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Albergo Roma
Anno: 1996
Regista: Ugo Chiti;
Autore Recensione: l.a.
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 26-04-1998


ALBERGO ROMA, scritto e diretto da Ugo Chiti

ALBERGO ROMA, scritto e diretto da Ugo Chiti. Con A. Benvenuti, D. Caprioglio, C. Bisio. Italia, 1996.

Italia, 1939: in un paesino toscano. La storia si svolge nell'arco di una settimana, da una domenica a quella seguente. Viene trovato in campagna un corpicino in stato di avanzata decomposizione: potrebbe essere un caso di infanticidio. Prima che si abbia il risultato delle analisi che appureranno se si tratta di un feto umano oppure animale dovrà passare una settimana circa. Il nodo della vicenda si scioglierà, dunque, il fine settimana seguente... Che non sarà un giorno qualsiasi: la domenica arriverà in visita il Duce. Si innesca immediatamente una caccia al(la) colpevole del presunto infanticidio, perché nell'eventualità che effettivamente si tratti di un caso criminoso, l'unica maniera di evitare lo scandalo è individuare da subito un colpevole o quantomeno un capro espiatorio. Prima si trova il colpevole, poi il cadavere: questa è la regola che permette di salvare le apparenze e la rispettabilità. A Chiti non interessa il giallo, sfiora appena il mistero, riduce al minimo la suspense, ricerca il colpo di scena solo in un caso (necessario a dare una svolta narrativa che indirizza verso la metafora il finale)... in poche parole, al regista-sceneggiatore non interessa sviluppare in maniera tradizionale, whodunit? e detection, l'evento drammatico, ma lo riduce a semplice spunto per dare corpo ad un ritratto d'epoca corale. Una moltitudine di personaggi di varia estrazione e con varie cariche e ruoli (il podestà, il funzionario in camicia nera responsabile dell'ordine e referente di Roma, il prete, il maresciallo dei carabinieri, l'albergatore, la serva, il contadino, la sarta...)... che Chiti si prodiga di seguire, utilizzando come filo rosso l'amalgama mutante di opinioni ipotesi pettegolezzi cattiverie spicciole e gratuite che passano di bocca in bocca, si trasmettono da interno ad interno, mai ingenuamente. Finestre e buchi della serratura, spiragli e porte socchiuse: chiacchiere, illazioni, sguardi indiscreti, voyeurismo, si susseguono senza soluzione. Una Italia piccolo borghese annoiata, ignorante, cattiva, apparentemente (superficialmente) impeccabile, in realtà (interiormente) marcia. Parole e sguardi che si intersecano in crescendo, fino a seguire traiettorie impazzite, incontrollabili, sino al punto zero, il punto di rottura: quando il gioco gira su se stesso, il cerchio si chiude, si ritorce contro. Ma in extremis le apparenze sono salve: il referto permetterà di ricostruire la calotta di ipocrisia e buone creanze. La banda del paese è pronta, gli ottoni sono lustri, il vestito è quello della festa: domani arriva il Duce. E l'anno seguente si parte per la guerra.