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Summer or 27 missing kisses
Anno: 2000
Regista: Nana Djordjadze;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: Georgia;
Data inserimento nel database: 15-11-2000


27 baci perduti

 

Summer or 27 missing kisses


regia di nana djordjadze

Georgia, 2000

 

Non c'è respiro alla fervida immaginazione erotica di una ragazzina, che inverte le pulsioni di American Beauty: è lei a bramare il quarantenne, ma la scommessa vinta dal testo georgiano è un'altra. Riesce a fondere l'immaginazione e una realtà reinterpretata con occhi simili a quelli del mondo di Kusturica e non solo grazie alle musiche di Bregovic, confondendo un'educazione sentimentale scatenata con i sogni che prendono realmente corpo dalla centralità della luna, apparentando le innumerevoli vicende del film con l'accozzaglia di oggetti, mezzi di trasporto e situazioni di Luna Papa. Qui i personaggi creano una coralità, resa più intensa dalla congerie di diverse narrazioni che si accavallano, ma più spesso creano singoli casi, nei quali come nelle storie dell'infanzia di Elias Canetti spicca un carattere che permea l'episodio, incastonando la figura in una cornice personalissima e soprattutto poetica. Infatti ci si trova a godere dell'espressione della verità dell'essere, grazie alla interpretazione della poesia come istanza pensante.

Un film selenita: sotto l'influsso lunare (mestruale?) la giovane insidia il padre del turbatissimo (alla fine quanto all'inizio) io narrante; nella notte illuminata dall'astro arriva una poetica nave francese, nostalgica di tempi perduti, che nell'epilogo accoglierà la giovane sirena, arrivata in corriera in un paesaggio che colloca la location in un ambiente esotico e al di fuori di qualsiasi realtà; nella luce lunare la giovane esce scavalcando davanzali e verande, barriere la cui riproposta fa pensare quasi a limiti dell'immaginazione, confini tra coscienza e mondo del desiderio, ammantato di onirismo; il telescopio puntato costantemente sul satellite sposta sempre l'inquadratura verso l'alto, quasi cercando ispirazione nei momenti in cui si trascorre da una situazione all'altra.

L'acerba impudicizia dei nudi della ragazzina desiderante è evidenziata facendoci riassaporare le tempeste ormonali dell'adolescenza e a quella grazia ostentata con improntitudine e incoscienza della propria carica erotica è riconducibile tutto il balletto di scopate e attrazioni sessuali degli adulti, infoiati ma senza quella grazia, che danno luogo a situazioni comiche attraverso gli incontri sessuali, magari consumati ponendo Das Kapital sotto i piedi per darci con più foga al punto da incendiare tutto (ma chi incendia davvero è sempre lei, la ragazzina terribile). Il ritmo interno del film compensa la liricità delle immagini e il rapimento dei giovani con l'accumulazione di episodi, i più divesi, che compongono la comunità e si affastellano in un climax, che una volta completato, sembra sgonfiarsi, ma poi come vitalizzato da nuova linfa riprendono fiato alla fine degli episodi per poi ripartire con nuovi mezzi di comunicazione e altri personaggi spumeggianti - un andamento che trae evidente spunto dalle pratiche amorose, che stanno alla base dell'intreccio. Questi entrano in scena accentrando su di sé l'attenzione nel momento topico a loro dedicato soltanto per confermare la ronde della comunità e poi tornano a fare da coro al mondo illustrato, badando a mantenere una sorta di realismo magico tipicamente caucasico. Questo atteggiamento risulta chiaro durante la festa e l'attardarsi al biliardo, dove tutti sono parimenti protagonisti in brevissimi spot documentati quasi con panoramiche che si aggirano nella casa. È un ottimo manuale di erotismo, dove l'unica passione autentica è quella che intreccia gli amour fou dei due adolescenti, mentre Aleksandr è turbato, ma si dedica a amorazzi, Piotr è privo di romanticismo (l'interesse per Puskin è relativo alle dimensioni del suo attrezzo), il tenente poi è macchietta di tutte le rigidità - velleitarie in ogni senso e doppio senso - di qualunque autoritarismo (i suoi interventi ridicoli sono quelli più surreali, aiutato dai blindati e cannoni da fumetto che lo accompagnano sempre); proprio quella serietà del trasporto amoroso di Mickey e Sybilla, che condiziona l'atmosfera della cittadina di Krasnyje Utki, non può che tradizionalmente condurre ad una tragedia melodrammatica classica e a un finale davvero lirico che compensa l'amarezza per l'impossibilità della soddisfazione orgasmica, anche della mdp limitata nei suoi voyeurismi, con la speranza spostata sulla letterarietà quasi epica della nave nuovamente varata per portare scompiglio, desiderio e seduzione ancora in altri liti, magari teatro di nuovi lutti, ma anche e soprattutto riproducendo ricordi di freschezza alle comunità dove arriverà. Sybille è il sale e il miele del mondo, discinta e istintiva, seminuda compagna di giochi e spia di amori clandestini, spostando così il nostro sguardo dalla soggettiva di Mickey, che ci fa sentire frustrati guardoni impotenti, al suo attivo sguardo che si bea delle azioni del suo amato quarantenne all'uscita di casa indovinando i suoi gesti e così dimostrando che egli è una sua creatura, della sua immaginazione, un suo sogno anche diurno, una sua concrezione, creatura fabbricata per alimentare una sua immaginazione seduttiva. Così diventa autore del proprio sguardo, protagonista delle proprie pulsioni, che vede realizzate al suo passaggio.