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Ashbah Bayrout - Beirut fantasma
Anno: 1998
Regista: Ghassan Salhab;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: France; Lebanon;
Data inserimento nel database: 20-01-2001


Ashbah Bayrout – Beirut fantasma

Ashbah Bayrout – Beirut fantasma
Regia: Ghassan Salhab
Sceneggiatura: Ghassan Salhab
Fotografia: Jérôme Peyrebrune
Montaggio: Gladys Joujou
Suono: Patrick Allex
Interpreti: Aouni Kawas, Darina Al Joundi, Rabih Mroueh, Carol Adoud, Hassan Farhat, Younes Aoude, Ahmed Ali Zein, Nada Ali Zein, Hamza Nasrallah, Rita Dakkash, Rana Eid
Produzione: Idea Productions, GH Films
Distribuzione: GH Films, Nayla Abdo
8, Galerie Montmartre, 74012 Paris
tel e fax 0033 1 45654922
[email protected]
Origine: France, Lebanon, 1998, 35 mm, col., 120 min.
Visto al Cinemamed. Il Cinema dei Paesi Arabo Mediterranei. Palermo 11-18 gennaio 2001
Retrospettiva:Panorama Lungometraggi 1997 2000

Il fantasma di un uomo, di una città, si traducono, nel bellissimo lungometraggio d'esordio di Ghassan Salhab, in sguardi che si perpetuano nella durata, in attesa di un segno che manca, sguardi vaganti nello spazio tempo che non si riesce mai a definire. Quello di una memoria frustrata, e di un ritorno per Khalil Chams, percorso che il personaggio si è imposto per ritrovare un'ipotesi surreale d'identità perduta. È, infatti, per tutti quelli che lo conoscevano, ufficialmente scomparso durante uno dei tanti episodi di guerra libanese. Il tempo, dunque, entra come immagine ricordo. Sovrapposizioni di luoghi urbani, ma non più urbani, tra le divisioni murarie perentorie, i posti di blocco, i caffè che servono per compiere gli affari lucrosi della guerra, spazi che sono attraversati ormai soltanto dal tempo della guerra. Un tempo che i personaggi intervistati – rispondono probabilmente a posteriori, dopo che la guerra è terminata – definiscono incantato e illusorio. Gli anni ottanta completamente assorbiti dalla dimensione psicologica dell'interminabile conflitto. Dice uno degli intervistati: "Siamo forse come quelle rovine, quegli edifici che appaiono integri all'esterno, ma sono completamente devastati all'interno". Eppure la guerra è anche una profonda maestra di vita. Insegna la solidarietà tra gli uomini e la sopravvivenza è il valore più importante, la vita stessa è importante di fronte alla possibilità continua della morte improvvisa.
Il film racconta frammenti di vita quotidiana durante la guerra, o meglio si tratta di una tregua, ma il battito incessante dei bombardamenti continua, si ode in sottofondo. "Forse è per questo battito" dice l'amante di Khalil "che sei tornato, non ne potevi fare a meno". È la paradossale congiunzione degli opposti. Vita e morte sembrano configurare una sorta di ossimoro. È il fantasma, vale a dire ciò che mostra un'apparenza, come i palazzi sventrati, ma è vuoto dentro. O meglio la vita di questi uomini e donne, confinati nelle terribili oscurità dei rifugi, è una favola dolce, perché direttamente contraria all'orrore della morte, della perdita di tutto.