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Ismael, un exemple de courage
Anno: 1997
Regista: Sekou Traoré;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Burkina Faso;
Data inserimento nel database: 24-03-1998


Ismael

Ismael, un exemple de courage

Regia, soggetto e sceneggiatura: Sekou Traoré
Fotografia: Charles Baba Gomina
Montaggio: Moussa Sana
Suono: Lassina Siribié
Formato: 35 mm
Durata: 26'
Provenienza: Burkina Faso
Produzione: Sahelis Productions
Distribuzione: Les Films de la Lanterne,
tel: (331) 45394739, fax: (331) 45390296

S´introduce subito il protagonista principale : il treno. È stato lui a troncare tutti gli arti del bambino, che da allora si trova ad usare soltanto un moncherino di una gamba e un pezzo di braccio fino al gomito. Ma a questo punto ancora non lo sappiamo e dunque ci addentriamo nel racconto, perché la narrazione, benché, come avviene spesso nel caso dei film africani, sia condotta sui binari del docu-drama, risulta avvincente come la fiction: è facile risalire alla struttura dell´opera.

Dapprima il treno in curva, un mostro del progresso bianco, poi con stacchi volutamente netti e visibili si percorre la realtà della città con voce off in prima persona, che penetra la storia; infine in situazione ci viene mostrato il ragazzino a scuola in un paese con il 30% della popolazione scolarizzata. Non c'è choc di fronte allo storpio : Ismael è un miracolo di forza d'animo e con la bocca non solo riesce a scrivere in piena autonomia, ma usa addirittura il compasso e attraverso le parole della maestra conosciamo la sua caparbia lotta contro il trattamento differenziale.

Intanto, come distrattamente, passano messaggi pesanti di panafricanismo sotto forma di parole rubate alle lezioni di storia : veniamo a sapere che la regione chiamata Etiopia dagli eroici camerati di Montanelli, che ne gasarono la popolazione, si chiamerebbe Nubia. Appena possono con questi sottili espedienti i registi africani lanciano urla verso il resto delle genti del continente, perché si prenda coscienza che la lotta principale deve orientarsi verso un panafricanismo in grado di affrancare tutte le popolazioni dal dominio bianco e probabilmente l'esempio di Ismael è sottoposto alla nostra attenzione per dimostrare che si può partecipare alla pari con il resto del mondo, nonostante che gli europei abbiano ridotto il continente come un handicappato. Ismael sembra il protagonista del proseguimento di Freaks sessant'anni dopo, ma è molto più autosufficiente del suo omologo inquietante, che si accendeva la sigaretta nel film di Tod Browning: infatti riesce persino a giocare al calcio, pretendendo rispetto. Il padre, giustamente orgoglioso, ripercorre le tappe che hanno condotto Ismael ad accettare la sfida; anche lui parla in macchina, come la madre (quasi che Lola Darling sia capostipite di molto cinema africano), al volto della quale solcato drammaticamente, ma senza retorica, dal pianto è demandato il compito di spiegare (e rivivere) la dinamica dell'incidente e lo strazio successivo.

È arrivato l'uomo bianco e ha sconciato l'Africa, ma non ne ha ucciso lo Spirito, di cui è parte anche il medico al quale è lasciato uno spazio in un'intervista macabra sui dettagli di alta macelleria di come era stato deturpato il corpo di questo ragazzino, metafora del continente, allo stesso modo è un aggiustamento tipicamente africano la protesi che gli consente di mangiare senza umiliazioni: gli legano al moncherino un cucchiaio, laddove un occidentale non si adatterebbe ad un fine lavoro di arti artificiali, questo bambino vive a pieno la sua vita.