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Pattiyude Divasam
Anno: 2001
Regista: Murali Nair;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: India;
Data inserimento nel database: 26-11-2001


Abc Africa - Kiarostami

Pattiyude divasam

di Murali Nair

fotografia di M. J. Radhakrishnan
montaggio di Lalitha Krishna
scenografia di M. J. Radhakrishnan
suono di Madhu Apsara
musica di Kavalam Narayana Panikkar

India, 2001, durata 74'

Un apologo che conduce una precisa disamina di quali meccanismi universali sono messi in atto dai potentati di tutto il mondo per chiudere tutti i residui meccanismi consolidati di convivenza civile in cui ognuno possa impostare una vita dignitosa. La scommessa del film è riuscita nel momento in cui gli spettatori meno disposti a farsi guidare abbandonano la sala, perché condizionati dai ritmi di quegli stessi padroni le cui strategie sono evidenti sullo schermo: la vita scorre apparentemente normale. Quando si insinua il virus, nessuno può accorgersi che il cambiamento è in atto, il primo atto della rivoluzione dall’alto si è compiuto. Infatti il film prosegue con il suo ritmo, continua a mostrare gente comune che rema blandamente sul fiume, cammina lenta, impassibile, scuote la testa per annuire, disputa senza enfasi; poi cominciano piccoli problemi. Quel regalo subdolo del padrone, un cane – il cane del padrone – morde un animale; ancora noi pubblico non sappiamo se siamo capitati in un documentario (di nuovo il problema di Solondz: fiction o non-fiction?) su una provincia rurale meridionale del continente indiano o se l’intreccio avrà sviluppi oltre la fotografia del quotidiano, a commento delle cui immagini non stupirebbe l’improvvisa inserzione della voce off; bellissima, greve di natura, la zona è avvolta in una calma apparentemente inamovibile. Invece il documentario si trasforma: le dispute creano fazioni diverse, alcuni cominciano a subodorare qualche inghippo (la cui effettiva esistenza non sarà mai esplicitamente svelata: l’unica parvenza di confronto giudiziario è un incontro tra una sorta di magistrato con poche armi da opporre a tre saggi bramini inviati dal "signore" per perorare la propria causa), chi lamenta un danno, intanto il "signore" assoluto della zona mette in mostra l’arroganza del potere, la cancellazione delle regole per imporne altre, più confacenti alle sue nuove mire di controllo politico sulla provincia di cui gestisce già l’economia in modo feudale. E gradualmente l’intento del film si delinea: mostrare il re nudo, una democrazia solo di facciata messa alla berlina a fronte della compostezza dei sudditi, che sopportano rassegnati e silenziosi; anche i tumulti sono una rappresentazione messi in conto, del tutto innocui. Il disegno si delinea, si chiarifica, si compie.

La provincia viene spartita, divisa, non si può più continuare a vivere uniti, gli interessi sono stati differenziati dal padrone e dal basso si accetta e appoggia il secessionismo. Sfruttando la presunta rabbia del cane del padrone, regalata a un servo inconsapevole, si è stravolta la convivenza, i criteri che regolavano la convivenza civile, gli statuti relativi alla prestazione d’opera, il lavoro avrà meno protezioni e maggiore flessibilità, minore distribuzione del guadagno e maggiori profitti per il padrone che si incorona anche leader politico, creandosi anche una nuova immagine "televisiva": i baffi servono a connotare la sua biffa; il sarcasmo straripa e il film si schiera apertamente con le battute sul "mondo finanziario in attesa". Le guerre si decretano per futili motivi, ma i pretesti non si trovano mai per caso e si rinfocolano su motivi più sostanziali, tanto è facile trovare sgherri e giornalisti prezzolati che danno rilievo a certe notizie e tacciono di altre.

È il progresso… ai tempi del colera, anzi della rabbia. [ogni riferimento a fatti di casa nostra immagino sia del tutto casuale: è la globalizzazione, e il fascismo ormai impera ovunque]