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Pizzicata Anno: 1996 Regista: Edoardo Winspeare; Autore Recensione: Ofelia Nunzi Provenienza: Italia; Data inserimento nel database: 22-05-2000
Pizzicata - Corato
Pizzicata di Edoardo Winspeare. Storia di musica e terra salentina. Perfettamente reale, descrive una terra quasi fuori dal tempo, il cui unico rapporto con la civiltà costruita tecnologicamente è dato da una cartolina di New York che il soldato emigrato ha con se dopo il suo fortunato atterraggio sulle coste dellItalia meridionale. Gelosia e giochi di sguardi, figure anziane segnate dal lavoro, dal caldo, dalla povertà, dalla provincialità di un mondo che lavora, così come in America, ma in uno scenario che è decisamente peggio. Il 1943 è lanno dello sbarco degli alleati, ma non fa nessuna differenza nella terra degli ulivi, dove il militare è reinserito, dove sinnamora della figlia del padre padrone Cosimo Pantaleo, che ha già promesso la sua mano ad un altro ricco proprietario terriero. Il film inizia con la forsennata danza delle tarantolate, sulla mano che pizzica la tammurriata con la stessa intensità con la quale la pizzica sul finale (il film è costruito in maniera ciclica, il finale riprende linizio). Film caldo, che descrive una stagione calda, che racconta un periodo caldo della nostra storia, che parla di amori caldi, con poche luci (mentre a New York ci sono i grattacieli, nella masserie salentine deve ancora arrivare la luce elettrica), con tanta musica della terra, che aiuta il volgo sul lavoro, che raccoglie le persone dietro una chitarra e dieci tammurriate, che da il via alle feste, che ha lo stesso effetto di una medicina quando alla protagonista viene sottratto il suo nuovo amore e così diventa pizzicata dalla tarantola. Il regista si muove come Pupi Avati nelle sue campagne del centro Italia, con la stessa tecnica, la stessa voglia di ricordare ed immortalare unItalia rurale, fatta di credenze, mitologie, di bianco e nero, fatta di terra, circondata solo dal mare. Memorabile ricostruzione di vita dei contadini salentini. La musica onnipresente segna tutte le vicende umane. I salentini sono gente schietta e di gran cuore, con un senso sacro dellospitalità (il padre si taglierà volontariamente il palmo della mano, vero strumento di lavoro nella primitiva campagna per procurarsi i disinfettanti per curare il giovane sconosciuto). I corpi, come nella pizzica, non si sfiorano mai, sono gli sguardi silenziosi e pudichi a dare il senso della peccaminosità.
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