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Guo Nian Hui Jia
Anno: 1999
Regista: Zhang Yuan;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: Cina; Italia;
Data inserimento nel database: 13-09-1999


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Visto a Venezia 99

Guo Nian Hui Jia (Diciassette anni)
Di Zhang Yuan
Con Liu Lin, Li Bingbing, Li Yeding, Liang Song, Li Yun

Ancora la famiglia al centro di un film a Venezia. Una famiglia cinese eterogenea: madre e padre sono al secondo matrimonio, e hanno entrambi una figlia. L'ostilità tra le due sorelle è palpabile, basta un'inezia perché sfoci in tragedia, e purtroppo è proprio quello che accade.
Tao Lin ha solo sedici anni quando entra in carcere per l'omicidio della sorellastra, e ne ha trentatrè quando esce per un breve permesso per buona condotta. Sono passati diciassette anni da allora, ma Tao Lin non è molto diversa: è frragile ed indifesa, della società che c'è là fuori nulla più sa, la casa dei genitori non è più dove dovrebbe essere (è stata distrutta e ai suoi è stato assegnato un alloggo in un altro punto della città), e lei preferirebbe tornare in carcere, bozzolo ormai familiare, piuttosto che affrontare la sua famiglia. Una giovane guardia carceraria la accompagna in questa difficile esperienza, e con delicatezza sa tirarsi indietro al momento giusto.

La difficoltà enorme di Tao Lin di ri-entrare in un nucleo verso il quale sente fortissimi sensi di colpa è resa evidente dalla recitazione sobria e composta della bravissima protagonista, dal suo reiterare una serie di piccoli gesti convenzionali che le danno sicurezza (si rivolge ai suoi solo parlando tramite la guardia carceraria, che non sa fare a meno di chiamare "brigadiere" nonostante le sia stato espressamente chiesto di non farlo: ripetere i gesti del carcere le da sicurezza), e dalla macchina da presa del regista, che con intelligenza e delicatezza sa staccare sui volti quando veramente necessario, o su una mano che si contorce nervosa mentre il viso resta impassibile.

"Guo Nian Hui Jia" è un bellissimo piccolo film che è stato possibile inserire tra la lista dei film in concorso solo grazie al fortissimo interessamento di Barbera e ad uno stratagemma, come si può leggere nel resoconto della conferenza stampa sotto riportato. Un possibile Leone d'oro, un sicuro inserimento nell'elenco dei vari premi assegnati qui al Lido.

 

Conferenza stampa del film, presenti il regista Zhang Yuan, Liu Lin (attrice), Li Yun (attrice), Ning Dai (sceneggiatore), Jacopo Quadri (montaggio), Marco Muller (produttore associato), Jimmy Tan (produttore associato):

(domanda rivolta al regista): questo è il primo film girato in una prigione cinese. Che difficoltà ha dovuto affrontare per girare in un carcere?

Ho girato il film con vere detenute come comparse perché le scene fossero il più realistiche possibile. Abbiamo visitato decine di carceri per trovare quella adatta, dove poi abbiam fatto le riprese. C'è voluto molto tempo per ottenere tutti i permessi necessari, e non ci sono bastati quelli delle autorità carcerarie, ci siamo dovuti anche rivolgere al Ministero della Giustizia.

Come è il panorama cinematografico cinese e che problemi si incontrano girando un film in Cina?

In Cina, come nel resto del mondo, ci sono molti produttori indipendenti e - di conseguenza - molti registi indipendenti. Ma i loro problemi sono molto diversi da quelli dei registi occidentali, perché in Cina è più difficile ottenere i capitali, e poi c'é da superare lo scoglio della censura.

Perché il suo film non ha ottenuto il visto?

In verità sì, lo ha avuto, gli mancava però l'autorizzazione finale per partecipare alla Mostra del cinema di Venezia. Il fatto è che le autorità cinematografiche cinesi volevano un solo film cinese in concorso a Venezia, e avevano già deciso per quello di Ymou. Così, avendo a disposizione la possibilità di mandare a Venezia il mio film e "Non uno di meno", hanno scelto per uno di meno.

(domanda rivolta al produttore Muller): e il problema allora come è stato aggirato?

Con una coproduzione con "Fabrica" (marchio registrato da Oliviero Toscani): così il film passa per italiano, invece che cinese.

(ancora al regista): la scenggiatura è stata cambiata durante la lavorazione del film o è stata integralmente rispettata?

Il film è tratto da una storia vera, ma poi molti dialoghi sono stati rivisti mentre ci stavamo lavorando. Quello che mi interessava era mostrare come molti giovani usciti dopo anni di progione hanno poi notevoli difficoltà a reinserirsi in famiglia, specialmente se sono entrati quando erano ancora minorenni, perché la loro età reale non coincide più con quella anagrafica: quando escono hanno la stessa testa che avevano quando sono entrati.

Il personaggio della guardia carceraria rappresenta il pubblico, lo Stato?

Sì. Ma mi serviva anche per mostrare come funziona il sistema di rieducazione delle carceri cinesi: la ragazza è anche una specie di guida spirituale indispensabile a Tao Lin. Le responsabilità dei genitori sicuramente non sono poche, quando una ragazza entra in carcere così giovane la sua situazione familiare di sicuro non poteva essere esemplare. Poi, il fatto che lei decida di accusarsi, alla fine, di quel banalissimo furto che non aveva commesso è esemplare: spera infatti così di "rubare" un po' di quei sentimenti che non aveva avuto prima.

(domanda rivolta all'attrice Liu Lin): l'interno di una prigione è così come te lo aspettavi?

No. Era come stare in mezzo a persone normali, mentre io mi figuravo un posto terribile, atroce.