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Jack
Anno: 1996
Regista: Francis Ford Coppola;
Autore Recensione: l.a.
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 18-03-1998


Forrestgumpismi, phenomenonismi e biggismi: Coppola sulla scia dei grandi successi, come già fece nell'86 con "Peggy Sue si è Sposata" rispetto al filone "Ritorno al futuro". E' la storia di un bambino la cui velocità di sviluppo delle cellule, e dunque di crescita, è quadrupla rispetto alla norma. Questo significa che a circa due mesi dal concepimento nasce; a dieci anni ne dimostra quaranta; a diciotto all'incirca settantadue. Un bambino intrappolato in un corpo da adulto: ma un corpo in crescita, in invecchiamento vertiginoso, per un caso "naturale" per quanto inspiegabile - e non per una "magia" che può essere interrotta, come per Tom Hanks in "Big". Se è vero, come dice a Robin Williams un amichetto, che la vita comincia a quarant'anni (e dopo è una passeggiata), per il giovane-vecchio protagonista gli "anta" sono arrivati troppo presto e la sua vita è tutta una discesa: una corsa precipitosa, a rotta di collo, senza appigli, senza possibilità di fermarsi. I genitori del ragazzo cercano di preservarlo da ogni shock, facendogli condurre i primi dieci anni di vita in casa, tra migliaia di giocattoli e con un maestro privato: niente scuola, niente contatti... Ma subentra la crisi: Jack sente l'esigenza di contatti extra-famigliari... ed intraprende, finalmente, l'avventura nel mondo: va a scuola. Dopo i primi scontri con la realtà della propria "differenza", viene accettato dagli altri bambini: Jack in breve tempo diventa, prima, per ovvi motivi, il giocatore di basket conteso; poi, controfigura del preside nei colloqui dei genitori; infine, compratore ufficiale di Penthouse e Play Boy (nessuno chiede a un quarantenne la carta d'identità); dopo queste prove iniziatiche, viene affrancato dal ruolo di "freak": il suo appellativo non è più "gigante" o "Maciste", ma "Amico". Purtroppo, come abbiamo detto, non si tratta di un'esperienza magica, fantastica, dovuta a qualche circostanza incredibile o formula: quella di Jack non è una situazione transitoria, temporanea, ma è la sua realtà. Conseguentemente la commedia si tinge di amaro: e la serie di gags, equivoci e qui pro quo, a cui il "gigantismo" fornisce spunto, dimostra in ogni piega la propria tragicità. Coppola, prima della distribuzione di "Jack", ha voluto premettere chiaramente che il nuovo film era un lavoro-pausa su commissione, un divertissement - per preservarsi da attacchi della critica o perché poco convinto del risultato ottenuto? Ma come con "Peggy Sue" si era innestato in maniera personale nel filone dei ritorni al futuro dando corpo ad un'opera che mostrava il lato più cupo, introspettivo, drammatico, del ripercorrere da parte della protagonista (adulta) la propria adolescenza con gli occhi, la consapevolezza ed il senno di poi; anche con "Jack", Coppola cerca di mostrarci l'altra faccia della medaglia del fenomeno "Big", intrecciando senza soluzione commedia e dramma alla ricerca della leggerezza e della tenerezza, per elevare lo "strano caso" di Jack a tragedia umana e a parabola sulla necessità del conservare una parte infantile nell'età adulta per non essere "dimezzati", per non essere distanti dai figli, per mantenere intatte le capacità di stupirsi, ascoltare, comprendere...: per vivere appieno. "Jack" è, in fondo, questo: una meditazione sul tempo, sulla brevità e fuggevolezza dell'esistenza, sulla velocità in cui le stagioni passano. In Usa non ha riscontrato un grande successo di pubblico ed è stato bastonato dalla critica con l'accusa di essere irrisolto e superficiale. Forse quello che infastidisce in "Jack" sta altrove, nell'interpretazione di Robin Williams: per quanto bravo, è forse eccessivamente inflazionata la sua immagine di "eterno bambino", Peter Pan peloso dagli occhi azzurri; e l'impressione che può suscitare il film è che sia stato confezionato per il suo istrionismo. In sostanza, l'attenzione viene catalizzata dal mattatore, e gli eventi che il suo personaggio vive, e le figure che lo accompagnano nella breve avventura (uno per tutti, il professore Bill Cosby), perdono nitidezza, vengono relegati come in una zona d'ombra. La sceneggiatura è buona, nonostante qualche scivolone nel patetismo e nel didascalismo (e comunque, una favola è un favola); valida soprattutto nell'analisi del rapporto tra il "diverso" e i compagni, e nel segmento in cui viene resa la progressiva accettazione da parte della "gang" di piccole pesti del nuovo gigantesco amicone attraverso il percorso iniziatico fatto di innocuo sfruttamento delle sue doti fisiche. Forse ci si poteva aspettare qualcosa di più da Coppola: ma è comunque un lavoro che va oltre il puro divertissement su commissione dichiarato dal regista - e già da solo il barocchismo dello schiudersi della simbolica crisalide (poi stupenda farfalla dalla vita brevissima) denuncia un occhio di mago dell'immagine dietro all'obiettivo.