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Juha
Anno: 1999
Regista: Aki Kaurismaki;
Autore Recensione: Paolo Vernaglione
Provenienza: Finlandia;
Data inserimento nel database: 03-11-1999


Juha
Eurocontadini ammazzati dalla forma

Film "manierista" Juha, e dire questo di Kaurismaki equivale a "giudicarlo" sulla base del "come" mette in scena, che del resto è stata la modalità principale del suo cinema prima di Nuvole in viaggio.

Infatti la differenza con il film precedente è che mentre quello era direttamente ancorato al presente attuale dell'Europa della eurodisoccupazione, questo fa giustamente un passo avanti e uno indietro: avanti perché spalanca la percezione del mondo per comprendere una specie di terra di nessuno storica e geografica (dove siamo? in Finlandia, ma potrebbe essere anche New York. Quando? oggi, ma anche negli anni cinquanta).

Indietro perché, costituzionalmente il film rinuncia a raccontare direttamente e adotta un modo obliquo: la colonna sonora sostituisce i dialoghi, la luce le inquadrature, alcuni dettagli sostituiscono i primi piani e le scansioni tra le sequenze.

Così Juha é dotato di una sembianza ineccepibile ed é operazionale. Sembra rispondere ad una questione fondamentale per il regista: vedere l'effetto che fa ritrovarsi tra le mani un materiale incandescente quale la tecnica del cinema muto, le sue amplificazioni gestuali e narrative, ma rapportate all'odierna non volontà di racconto. La miscela è esplosiva, ma sul piano formale, non su quello della documentazione di ciò che pure accade: il tradimento per insoddisfazione con esito tragico.

Ora, considerato che ciò che interessa Kaurismaki sono le ragioni odierne dell'insoddisfazione coniugale e la logica del tradimento come deragliamento dalla strada maestra e incontro con il "male" (vedi Murnau), il film pone stranamente in seconda linea tutto ciò per svolgersi sul piano della compostezza e completezza: bianco e nero perfetto, luci superaccurate, inquadrature che non fanno una piega. Meno critica alla famiglia sessualmente disfatta dalla mondializzazione dei mercati e più svolgimento sinfonico della forma "urbanizzazione forzata" (esiste ancora?).

Kaurismaki padroneggia tutto, non si smarrisce mai, però si lascia andare, ciò che è insieme il pregio e il difetto del film. Laddove in Nuvole in viaggio non c'era un momento di abbandono, anzi tutto si teneva secondo la logica ineccepibile di una messa in scena che era un'alternativa praticabile al liberismo e ai giochi sfrenati del capitale, qui tutto si sfilaccia rispetto ai fatti, alle circostanze della vicenda .

I film si fanno anche con i se? Se egli avesse mantenuto in primo piano la vicenda in quanto tale forse il film sarebbe riuscito. E pur sperimentando avrebbe suonato su un ottava più alta. Gli unici momenti di sonoro (puro?) sono le porte che sbattono e il momento tragico in cui Juha lo zoppo si fa la barba prima di uscire con l'ascia della vendetta in mano, che ricorda Shining.

Dalla parte dell'esito c'é qualcosa, alcune atmosfere e alcuni momenti, che ricordano Fassbinder: Kati Outinen come una Veronka Voss dei poveri, nella scena della detenzione a casa del macrò che la "rapisce". La casa di appuntamenti etc, via espressionismo tedesco.

L'atto del tradimento in una società contadina lontana e cupamente immersa in rituali inservibili è sommersa da una disseminazione di segni, semi gettati senza poi aratura: Sierk si chiama l'auto sportiva dell'uomo dei sogni, "arrestate quell'uomo!" è la frase firmata Fuller sulla lavagna nel "noir" deprivato della sequenza in cui Juha va a denunciare la scomparsa di lei al commissariato.

Però il discorso su un cinema divenuto quasi tutto manierista oggi attrae. Il film di Fabio Segatori, in uscita il 22 prossimo, Terra bruciata è manierista rispetto al cinema americano e italiano, che cita e anticipa. Sia lui che Kaurismaki esibiscono le referenze in un mood "strutturale".

Per cui il film ha potenza interna e si costituisce come oggetto narrativo con una sua interna procedura di funzionamento. Niente contesto, Storia, memoria. (Ma converrà dare invece le ragioni di un cinema che ci tiene a tutte e tre le cose). Bomba narrativa. Welles. Kubrick. In questi girni, Donen, anche con il brutto Pacco a sorpresa , visto alla rassegna romana.

paolo vernaglione
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