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Tahia ya Didou - Viva Didou Anno: 1971 Regista: Mohamed Zinet; Autore Recensione: Andrea Caramanna Provenienza: Algeria; Data inserimento nel database: 14-01-2001
Tahia ya Didou - Viva Didou
Tahia ya Didou - Viva Didou
Regia: Mohamed Zinet
Sceneggiatura: Mohamed Zinet
Fotografia: Ali Marok
Musica: Mohamed El Anka
Suono: A. Oulmi
Interpreti: Himoud Brahimi, Mohamed Zinet, Suzie Nacer
Produzione: APC d'Alger
Origine: Algeria, 1971, 35 mm, col., 90 min.
visto al Cinemamed. Il Cinema dei Paesi Arabo Mediterranei. Palermo 11-18
gennaio 2001 - Omaggio alla Cinemathèque Algeríenne
$align="left"; include "image1.php3"; ?>Bellezza e storia, anche quella
triste delle vicende di guerra, possono essere rappresentate attraverso la
sedimentazione del ricordo, le stampe antiche/immagini fisse della guerra e la
magnificenza dei paesaggi mediterranei. I panorami di Algeri per l'intensità
cromatica dei riflessi bianchi delle case e azzurri del mare. Algeri,
bellissima città mediterranea, alla sua vista non c'è bisogno di parole. E la
storia nondimeno si nasconde in ogni angolo e scorcio delle strade, dietro la
penetrante bellezza. Algeri immediatamente turistica, l'aeroporto con gli aerei
che provengono da lontano, le formalità della dogana e i manifesti che
celebrano l'accoglienza in lingue diverse. Il primo segno evidente di
stratificazione culturale: la lingua, uno strillone che vende Le Figarò tra i
tavoli di un bar. Il film denuncia chiaramente l'impossibile metissage
attraverso la tesi dimostrativa che raccoglie le prove durante l'esile traccia
narrativa. Quest'ultima è affidata all'incontro tra il turista francese Simon
ed un algerino. Simon riconosce l'uomo che aveva torturato durante la guerra. È
il climax del film, rappresentato con la potente forza evocativa del lungo
flashback, ambiguo, attribuibile alla vittima ma non per ragioni diegetiche.
Sembrano, infatti, suoi i ricordi, per il punto di vista della mdp, le angherie
subite dagli aguzzini e il fatto che le terribili memorie stacchino sul volto
dell'uomo offeso. Eppure scopriamo che la vittima proprio in seguito alle
torture aveva perso la vista, quindi non ha nemmeno riconosciuto il suo
carceriere!
Altri elementi confluiscono nella percezione casuale, caotica della città. I
bambini che giocano a calcio nei vicoli, la loro frenesia è filmata con
l'effetto stilistico dell'accelerato, il cantore Momo, che rivela attraverso la
sua poesia gli aspetti insoliti della città. La biancheria stesa che manifesta
i gradienti della colonizzazione mai finita, le guardie che inseguono i
bambini, i pescatori che lasciano il porto.
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