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Pirates of Silicon Valley
Anno: 1999
Regista: Martyn Burke;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 07-08-2001


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Pirates of Silicon Valley
Di Martyn Burke
Con Noah Wyle, Anthony Michael Hall

Due giovanotti di talento ai loro esordi. Meglio: due giovanotti americani di talento ai loro esordi. Meglio ancora: due tra gli uomini più di successo dell'ultimo ventennio. I protagonisti di questo film per la tv sono infatti Steve Jobs e Bill Gates, rispettivamente fondatore della Apple Computers e ideatore della Microsoft. La cronaca è per forza di cose semiseria e romanzata, ma le linee guida di questa autentica rivoluzione tecnologica ci sono tutte: il garage, l'amicizia tra Wozniack e Jobs, il DOS, la Xerox, il mouse, l'accordo tra la IBM e la Microsoft... a guidarci nella testa di queste due personalità così complesse e così diverse tra di loro sono due narratori per ecellenza, Wozniack (cofondatore della Apple) e Ballmer (presidente della Microsoft). Due personalità che finiscono per rispecchiare le due facce dell'uomo di successo americano: aggressivo e sregolato da una parte, arruffone e opportunista dall'altra.
E' curioso come, tra i due, quello che finisca per risultare più simpatico sia proprio Bill Gates. Sarà per la (involontaria?) somiglianza che i suoi atteggiamenti imbranati e remissivi sembrano avere con uno dei personaggi pubblici più amati dagli americani (e non solo), Woody Allen, sarà che la sua capacità (fin dagli esordi) di vendere aria fritta (come lo stesso Ballmer in un bel freeze screen ci spiega, quando Gates ando' alla IBM per proporgli il DOS in verità non aveva alcun DOS da proporgli... lo avrebbe comprato per un tozzo di pane da un programmatore dilettante solo dopo aver concluso l'accordo con IBM) non può non strappare sorrisi, ma certo è che la chiave di volta del film (e degli ultimi vent'anni di storia informatica) sta tutta nel dialogo tra Gates e Jobs a casa di quest'ultimo, il dialogo in cui Jobs accusa Gates di aver copiato il suo lavoro, e rivendica la maggiore qualità di questo. Cosa che Gates non nega, ma afferma, significativamente, "Ma Steve, tu proprio non capisci. Questo non ha nessuna importanza". E aveva ragione. Da vendere.

A differenza di chi ha riso in faccia a Wozniack quando gli aveva proposto un computer "per gente comune", alla faccia dei dirigenti della IBM convinti che il loro hardware avrebbe venduto più del software che gli proponeva Gates. Alla faccia dello stesso Jobs che pensava di essere insostituibile, e che non è stato capace di gestire nessuna delle sue creature, dalla figlia alla Apple. Certo adesso è di nuovo in sella, ma l'ultima inquadratura, con Bill Gates in alto e Jobs in basso, è sinistramente inquietante. Forse se davvero fossero riusciti a creare "una grande famiglia", come sarcasticamente ripetono nel corso del film, avrebbero evitato a quanti di noi lavorano in campo informatico un sacco di problemi. Forse.