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Gli anni dei ricordi - How to make an american quilt Anno: 1995 Regista: Jocelyn Moorhouse; Autore Recensione: Adelina Arcidiaco-Mara Mincole Provenienza: USA; Data inserimento nel database: 18-05-1998
GLI ANNI DEI RICORDI
Dopo L'albero di Antonia dell'olandese M. Gorris, un altro
film tutto al femminile: Gli anni dei ricordi. Donna non solo
la regista (Jocelyn Moorhouse), ma anche la sceneggiatrice, la
produttrice, l'autrice del romanzo da cui il film è tratto
(Whitney Otto). E si vede. Ambientato nella campagna californiana, il
film racconta l'estate trascorsa da Finn (Winona Ryder), giovane
prossima alla laurea e al matrimonio, presso la nonna che, insieme ad
altre amiche, è intenta a tessere un quilt da regalare alla
nipote per le nozze. Il quilt è una trapunta cucita da
più mani su un unico tema (quello in questione è "dove
risiede l'amore") secondo una tradizione dei neri d'America. Il
"mettere insieme" pezzi che, pur mantenendo la loro
individualità, appartengono ad un tutt'uno armonico, è
il leit-motiv del film. Lo dice sin dall'inizio Finn, protagonista e
voce narrante, nell'esprimere le sue perplessità circa il
matrimonio: come fondersi con un'altra persona rimanendo se stessi?
La soluzione arriverà alla fine del film, storia di un
percorso di formazione: come la trapunta, piano piano anche Finn si
forma, si costruisce, si completa. Novella Penelope, la ragazza non
riesce a portare a termine le sue decisioni: né per quanto
riguarda il rapporto con il fidanzato Sam (si prende un'estate di
libertà, è titubante e si innervosisce davanti ai
progetti di lui sulla loro vita insieme) né soprattutto per
quanto riguarda la sua tesi, che interrompe e ricomincia, fa e disfa
in continuazione. Il fare e disfare ritorna anche in altri momenti,
ad esempio nella storia della prozia di Finn, Glady (una sempre
bellissima A. Bancroft), che davanti al tradimento del marito
distrugge con rabbia oggetti di vetro per poi ricomporne i cocci in
una sorta di puzzle, simbolo del rancore che non riesce a sedare. Il
tema del ricucire è anche la chiave dei rapporti amorosi:
così nella poesia dell'anima gemella (l'ame-souer, ancora un
femminile) di Marianne:<<Gli amanti giovani cercano la
perfezione/ I vecchi amanti imparano l'arte di ricucire i pezzi e di
vedere la bellezza in una molteplicità di frammenti>>. A
frammenti è anche la struttura del film, il cui filo temporale
è continuamente interrotto da flash-back che si inseriscono
nella narrazione attraverso ardite traduzioni intersemiotiche delle
parole delle donne che raccontano a Finn le loro storie d'amore nelle
immagini del passato. Come ad Antonioni, anche alla regista sembra
non interessare tanto il quando e il dove delle storie, quanto il
personaggio che le vive: e infatti la camera è sempre addosso
alle protagoniste, gira intorno ad esse, le avvolge in un universo
nel quale l'uomo occupa solo un posto marginale. Tuttavia nel finale
l'uomo appare indispensabile per completare la dimensione
sentimentale femminile. Peccato: alla fine il film diventa banale,
ripetendo fino al didascalismo il concetto della ricomposizione, come
appare evidente nelle parole over finali di Finn. Un vero pleonasmo
è poi la sequenza del vento (che ricorda tragicamente l'inizio
di Và dove ti porta il cuore della Comencini). Vero e proprio
deus ex machina, il vento infatti scompiglia i fogli della tesi di
Finn, dando a lei e alle altre protagoniste la possibilità di
leggere l'ordito della loro vita. Nonostante questo finale un po'
scontato, però, il film dipinge delle personalità
femminili credibili ed intense (grazie anche alla bravura delle
interpreti), evitando di essere femminista o autocompiaciuto, ma anzi
mettendo in luce tanto la forza quanto la debolezza dell'animo
femminile.
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