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Happiness Anno: 1998 Regista: Todd Solondz; Autore Recensione: Federica Arnolfo Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 10-02-1999
Untitled Document
Happiness
Di Todd Solondz
Con Jane Adams, Lara Flynn Boyle, Cynthia Stevenson
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Trish, Helen, Joy. Le tre sorelle del New
Jersey. Scrittrice affermata la prima, moglie e madre felice la seconda,
trentenne alla ricerca del vero amore la terza. Esistenze che Solondz cerca
di presentarci come perfette o - alle peggio - perfettibili, ma da subito
i troppi insistiti e assai poco convinti "sono così felice"
suonano come una moneta falsa. Così come le villette con giardino
pulite e ben tenute.
Ecco così che la piccola Joy porta prima al suicidio un uomo e poi
si fa sedurre e svaligiare casa da un altro, l'affermata Trish è
talmente sola e bisognosa di emozioni da cercare di portarsi al letto un
ragazzo talmente timido e chiuso in sé stesso da non riuscire a far
altro che importunarla per telefono, e in quanto ad Helen... la sua bella
famigliola costruita con tanta convinzione si sgretolerà sotto le
sue mani, scoprendovi il mostro all'interno. Aggiungiamoci anche che i genitori
delle tre sorelle (così lontane da quelle di cechoviana memoria)
stanno divorziando, ed abbiamo davvero un bel quadretto familiare. I vicini
di casa delle nostre "eroine" sono ovviamente all'altezza della
situazione: un giovanotto frustrato e represso (sì, avete già
capito, è proprio lo stesso che telefona anonimamente a Trish) che
incolla figurine al muro con i risultati delle sue pratiche onanistiche,
una ragazza psicopatica sola e grassa che ha ammazzato e segato un uomo.
Ma che bel posto, che sembra essere, questo New Jersey! |
Un plot simile sembrerebbe offrire maggior materia ad una commedia grottesca,
tanto è esagerato e poco credibile. Invece Solondz si piglia molto sul
serio, e vuole stupirci a tutti i costi. Ecco così che il personaggio
più rivoltante del film, il marito di Helen, psichiatra annoiato che
per superare la crisi non trova di meglio che violentare i compagni di scuola
del figlio undicenne, viene presentato come un uomo malato, simpatico, cui dovremmo
offrire tutta la nostra comprensione (ma dove?). Ed ecco ancora Trish che lamenta
la poca ispirazione che ha per scrivere un libro-denuncia sull'abuso contro
i minori, e si chiede affranta perché non ha avuto la fortuna (?) di
essere stata violentata da piccola, così sì che avrebbe raccontato
cose credibili! Ironia della sorte, del cognato ancora nulla sa, che se no ne
avrebbe avuto di materiale buono, per il suo libro...
Viene il sospetto, tanto concreto da diventare quasi una certezza, che il regista
provi un certo morboso compiacimento nel descrivere questi personaggi, soprattutto
quello del pedofilo (il dialogo finale tra lui e il figlio è tra le cose
più disgustose che abbia mai ascoltato al cinema), e che partito forse
con l'intenzione di scavare e distruggere si sia poi trovato a divertirsi un
mondo con questo verminaio portato in superficie. Buon per lui. Ma io mi dissocio,
dal regista così come dal coro di elogi più o meno entusiasti
che ho sentito tributare a questa porcheria, sicuramente più deleteria
della peggiore pornografia di serie B visto che si fregia dell'etichetta di
"film d'autore".
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