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L'estate di Davide Anno: 1997 Regista: Carlo Mazzacurati; Autore Recensione: Marcello Testi Provenienza: Italia; Data inserimento nel database: 11-08-1998
Visto
al 51 Festival di Locarno
L'estate di Davide
di Davide Mazzacurati
sceneggiatura Carlo Mazzacurati, Claudio Piersanti; fotografia Alessandro
Pesci; montaggio Alessandro Cottignola; musica Ivano Fossati; interpreti
Stefano Campi, Patrizia Piccinini, Semsudin Mujic, Toni Bertorelli, Silvana
De Santis. Italia, 1997, 35mm, col. 92'
Non si vede quel che non va in questo film. Non si vedono i difetti, come
cenere spostata sotto il tappeto.
E forse proprio questo è il difetto principale, che affligge (non
pesantemente a dire il vero) un soggetto non disprezzabile, né banale
come un sommario racconto potrebbe farlo sembrare (per questo ve lo risparmiamo).
strana coincidenza, quella che fa cominciare tutto nella periferia torinese,
proprio come nel meglio riuscito Figli di Annibale di Ferrario. Ma
mentre là si tratava della partenza per un viaggio dolce-amaro diretto
all'ultima spiaggia (o forse un'ultima onda), qui il protagonista si emargina
proprio dai "boys of summer" ed è costretto da una predestinazione
familiare a ritirarsi in una bassa padana che personalmente ricordo molto
meno accogliente climaticamente in estate.
Ma non riesce a lasciarsi dietro nulla di ciò che aveva allontanato
da sé spostandosi; piuttosto, il suo "viaggio" sembra un'accelerazione
di stagioni, un FastForward che permette di concentrare in un film cronologicamente
compatto incontri unici, di quella unicità investiti dall'irripetibile
mix psico-fisico dell'adolescenza (e va dato atto a Mazzacurati di aver
saputo compiere una scelta felice per il protagonista, talmente adeguato
da far persino dubitare delle sue doti di attore).
Se da un lato ha dei meriti l'intenzione di mazzacurati di sospendere il
giudizio sulle azioni che egli stesso ha messo in scena e "mostrato";
d'altro canto, a lungo andare, la "latitanza dell'occhio" si fa
sentire, si rimpiange lo spunto che potrebbe trasformare le immagini in
figure, lo scorrere in uno straripamento, straripamento che invece viene
solo mostrato ai ragazzi migranti da un prete che teme essi non sappiano
avere "pietà" degli abitanti del Polesine, i quali oggi,
è vero, abbondano di Mercedes, ma hanno in passato sofferto e perso
tutto in un lampo (se l'ironia è voluta, si tratta del colpo di genio
del film e, avendo udito le parole e la voce di Mazzacurati, credo che la
sua sensibilità testimoni a favore).
Si finisce dunque con l'essere un pò delusi da questo film; Mazzacurati
paga lo sforzo di raccontare una storia con toni più realistici del
solito, perdendo in parte lo sguardo amoroso che ci aveva fatto apprezzare
Vesna.
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