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A Bug's life
Anno: 1998
Regista: John Lasseter;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 17-02-1999


A Bug's Life

Regia: John Lasseter e Andrew Stanton
Voci: Dave Foley (Flik), Kevin Spacey (Hopper), Richard Kind (Molt), Julia Louis-Dreyfus (Princess Atta), David Hyde Pierce (Slim).
Produttori: Darla Anderson and Kevin Reher
Produzione: Pixar
Distribuzione: Buenavista
Formato: 35 mm.
Provenienza: USA
Anno: 1998
Durata: 100'


In questa stagione ai ragazzini è stato dedicato uno Zorro anarcosindacalista al servizio del popolo in catene, seguito da una formica post-espressionista, che ricalca con la voce di Woody i balbettii socialdemocratici di Weimar, rieditando Metropolis in un fomicaio, una gabbianella ecologista, antirazzista e rispettosa delle diversità, tratta dal romanzo di un sincero, e retorico, democratico come Sepulveda ed infine, in un climax rivoluzionario entusiasmante, possono ammirare i cordoni del servizio d'ordine di Lotta Continua, intemerate falangi del formicaio di Flick, che, presa coscienza della forza delle masse, fanno giustizia dello sfruttamento capitalista; sarà uno scherzo del doppiaggio, ma lo sceneggiatore ha attinto all'immaginario ribelle dei '70s per fabbricare dialoghi tanto intrisi di analisi marxista. Al dittatore, che somiglia enormemente al direttore dello stabilimento Comau di Grugliasco, ingegner Caligaris (ognuno poi sostituisce il suo aguzzino, certo che questo gli somiglia proprio), che si esprime come Cipolletta ("Le idee sono pericolose. Siete solo dei perdenti, messi sulla terra per servire"), risponde il Flik-Cobas: "Non siamo servi delle cavallette-padroni. Siete voi ad avere bisogno di noi". Prima ancora, sorprendentemente, si insegnava ai giovani spettatori con intenti un po' didattici che un temerario sovversivo in solitaria ribellione contro il sopruso non può provocare altro che un lieve fastidio, ma rischia di essere preludio della sollevazione popolare, se diventa paradigma per un movimento di massa, e perciò scatta la persecuzione per soffocare il pericoloso germe di libertà.

Il tutto targato incredibilmente Disney.

Allora i casi sono due: o si è esaurita la spinta alla deriva fascista della società occidentale, dunque si ripropone un immaginario meno succube, e avendo esauriti tutti gli yuppies e gli eroi militaristi si fa ricorso a quanto sia già stato formalizzato e pertanto sarà più facile controllarlo in seguito, quando le giovani generazioni cresciute a simili dosi di ribellione controllata saranno in età per elaborare nella pratica gli insegnamenti; oppure è tale la valanga di sollecitazioni reazionarie che lo schematismo marxista ("Per la colonia e per le formiche oppresse di tutto il mondo") ha il valore di un'esotica vacanza per menti omologate, innocua ormai.

C'è una terza possibilità, suffragata anche dalla profusione di film bellici in tempo di relativa pace nelle terre produttrici di pellicole di guerra (le nominations degli Oscar, La vita è bella, Saving Private Ryan, The Red Thin Line, Train de vie): può darsi che si tenti di collocare nell'universo filmico quello che ormai non avviene più nella realtà, addirittura si distanzia ulteriormente il vero dal virtuale, usando tecniche di computeranimation e citando film passati nel mito come I Sette Samurai; forse vanno letti in questo senso i gustosi fuoriscena che aggiungono un livello di fiction e quindi di distanza dall'apologo di liberazione. Infatti, pur personalizzando gli insetti virtuali, i backstages li rendono più reali dell'intreccio, annacquando l'impatto di certe frasi rivoluzionarie. Lo stesso intento sembra sotteso all'uso e alla riconoscibilità degli attori di riferimento per AntZ e, tanto per rimanere in ambito espressionista, identifichiamo in esso lo stesso meccanismo posto in atto nell'epilogo di Das Kabinet des Doktor Caligari (un personaggio altrettanto inquietante del suo quasi omonimo di Grugliasco), dove tutto il perturbante è ridotto a sogno di un pazzo.


Oltre all'atteggiamento verso le masse, che in AntZ se mbravano provenire dall'analisi di Elias Canetti o dall'Arbeiter di Ernst Jünger, A bug's life è preferibile alla formica che evidenzi a le caste per far passare il messaggio della concertazione, perché il su o schematismo permette, rispettando la più volte citata tradizione western, di riconoscere facilmente da che parte stanno i "nostri"; inoltre è maggiormente curata la profondità del campo in 3D, inventata in modo più preciso, sebbene indulga a soluzioni meno immediatamente spettacolari, come invece si presentava la lunga altalena appesi ad un chewing gum del film della Dreamworks: nel film di Lasseter non è il ritmo a carpire l'attenzione quanto la precisione degli snodi, egli infarcisce l'immagine di molte sollecitazioni, ma calcola anche i tempi per la loro corretta fruizione (ad esempio la macchietta del mimo a completamento del mondo circense che la fa da padrone nell'informare di sé l'atmosfera). Diventa quindi doveroso mettere a confronto le due sequenze di vacanza dalla trama principale: per quanto in AntZ sia bellissima la ricostruzione pop del luogo di vacanza dalla vita intruppata del formicaio, la sospensione in A Bug's Life si scatena nel virtuosismo dei "movimenti" nel più classico ambiente del circo, di cui ricorrono le sensazioni reali e contemporaneamente vi si sovrappone un'accelerazione surreale, che agli scherzi dei saltimbanchi aggiunge le possibilità offerte dalla computeranimation al ritmo frenetico dei numeri clowneschi dello spettacolo, senza rinunciare al cinismo del pubblico ("Bruciatelo di nuovo" è la divertita richiesta del pubblico di fronte all'inaspettato risultato dell'esibizione). I meccanismi sono quelli precisi di Buster Keaton e anche in questa scelta si svelano le preferenze progressiste degli autori e l'attenzione didattica per un certo tipo di senso del comico, non banale nè mai corrivo, che si vuole instillare nei giovani fruitori di questa deliziosa favola morale; mentre il pubblico adulto rimane a metà tra l'adesione alla scelta dell'ambiente circense come poetico topos da cui avviare la liberazione e l'idea che tutto si concluda in questa deliziosa animazione.

Nel fervorino finale si citano Speranza, Vita e Dignità, che sarebbero restituite alle formiche dalla rivolta. Chissà perché rispetto a questa rivelazione però mi rimane maggiormente impressa l'immagine dell'insetto attirato dallo zampirone: è solo un espediente per completare il percorso verso la città, frenetica e popolata dai bulli mosconi, ma nel flusso cadenzato sulla velocità delle immagini elaborate da un computer colpisce l'avvertimento improvviso di non andare verso l'ingannevole luce dello zampirone, troppo tardi: "Non riesco. É così bellaaa!"; la fine di tutti i Macondo del Movimento '70s. E sembra anticipare la nostra estasi di fronte allo scorrere delle ammalianti immagini