NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


Aprile
Anno: 1997
Regista: Nanni Moretti;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 29-03-1998


Aprile di Nanni Moretti

Aprile

ovvero "da riuscito autarchico pubblico ad autocrate privato fortunatamente fallito"

Con la coincidenza tra la sofferta nascita del figlio e la deludente conquista del potere da parte del "centro-centrosinistra" il regista di riferimento della generazione del ´77 sembra in grado finalmente di individuare alcuni punti fermi in grado di discriminare tra ciò che sarebbe moralmente richiesto dal dover essere e quello a cui la macchina desiderante Nanni anelerebbe di dedicarsi; per farlo sembra indispensabile appropriarsi del tempo da dedicare ad un bimbo (e questo è uno degli aspetti in cui la tirannide del tempo che trascorre si fa sentire lungo tutto il film costellato di telefonate di giustificazione per le sue assenze pubbliche), probabilmente perché attraverso la rivisitazione delle esigenze primarie, di cui si presume che tutti abbiamo vagito la richiesta ("Solo cinque poppate? E tu ridi, ma io piangevo!"), si possono far affiorare i bisogni.

Una volta assegnato l´opportuno rilievo ai fatti pubblici e privati degli ultimi anni si può rivisitare la storia d´Italia dalla surreale vittoria di Berlusconi al Titanic albanese, per distaccarsi completamene dalla tristezza vacua degli eventi squallidi, resi poco appetibili dalla prassi riprovevole dell´informazione, ma ancora più inconsistenti e insignificanti, se ripresi con il taglio che nel montaggio Moretti riesce a dare, per cui il battesimo padano ad esempio viene ridotto ad un ridicolo passaggio di un vascello fantasma, incomprensibilmente lanciato verso il nulla, palesato dallo sfarzo di una specie di regata sul Canal Grande, che pare rievocare con la fotografia sarcasticamente i fasti di Canaletto. Questo sguardo capace di ridimensionare gli eventi mediatici si può ottenere con il distacco guadagnato relativizzando e commisurando la portata degli avvenimenti con il minimalismo del filmino familiare, che gradualmente acquista maggior valore storico. Quindi non si tratta di giocare costantemente a rimpiattino con la Storia, eclissandosi nel momento dell´incontro con fatti e personaggi, osservati solo di sottecchi con scetticismo e da punti di vista privilegiati (la terrazza da cui si impartiscono gli ordini via radio per il taglio delle riprese), ma bensì defilarsi dall´apparenza per recuperare l´autentica dimensione della cronaca, filtrando attraverso se stessi e il proprio vissuto gli eventi e non viceversa come spesso ha fatto la sinistra. Eludere le trappole della falsa Cronaca per andare incontro alla vera storia.

(qui ci andrebbe una didascalia, come nel film)

Per giungere finalmente a decidere di abbandonare il suo proverbiale tono predicatorio, indulgendo ad alcuni momenti che piace pensare siano autoironici, per indugiare ad accarezzare il progetto di un musical su un pasticcere trotszkista negli anni ´50 (Moretti fu militante della IV Internazionale sez. Roma Nord) non servivano le letture di Deleuze e Guattari, troppo cerebrali, ma occorreva venire immersi vent´anni più tardi nel dover essere, accorgendosi che nel rigore non trova stimoli e si distrae e sente ogni tipo di necessità per lo più fisiche, per reazione; fino a far ballare finalmente Silvio Orlando, che da nove anni si prepara, e con lui danza l´intera troupe, liberato dalla triste cappa di squallore della sede del PDS o dall´indisponenza epidermica che trasmette il riparatore di televisioni. In fondo anche Chahine dice che non è possibile l´esistenza di un filosofo incapace di ballare e cantare, mentre Woody Allen e Alain Resnais ultimamente hanno introdotto pesantemente il musical nei loro film. Moretti lo fa per mostrare ciò che anche politicamente va recuperato: la propria vita, e non si tratta di una vacanza dalla politica, come alcuni pretestuosamente hanno voluto leggere, ma l´esaltazione dell´homo politicus.

Uno dei primi gesti opportuni per riprendersi la vita contaminata dalla falsa storia è disfarsi di tutti i ritagli conservati per dare sfogo alla propria rabbiosa recrudescenza, che sempre ha connotato il sardonico ghigno della maschera di Michele Apicella, che talvolta ancora riemerge, ottenendo un residuo effetto schizofrenico, ormai mediato dal recupero del controllo di Nanni Moretti sul suo alter ego, tanto da portare nell´inquadratura tutti i suoi affetti, lasciando fuori campo quell´incomprensibile marmellata mediatica: largo dunque alla sua famiglia, alla sua casa, che col trascorrere del tempo riempiono sempre di più lo schermo, il film e la vita, dando un senso alle sue pulsioni anti-autoritarie nei confronti della vita pubblica italiana, che rimangono tali, relegando Fede (doppio esempio di giornalista prezzolato e di fascista insopportabile) in angusti spazi che inducono alla noia il regista, trasmettendo lo stesso tedio a noi, facendoci condividere anche la sua distribuzione delle lettere mai inoltrate alle organizzazioni della sinistra dal ´76 in poi, liberandosi definitivamente di ogni asfittico dibattito.

