


"Zorro si è battuto per il popolo", dice in una attesa battuta il nuovo Zorro, dimostrando che le leggende degli eroi progressisti si possono condensare in un unico mito di liberazione dall'oppressione e la struttura classica con prologo, attualizzazione, iniziazione, prove, scontro finale ed epilogo non fa che confermare come la lotta di classe può aggiornarsi nelle forme al punto di essere negata, ma si esprime lo stesso secondo canovacci che uniscono la condizione del Quarto stato di Pellizza da Volpedo con il passamontagna del Sup chiapaneco, entrambi presenti nel film del regista neozelandese. Purtroppo ora ci troviamo in un periodo di vacanza da eroi: viviamo quel ventennio trascorso dallo spirito del vecchio Hopkins-Zorro in galera e l'epica rivoluzionaria è a corto di identificazioni.

Infatti la nostra condizione è quella iniziale del film, che evoca l'attesa della trasmissione pomeridiana dell'episodio televisivo: quella di Joaquim e Alejandro, i due hermanitos che si preparano alla visione, fabbricandosi gli spiragli per sbirciare l'avvento del paladino mascherato all'interno di una tenda oscura simbolica del buio della sala, rivelandoci invece la loro stessa natura di Zorro, poiché noi vediamo due occhi che scrutano da dietro una t(b)enda come se fosse una maschera (The Mask appunto, e non The Mark of Zorro); come dire che tutti gli oppressi dovrebbero prendere coscienza e passare da semplici spettatori a protagonisti delle gesta dei ribelli. Infatti Alejandro e Joaquim aiutano il mito popolare, preparando il nuovo incontro e la militanza di vent'anni dopo. Di ciò è consapevole il potere: infatti Rafael Montero, il sordido Governatore commenta: "I bambini non dovrebbero mai vedere ciò che facciamo". Allo stesso modo è importante perpetuare le gesta attraverso i racconti, la voce (cosa non darei per ascoltare le imprese di Zorro narrate da se medesimo nella lingua di Hopkins, come avviene alla giovane e fiera Elena) e gli odori del fiore di romania a completare l'affresco ricavato dai decor del cinema di cappa e spada, ricostruito in dozzinale (ed evocativamente nostalgica) cartapesta con camino attiguo (come per Batman) ad un sorprendente cerchio di addestramento vagamente magico: "Ad ogni livello il cerchio si contrae", avvicinando al nemico.

Allo stesso modo il Potere si presenta sotto le solite spoglie: magari risulta schematico il connubio tra latifondo, colonialismo, nobiltà e militari, però in mancanza di novità è didatticamente utile mostrare le nefandezze del potere che vorrebbe fucilare campesinos "chosen at random" e ridurre Videla ad epigono di Montero, che già aveva inventato i figli dei desaparecidos. Probabilmente è banale ricondurre l'alleanza tra militari e istituzioni alla mera avidità, però filologicamente il personaggio del paladino del popolo non è un fine filosofo e dunque opera spesso seguendo l'istinto di giustizia e libertà in situazioni facilmente decifrabili. Una caratteristica era anche la notevole ironia, che in questo caso manca totalmente, soppiantata da scenette che vorrebbero essere buffe, in particolare con il cavallo Tornado di Banderas-Alejandro, oppure trucide sequenze di teste mozze in formalina, o infine dai molti siparietti con Elena, figlia contesa da tutti, ma per fortuna non ridotta a semplice oggetto del desiderio, ma anche prode spadaccina e liberatrice dei lavoratori incarcerati nelle gabbie riciclate di Waterworld, sfruttata per offrire occasioni di scene adatte alle doti ammalianti del seduttore Banderas, in questo simile a Tyron Power.

Hopkins riesce a costruire un personaggio completamente nuovo, superando l'Highlander di Connery per le sfaccettature inventate e che non si limitano all'addestramento, ma assume il ruolo di Bernardo (rinunciando alla menomazione), è padre tenero e si trasforma in canuto carcerato, credibile persino durante la missione suicida, lasciando al giovane gigione il compito di dileggiare i militari come faceva l'acrobatico Fairbanks nel film di Nible del 1920; egli è superiore, un po' disingannato e carico dello charme derivante dalla nobiltà della sua figura: "Molti indosserebbero quella maschera", ma Hopkins rende credibile la vecchiaia di quella sua creatura; per Banderas era più facile parodiare un personaggio così noto da giovane.

Purtroppo l'intreccio inventato da quattro sceneggiatori è stupido ed illogica è la successione degli eventi capitati ai personaggi in una ridda di toni che scolorano dal racconto romantico d'avventure alla comica senza legare più di quanto non facciano i flamenchi con il pop finale: l'acume mancante nel plot è riversato nella cura dei rapporti tra le singole coppie di deuteragonisti o nei dettagli, quali i raccordi sugli occhi di Diego-Zorro, che riemerge dalla terra come uno zombie che a volte torna per proteggere i deboli (magari aggiornando lo sfregio dalla mitica "Z" del nobile Don Diego con la "M" del popolano Murrieta), eternando il duello con gli zombies cattivi, che tornano sbarcando da caravelle sulle spiagge americane per dare vita ad un contemporaneo doppio duello finale molto appassionante, che s'inizia con un lampo baluginante sulla spada di Zorro.

Ciò che è autentico nel film è l'impegno sociale, che mostra le condizioni di lavoro terribili, i primi piani sui bambini autenticamente indios costretti a lavorare e massacrati dal Capitano Love (cinica scelta di nome). Pur di mostrare i motivi per cui nell'immaginario popolare c'è bisogno di un eroe mascherato che compaia nei momenti in cui è insopportabile l'arroganza del potere, gli autori non vanno troppo per il sottile nella plausibilità delle situazioni, ma descrivono perfettamente il bisogno di trovarsi di fronte ad un mantello che nasconde un sindacalista autentico ("Servitore del popolo") che si porta una mano alle labbra per chiedere con un sorriso beffardo la complicità contro gli sfruttatori, che "ci rubano la vita".