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8MM - Omicidio a luci rosse
Anno: 1999
Regista: Joel Schumacher;
Autore Recensione: luca aimeri
Provenienza: Usa;
Data inserimento nel database: 27-04-1999


8MM

8mm – Delitto a luci rosse (8MM); regia: Joel Schumacher; sceneggiatura: Andrew Kevin Walker; cast: Nicolas Cage, Joaquin Phoenix, J. Gandolfini, P. Stormare, A. Heald, C. Keener, M. Carter; Usa, 1999; dur.: 119’.

Andrew Kevin Walker è il giovane sceneggiatore che esordì con il riuscitissimo e disturbante "Seven" (di David Fincher, 1995). Con "8mm" Walker batte nuovamente i sentieri che si inoltrano nei meandri più cupi della realtà contemporanea e del suo immaginario. In odore dei thriller letterari duri e violenti di Andrew Vachss, Walker ci propone una detection che affonda come una lama nel lato oscuro del cinema, nel sotto-sottobosco della scena hardcore, raggiungendo il fondo, incidendolo e scoperchiandolo, portando l’investigatore privato interpretato da Nicolas Cage a confrontarsi con la perversione-su-pellicola più estrema, legata a doppio filo con voyeurismo e sadismo. Un ricchissimo magnate dell’industria muore; nella sua cassaforte l’anziana e inconsolabile vedova trova una pellicola 8 millimetri che si rivela essere uno snuff-movie, ovvero un film in cui, in un delirio di sesso e sangue, una vittima umana viene scannata davanti all’obbiettivo, per il "piacere" di chi ha commissionato il filmino. Omicidio vero o messa in scena? All’interrogativo che tarla l’anziana donna nella fiction, tanto da commissionare l’indagine a Cage per scoprire la vera natura del marito, corrispondono nel reale due opzioni (con le quali si scontra anche l’investigatore): leggenda metropolitana o terribile verità? Come nei citati romanzi di Vachss, l’hard-boiled di Walker si inabissa nell’underground (letteralmente) e nella clandestinità più spinta, articolandosi in veri e propri gironi infernali (grazie alla guida-Virgilio Joaquin Phoenix), fino a portare il detective a scoprire a sue spese una verità-senza-prove che manda in cortocircuito ogni griglia, tanto da fargli oltrepassare il punto di non-ritorno, da spazzare definitivamente quella sottile linea di separazione tra l’investigatore e il marcio scandagliato. "Non si può cambiare il diavolo, è il diavolo a cambiarti", questa la tesi della storia: scoprendo un Male che va oltre ogni forma di schema logico e morale non c’è più spazio per le regole, non resta che combatterlo con le sue stesse armi, tirare fuori il "killer che è dentro ogni uomo" e trasformarsi in vendicatori. La sceneggiatura pecca forse in organicità a livello di struttura (l’inversione dei ruoli cade troppo avanti nella storia e crea una sensazione di sfilacciamento laddove dovrebbe dominare la compattezza; altresì, questa stessa ‘imperfezione’ funziona nel suggerire la solitudine del travagliato anti-eroe), e si possono rilevare soluzioni semplicistiche nella costruzione del sistema dei personaggi e dei personaggi stessi (il rapporto detective-famiglia è il caso più lampante), ma è soprattutto la regia di Schumacher a farci interrogare su cosa sarebbe potuto diventare il film se si fosse ricostituita l’accoppiata Walker-Fincher. In sintesi, non è sufficiente avere come oggetto della ripresa una realtà putrida per renderne appieno l’orrore; in "Seven" lo stesso meccanismo di fruizione/visione era messo in discussione, e l’occhio del pubblico era trascinato nel vortice dell’indagine, nell’oscurità, attraverso la difficoltà di decodifica dell’immagine… In "8mm" si sente la mancanza di ricerche e soluzioni formali analoghe: la perversione resta sullo schermo, il buio di sala-inquadratura-materia drammatica non riesce a diventare un tutt’uno. Tuttavia il film funziona: anche in questo caso Walker ha individuato un luogo-oscuro (per dirla con Ellroy) che per quanto illuminato, magari clippato e artato, non può essere rassicurante.