("gli impediremo di fare l´attore")

Infatti Pietro è attore agito fin da dentro la pancia. Esempio di dicotomia tra il tentativo di rassicurarsi e tranquillizzare e la voglia di litigare e provocare; l´episodio di Lucchetti impegnato in una marchetta pubblicitaria risulta a cavallo tra le due personalità in conflitto con Michele/attaccabrighe sempre più imbrigliato dal papà/Nanni, impegnato a riflettere su di sé e a svelarsi al pubblico, per potere attraverso la massima trasparenza raccontare il suo punto di vista, in quanto tutto ciò che è spettacolarizzato in questo film passa attraverso di lui e quindi non devono esistere zone d´ombra. Una sorta di cinema-vérité senza i dogmatismi dello stesso e mantenendo la forma spettacolo. Rifondazione Documentario: un progetto di nuova forma di diario che va al di là del film precedente, lasciando meno spazio alla voce off, preferendo ricostruire con la solita maniacalità fatti minimali al punto da lasciare il dubbio che si sia davvero sottoposto ad una costante presenza dell´obbiettivo nella sua vita, privilegiando però solo alcuni momenti, studiati con la lente dell´entomologo.

Sembra paradossale, ma l´impegno in questo senso nasce dall´incarico di riflettere su sé e sul proprio Paese, assunto all´inizio nel confronto con il giornalista francese, che scatena il flusso di coscienza: "Non avete più memoria: sono le stesse persone" (riassumendo con questa frase tutte le contraddizioni italiane e sottintendendo la indispensabile cacciata di tutti i complici degli ultimi decenni di malgoverno, prima e essenziale prassi politica da realizzarsi in Italia). Infatti anche l´estensore sentì il bisogno del purificante bagno (in ogni senso) documentato con insoddisfazione dalle riprese del 25 aprile a Milano. Dapprima si può venire presi dal dubbio sulla legittimità dell´operazione di Moretti, che incentra su se stesso l´intera storia, costretta a passare attraverso il setaccio della sua vita, ma poi il suo fastidio per gli ombrelli diventa condivisibile e palpabile disagio per la necessità di ripararsi da eventi che ci travalicavano. Un bisogno rappresentato con i parapioggia, e allora la sensazione che abbia inscenato a posteriori tutta la sua esistenza negli ultimi tre anni, giustapponendo il commento, rende il suo esporsi una coraggiosa proposta di offrirsi come schermo su cui quela generazione può proiettarsi con autoindulgenza forse, ma anche con disgustato sarcasmo. E via via che il pupo riempie la vita, decretando il consumo parallelo di latte di padre e figlio (la poppata coincide con il latte macchiato), recede la predisposizione all´autoritarismo del padre ("gli impediremo di fare l´attore"), diminuisce l´interesse per le elezioni e svanisce nella ripugnanza verso il documentario sull´Italia, che alla fine egli annuncia come non montato, mentre noi vi abbiamo appena assistito, a riprova che tutte i suoi propositi vengono disattesi dal film.

(Ritagli e Merzbild, censure e recensioni)

Bellissime le due immagini, significative per la loro successione: tra le prime sequenze si segue Moretti dall´edicolante, impegnato a fare incetta di riviste e a sottolineare l´uniformità delle testate, lo scambio dei giornalisti, intercambiabili. Una situazione che dà luogo all´"unico grande giornale", che copre l´intero pavimento in plongée. Mentre la minuscola figura del protagonista fagocitata da questo enorme collage degno dello scherno di Schwitters (Merzbild) tenta di sfogliare questa massa uniforme di ciarpame, rinunciandovi. La vendetta liberatoria si raggiunge nell´epilogo, quando i ritagli vengono consultati attraverso la consulenza dello sguardo curioso gattoni di Pietro, suo figlio, con il quale allegramente il padre amoroso straccia gli articoli. Ed entrambi si divertono come bambini.

Molto meno azzeccati, inutili e fuori tema gli interventi critici sui film visti: la carrellata di opere cinematografiche, che connoterebbero il periodo sembra semplicemente un ritorno di quella recrudescenza che vorrebbe spacciare per sopita, pretestuosa perché si tratta di film quasi esclusivamente statunitensi (a parte Underground, di cui non abbozza giudizi), mentre il discorso è incentrato sull´asfittica situazione italiana (per carità di patria ha evitato di farsi nemici presso i pessimi registi della penisola soggiogati ai poteri?), quindi cosa c´entra Strange Days, se non rappresenta il tignoso tentativo di riannodare la polemica scatenata in Caro Diario contro Harry pioggia di sangue?

Il tentativo di storicizzare attraverso il consumo culturale, alternativo al disgusto verso la campagna elettorale, si ravvisa anche nelle citazioni di letture (Yeoshua), del design (Giugiaro), dello sport (i playoff del basket più importanti della notizia di Savelli passato alla destra): un´intrusone della storia del costume nella propria vita che raddoppia l´ingerenza dell´autentico documentario, che non è fatto di immagini storiche (anche imponenti come la carretta degli albanesi), ma che spoglia l´uomo Moretti, riprendendolo dall´alto nella sua inane incapacità di estrarre un senso da immagini svuotate dai passaggi nei circuiti dell´informazione.

("un bel po´ di confusione"))

L´occasione di rimeditare sull´intera vita (l´episodio esilarante e amaro del metro per misurare il residuo di esistenza è la cifra di questo aspetto) poteva diventare pedante, invece la scelta di stemperare con le didascalie, che delimitano i siparietti, consente ai bisogni di imporsi, chiaramente lasciando "un bel po´ di confusione", ma anche maggiore e più equilibrata gioia di vivere ("ma quali ottant´anni, novantacinque ne voglio vivere"), magari ritornando alla vespa cavalcata senza mani e con mantello, come novella regressione allo Zorro dell´infanzia, a "filmare quello che mi piace e non ciò che è brutto".

Motore! e inizia il musical.
Un ultimo dubbio: come reagirà Pietro fra sedici anni?