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Mosche da bar - Trees lounge Anno: 1996 Regista: Steve Buscemi; Autore Recensione: Luca Aimeri Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 05-11-1997
Trees Lounge (Mosche da Bar), scritto e diretto da Steve
Buscemi. Con Steve Buscemi (Tommy), Mark Boone, Jr. (Mike),
Chloe Sevigny (Debbie), Michael Buscemi (Raymond), Anthony
LaPaglia (Rob), Elizabeth Bracco (Theresa), Danny Baldwin
(Jerry), Carol Kane (Connie), Bronson Dudley (Bill), Eszter
Balint (Marie), Kevin Corrigan (Matthew), Samuel L. Jackson
(Wendell), Suzanne Shepherd (Jackie), Rockets Redglare
(Stan), Debi Mazar (Crystal), Seymour Cassel (Uncle Al),
Larry Guillard, Jr. (James), Michael Imperioli (George),
Mimi Rogers (Patty). Usa, 1996.
Esordio nella regia di quello che, in Italia, è
(ri)conosciuto più come il tarantiniano Mr.Pink (in
"Reservoir Dogs", Le Iene/Cani da Rapina) che con il suo
vero nome, ovvero Steve Buscemi, attore-cult del panorama
indipendente americano. "Trees Lounge" (in Italia: Mosche da
Bar) è scritto, diretto ed interpretato da Buscemi.
Non aspettatevi una commedia, ma nemmeno un dramma... il
tratto caratteristico principale dell'operazione è la
misura: non si tratta di un lavoro irrisolto tra i due
generi, piuttosto di uno sforzo riuscito di mantenersi
equidistanti dai due termini nel tentativo di ritrarre una
realtà - la realtà - che presenta entrambe le
facce indissolubilmente combinate. Buscemi opta per una
struttura drammatica aperta ed abbastanza fluttuante in
quanto a focalizzazione che gli permette di riprodurre una
tranche-de-vie non solo di un personaggio (Tommy) ma di un
contesto sociale: una America che ha smesso di sognare da un
bel pezzo, in cui la marginalità è diffusa, il
disincanto prende le forme della sopravvivenza annoiata o di
un'illusione di benessere. Buscemi utilizza il proprio
personaggio come guida, piuttosto che come figura principale
tradizionale, e spesso l'attenzione lo abbandona per
soffermarsi su altre figure, altre facce di un medesimo
contesto. Nucleo da cui la narrazione si dipana, a cui torna
regolarmente esattamente come i personaggi-clienti, è
il "Trees Lounge": un bar che l'autore evita di tratteggiare
secondo stereotipi oleografici, e che restituisce alla
atmosfera in maniera lucida ed essenziale. Il "Trees Lounge"
è un bar, come ce ne sono tanti, da "mosche da bar",
ovvero clienti solitari ed abituali, non amici ma compagni
di bevuta (di sbronza) metodica, che trascorrono
mattinate-pomeriggi-notti appiccicati al bancone in un
grigiore vicino al vuoto - davanti a sé: i cerchi del
bicchiere sulla formica, ed un mucchietto di banconote di
piccolo taglio da cui la barista si serve da sola ad ogni
mescita. Buscemi, tuttavia, non scade in patetismi: le
atmosfere dolenti e notturne alla Hopper vengono
ulteriormente sbiadite, ma sempre con la prontezza di
risollevare lo squallore con un impercettibile strappo di
ironia, quando non di comicità vera e propria. Sembra
di muoversi in ambiti letterari dai toni bukowskiani; ma non
solo: vengono in mente le atmosfere e le derive esistenziali
fatte di monologhi interiori di un John Fante, magari
shakerato con abbondanti spruzzate di Carver... o, in
termini cinematografici: Smoke zavorrato di America Oggi.
Buscemi imprime alla materia che narra un rallentamento:
segue, pedina, i suoi personaggi con long-take che sfiorano
il piano sequenza per poi fissare l'inquadratura su
dettagli, volti, gesti... riproponendo, formalmente,
l'immobilità: il quadro macchiettistico che talvolta
si forma reso nella sua staticità perde i connotati,
per mutare, come un tableau-vivant, in qualcosa d'altro...
si dissolve sotto i nostri occhi, mostrandoci
l'autodistruzione. Ed ecco che emerge un altro tratto di
"Mosche da Bar" che lo rende un film degno di nota, al di
là del (forse) già-visto: una sensazione di
violenza latente, sotterranea, pronta a schizzare fuori come
un veleno; una sorta di quiete solo apparente impregna ogni
singolo piano, così che anche quando la commedia
sembra prendere il sopravvento ci si attende sempre un
repentino capovolgimento in tragedia. Dietro la facciata
"Mosche da Bar" è un film nervoso, come i
protagonisti dietro ai loro volti pallidi ed impassibili
nascondono un'interiorità devastata e tormentata.
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